Every beat of my heart, la poesia
Maria al Sepolcro
Roberto Mussapi ha dedicato alla Madre di Cristo un monologo in versi in sette parti ispirate a momenti della sua esistenza. Uno di questi, cruciale, è quello della Resurrezione del Figlio, quando lei, «docile» ancora una volta, assiste alla «gloriosa epifania del risorto». Eccolo…
Parla l’angelo, quello che ha smosso la pietra. Parla a Maria e alle altre donne, davanti al sepolcro. La Resurrezione è avvenuta. L’angelo trema di fronte a Maria, la sua natura eterna, essendo infinitamente amante, non può non commuoversi di fronte alla donna.
È accaduto il miracolo anticipato da Cristo, ma il messaggero celeste non è imperturbabile. La Madonna fa piangere anche nature superiori a quella umana. Per questo suo figlio la sottrarrà alla morte fisica – la stessa che egli accetta e sceglie nella forma più dolorosa – per farla ascendere, intatta, tra i Celesti.
Frammenti dall’esistenza di Maria è un monologo in versi strutturato in sette parti, sette poesie autonome ispirate a momenti dell’esistenza di Maria di Nazareth, attinti alle poche citazioni degli evangelisti, maschilisti come tutti i maschi di quel tempo e non solo, alla tradizione, o alla mia pura invenzione d’autore.
La voce narrante, o recitante, impersona un angelo, che racconta vari momenti della vita della madre di Cristo.
Narra episodi di cui fu attore e altri in cui è stato testimone; evoca, immediatamente, L’Annunciazione e il ciclo mariano di Rainer Maria Rilke, mio amato maestro.
Ma scrivendo questo libro (che avrà, anzi sta avendo una continuazione, altre storie, altri accadimenti), in me agivano anche gli angeli di Wim Wenders e la realtà paraangelica di Miracolo a Milano di Vittorio De Sica.
Condivido quanto ha scritto un critico amico, che in questi versi si ribadisce la mia concezione della poesia, «una realtà in cui perde certezza la divisione tra sacro e profano».
Il sepolcro
Io smossi la pietra, ero bianco,
e il mio stesso bagliore abbagliava me stesso
perso in quella luce nel non vederla,
lei, l’altra Maria, non Maria Maddalena,
la Maria senza altro nome, senza niente,
lei che mi avevano detto vista piangere
ai piedi della croce, lì, in un angolo,
raccogliendo le lacrime di madre nel calamo
che come allora stava sorgendo.
Lei, timida, che non aveva osato piangere
nella carneficina e nel tumulto
di chi gridava e flagellava, nel sangue sgorgante,
mite, confusa ai pochi che piangevano,
in un angolo, lontana da loro, condannata
a essere già certa e consapevole
mentre il suo cuore sgorgava lacrime
senza sgomento, senza ripulsa,
in muta accettazione del suo stesso pianto.
Lei già prima e già oltre,
felice come le era stato concesso dall’annuncio,
docile come le era stato scritto dagli astri,
ma sanguinante, dentro, dolcemente, come un agnello.
La mia luce apparve di un bianco insostenibile
solo agli astanti, alle povere donne,
fui io a gonfiarla di orgoglio angelico,
e di gloriosa epifania del risorto:
lui, l’invisibile, colui che era presente in quell’assenza,
il buco vuoto nella pietra per sempre.
Ma in me io ebbi pena nel non scorgerla,
che lei non fosse la prima a vedermi e ascoltare
le mie parole sonanti e incancellabili.
Sapevo che già sapeva, dall’origine,
che era oltre, là, nel suo silenzio,
ma ebbi pena che non fosse a ascoltarmi
e avvolta nel mio bagliore fosse presa
in quella visione che ebbero le altre donne.
Non c’era, lei, come non c’era stata
se non nell’attimo in cui lui crollava
agonizzante in un fiotto di sangue.
Ubiqua, la nostra la natura, non compresente:
non ero dove lei era e dove un altro,
un angelo più umile di me, più debole
stava asciugando le sue lacrime e chino
vedeva il suo sorriso compresente.
Avrei voluto essere al suo posto,
lasciare il mio splendore abbagliante
e il grido e la pietra divelta per sempre
per essere accanto a lei, capire il mistero
di quel sorriso e quel pianto che ancora
nutrivano me e tutti gli altri angeli
d’orgoglio per avere dato soccorso
all’uomo fatto fango e nato polvere
bruciante nell’ossessione di risorgere,
mentre lei, non so in quale angolo,
accanto a una madia, in una zona d’ombra
adagio, in silenzio, riviveva
le doglie in cui lo aveva fatto rinascere.
Roberto Mussapi
(Da Frammenti dall’esistenza di Maria, Raffaelli Editore, 2012, ora in La piuma del Simorgh, Mondadori, Lo Specchio, 2016)