Lucilla Vivanti
Cultura della formazione

L’università dell’arte

Si chiude il secondo ciclo di studio di Officina Pasolini, la scuola di canzone, teatro e multimediale della Regione Lazio che in tre anni ha creato un nuovo modello formativo che mescola creatività e mercato

Si chiude questa sera, con un concerto degli allievi della Sezione Musica negli spazi dell’ex Civis a Roma, il secondo ciclo di Officina Pasolini, la scuola di teatro, canzone e multimediale realizzata dalla Regione Lazio con fondi dell’Unione Europea. Una scommessa vinta. Infatti, chi avrebbe creduto possibile dare corso a una nuova iniziativa didattica del genere proprio nella città in cui esistono (e prosperano) già due eccellenze formative quali l’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico” e la scuola del Centro Sperimentale di Cinematografia? E invece Officina Pasolini con un ciclo annuale (2014/2015) e uno biennale (2015/2017) si è ormai imposta come una della factory più feconde del mondo dello spettacolo non solo della città.

Il modello didattico si è rivelato, innanzi tutto, vincente: teoria e pratica costantemente mescolate tra loro; e attenzione spasmodica alla formazione di classi coese. L’intenzione manifesta è stata quella di fare degli allievi di Officina Pasolini non solo dei futuri protagonisti dello spettacolo, ma anche i soggetti di un modo nuovo – solidale, si potrebbe dire – di stare in scena, di cantare o di filmare. Starà proprio ai ragazzi che ieri sera hanno concluso il loro iter formativo confermare questo modello alternativo – costituendosi in compagnie e gruppi – andando a scardinare non solo la dittatura del già visto e sentito nel teatro e nella canzone, ma anche un certo modo di produrre arte e spettacolo nel nostro Paese. Officina Pasolini, infatti, non ha accarezzato quel certo snobismo che in genere contraddistingue quanti appartengono a scuole o accademie più blasonate ma ha messo subito i propri allievi a confronto con il mercato; con il pubblico vero e proprio.

Questo “miracolo formativo” è stato reso possibile dal recupero da parte della Regione Lazio (tramite il suo braccio operativo Laziodisu) della struttura dell’ex Civis, alla Farnesina di Roma, proprio accanto al Ministero degli Esteri, che da un anno a questa parte è diventata la “casa” di Officina Pasolini. Sale di registrazione perfettamente attrezzate, due sale prove, una sala per la danza, ulteriori aule e spazi comuni e di studio, nonché un vero e proprio teatro (l’ex Sala Civis, oggi intitolata a Eduardo De Filippo, luogo mitico che negli anni Ottanta ospitò molto teatro di ricerca internazionale, Eugenio Barba in testa): si tratta di un campus che non ha nulla da invidiare alle migliori strutture europee per la formazione. Una realtà unica non solo a Roma ma in tutt’Italia.

I direttori delle tre sezioni di Officina Pasolini (Tosca per la Canzone, Simona Banchi per il Multimediale, Massimo Venturiello per il Teatro) hanno colto la straordinaria occasione offerta loro dalla Regione Lazio proprio puntando in alto, ossia puntando a modelli formativi anglosassoni che prevedono la frequenza obbligatoria cinque giorni su sei per otto ore al giorno. Una full immersion, per i ragazzi, che ha significato entrare di prepotenza nel mood della creatività: come dire?, un modo per mettere sullo stesso piano passione e formazione, coscienza critica ed esperienza creativa. Nella consapevolezza che l’arte ha una sua dimensione didattica e di mercato che la distingue da tutti gli altri ambiti professionali e che questa “differenza” va esaltata proprio in fase di apprendimento. Perché imparare a capire o realizzare un’idea musicale, scenica o multimediale è un percorso raffinato e difficile allo stesso tempo. Ecco, se in Italia esistesse un modello universitario per il teatro, la canzone e il multimediale”, probabilmente questo sarebbe quello proposto da Officina Pasolini. Sta ora alla Regione Lazio che l’ha fortemente voluta e fin quei sostenuta, dare un futuro certo e definitivo a questa nuova e già prestigiosa istituzione.

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