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Allegria & Misteri
I gialli di Camilleri, il dolore di Sergio Del Molino e la "filosofia letteraria" di Mario Benedetti: quando la scrittura entra, con leggerezza, nel segreto della vita
La matassa. Non è la prima volta che il commissario Montalbano nelle prime luci dell’alba sia invischiato in un sogno strano. Stavolta siamo all’assurdo pirandelliano (o meglio: shakespeariano): sogna un sogno di Livia, la sua fidanzata genovese. In quei giorni trova Vigata stravolta da set televisivi svedesi. Una “camurrìa” che sconvolge le sue abitudini. La colpa è del suo amico giornalista che si è appellato alla cittadinanza per avere filmini superotto, in onore della memoria paesana. Gli svedesi, gemellati ai vigatesi, si buttano a capofitto, trasformando il borgo in un palcoscenico anni Cinquanta. È il primo romanzo che Andrea Camilleri, ormai cieco, ha dettato nel 2015 alla sua fedele e brava Valentina (La rete di protezione, Sellerio, 288 pagg., 14 euro).
Tanti i temi che s’intrecciano, tra cui, manco a dirlo, una scappatella amorosa del vice Augello con una “svidisa tutta biunna”. Ma ciò che fa arrovellare Montalbano è una sequenza di foto ove vi è ritratto lo stesso muro. Scoprirà poi che davanti alla parete grigiastra si è sparato alla testa uno dei fratelli gemelli, con la mente ritardata. La vicenda diventa un assillo quasi filosofico. Parallelamente, Montalbano torna in fretta e furia da Genova allertato dalla televisione che trasmette le immagini di un’irruzione in un’aula di scuola. Tre individui mascherati (Anonymus?) minacciano e sparano in aria. Sarà Augello a metterli in fuga. Rimane a mezz’aria il perché. Non lo sveliamo, limitandoci ad accennare al bullismo, al contorto silenzio e al non dialogo degli adolescenti. Mia domanda: perché i libri di Camilleri, in vetta alle classifiche, non sono mai recensiti dai giornali?
Impotenza. Molti scrittori si sono cimentati a raccontare la malattia: è autobiografismo dolentissimo, che scava in una dinamica intima e la fa esplodere. Il percorso del madrileno Sergio Del Molino (Nell’ora violetta, Sellerio, 225 pagg., 16 euro) ribalta tutte le quotidianità ambiziosamente banali dinanzi al morente (per leucemia mieloide) Pablo, di sei mesi. Sia Sergio sia la moglie Cristina si fanno “infermieri supplenti” all’interno di un ospedale che funziona bene, assumono il lessico dei farmaci. Al contempo affrontano la domanda scomodissima sull’essere genitori. La prosa di Sergio ha impennate straordinarie, in un movimento che assomiglia a quello dell’ottovolante, staccandosi solo momentaneamente dal suolo dell’aspettativa frustrante.
Misteri. Il grande scrittore uruguaiano Mario Benedetti (1920-2009) raccoglie pagine di appunti, costellati di osservazioni profonde, di delusioni, di speranze. Lo fa ne Il diritto all’allegria, (Nottetempo, pagg. 185, 14 euro). Non manca l’interrogazione sull’assurdità dell’esistenza: «Non so chi si sia dato da fare per crearci così indifesi, così superbi, così sconcertanti, così curiosi. Però però e senza però siamo un mistero sempre sull’orlo dell’abisso… siamo un’assurdità perché nonostante tutto scandagliamo la fede, cerchiamo il cielo quando scompare dietro la pioggia e apriamo le braccia quando siamo circondati dalle catastrofi». Benedetti tuttavia rivendica il diritto all’allegria, cosa sfuggente pari al fumo o alla nebbia, che ostinatamente s’infila in una fessura dell’anima. Ma aggiunge: «Settimana dopo settimana, anno dopo anno, l’allegria riempie i vuoti. Fino a quando non ce la fa più e diventa tristezza». Superbe pagine di appunti, che somigliano a poesie sublimi.