Itinerari per un giorno di festa
Il Liberty a Castel Sant’Angelo
Nella nuova filosofia del “tutto aperto” della gestione Gabrielli, la Mole Adriana offre ai numerosi visitatori (un milione e 250 mila nel 2016), spazi finora inaccessibili, come le sale decorate nel 1926 da Duilio Cambellotti. Ma anche le più aggiornate tecnologie che fanno da Cicerone…
«Animula vagula blandula/Hospes comesque corporis, / Quae nunc abibis in loca / Pallidula rigida nudula, / Nec, ut soles, dabis iocos…». (Animuccia vagabonda, leggiadra, ospite e compagna del corpo, in quali luoghi andrai ora, tu pallida, fredda e nuda? E non darai più gioia, come sei solita…). Così Adriano imperatore poetava sentendo avvicinarsi l’ultimo giorno e il commiato dalla bellezza del mondo. Una targa porta scolpiti questi versi nel cuore della sepoltura che il regnante del secondo secolo dopo Cristo volle sulle rive del Tevere. I turisti la leggono nella penombra del Mausoleo, appoggiandosi a una ringhiera e dopo aver risalito la rampa elicoidale disegnata proprio per il corteo funebre di Adriano e della sua famiglia.
Siamo nel centro dell’Adrianeo, monumento dalle decine di trasformazioni e usi. Antico romano, medievale, rinascimentale, liberty. O ancora: mausoleo, fortezza, carcere, residenza dei papi, museo. Tutte le declinazioni di quello che per i romani dall’età di Onorio – il 403 dopo Cristo – si chiama Castel Sant’Angelo, o più familiarmente Castello. È il quinto monumento più visitato d’Italia, un milione e 250 mila ingressi nel 2016, 250 mila in più dell’anno prima. Ma sono soprattutto stranieri, perché pochi cittadini della Capitale entrano nel colosso che è tanta parte della propria storia. Anche per loro invece è stato rinnovato e ampliato il percorso di visita, che adesso rende leggibile il Castello nelle modifiche subite nei secoli. «È la filosofia del tutto aperto – dice Edith Gabrielli, dal 2015 alla guida del Polo Museale del Lazio. Rendere praticabili il maggior numero di spazi significa anche controllarli meglio, accorgersi di una crepa, di un’infiltrazione d’acqua. E intervenire presto».
La novità adesso accessibile al pubblico per la prima volta sono tre sale che l’artista liberty Duilio Cambellotti decorò con rilievi in stucco e affreschi. «Avvenne nel 1926 – spiega Gabrielli – allorché in questi spazi, nel ‘700 usati come archivio, lo Stato decise di sistemare in forma museale cimeli militari: per esempio, le bandiere della Grande Guerra. Cambellotti si trova di fronte a un tema marziale, estraneo a lui, estroso floreale. Ma esce facilmente dall’impaccio». Ecco la prima sala, nella quale un soffitto giocato sui verdi acqua e sul grigio disegna tronchi di alberi, liquide betulle, mentre gli stucchi candidi citano anche il fortilizio Castel S. Angelo, con cannoni schierati e palle di pietra, come quelle sistemate a piramide nei cortili. Ecco le due sale più piccole con un tripudio di vessilli – il tricolore ma anche stendardi medievali, sabaudi e papali – mentre mani in stucco impugnano le più disparate armi o, in un exploit di gioia decorativa, si affacciano teste di nervosi cavalli.
Ma tutto il Castello è praticabile e raccontato. L’atout, oltre al sistema wi-fi esteso all’intero perimetro, è una app scaricabile su ogni dispositivo. In sette lingue è una guida gratuita e personalizzabile che accompagna il visitatore nel percorso: dalla cella sepolcrale di Adriano (segnata appunto dalla targa con quel «Animula vagula blandula» che titola anche il primo capitolo di Memorie di Adriano della Yourcenar) alle mura in origine rivestite di marmo lunense e di travertino asportati nel medioevo. Le sale degli appartamenti papali rifulgono di affreschi: quella delle udienze di Paolo III Farnese, il pontefice della Controriforma, colui che indisse il Concilio di Trento, rilancia nelle pitture murali il manifesto politico della centralità di Roma e del Papato: il pennello ha raccontato le gesta di Alessandro Magno (il nome secolare del pontefice) e del martire Paolo sulle pareti lunghe e ha raffigurato Adriano e l’Angelo in quelle corte.
Si continua nella prigione di Cagliostro, si percorre il giro degli ambulacri merlati, si osservano i massi che formano la base del Mausoleo – una volta quadrata, poi smussata a creare un cilindro – e, a salire, le superfetazioni medievali e rinascimentali, come la loggia che guarda a 360 gradi Roma e che ha sostituito il manto erboso originale, quel tumulo alberato al centro del quale troneggiava in principio la quadriga guidata dall’imperatore innamorato di Antinoo. Fino alla terrazza, con vista su tutte le cupole e i colli capitolini: letteraria, romantica, anzi melodrammatica, per quell’epilogo della Tosca nella quale l’eroina pucciniana si getta nel Tevere proprio dalla cima del Castello dopo l’ingannevole fucilazione di Cavaradossi. Anche uscire dall’Adrianeo regala una novità: l’apertura per la spianata circondata da pini avviene adesso attraverso il portale disegnato dal senese Giovanni Sallustio Peruzzi, figlio del celebre Baldassarre.
L’app permette di seguire il tour ma anche di saltare tappe, magari da rivedere a casa. E offre in automatico anche altri contenuti vocali e multimediali grazie agli eBeacon installati nel percorso: intercettano i dispositivi del visitatore e schiudono approfondimenti. Così per esempio, appunto sulla terrazza sotto la mole dell’Angelo di bronzo (sostituì nel ‘700 quello quattrocentesco esploso per un incendio alle polveri da sparo ammassate sulla spianata) ecco che sullo smartphone compare il filmato della tragica fine di Tosca. O gli spezzoni di film girati qui, come Senso di Luchino Visconti.
Aggiungendo 5 euro al prezzo del biglietto, una guida accompagna poi agli ambienti “segreti”: il Passetto di Borgo, per la rapida e protetta fuga dei pontefici dal Vaticano (voluto da Niccolò III, lega come un cordone ombelicale lungo ottocento metri il Castello al Vaticano) e le prigioni storiche (vi languirono anche Beatrice Cenci e Benvenuto Cellini), i sotterranei depositi alimentari, con decine di olearie, il cortile di Leone X, la “stufetta” di Clemente VII, sala da bagno piccola ma interamente affrescata dai maestri della bottega di Raffaello. Nelle sere d’estate, poi, la mole di Adriano si anima di musica, teatro, danza (www.art-city.it). Tenera è la notte romana. Dentro al Castello almeno, separati dal troppo che imbruttisce questa nostra capitale.