Quale politica per il teatro?
Il caso Eliseo
Il governo "promette" due milioni a Luca Barbareschi per il suo Eliseo: un premio all'aggressività dell'impresario o una scelta strategica in favore del modello privato?
Sembra che il governo (con la manovra di assestamento economico finanziario in dirittura d’arrivo) voglia donare al Teatro Eliseo due milioni di euro perché (questa – pare – la ragione formale) la sala di Luca Barbareschi possa celebrare degnamente il suo centenario. Benissimo! Quando lo Stato investe in arte e cultura c’è sempre da essere felici. Ma due considerazioni si impongono.
La prima riguarda il metodo. Facciamo un passo indietro: qualche mese fa, il governo aveva “promesso” a Barbareschi (nell’ambito del cosiddetto milleproroghe annesso alla legge di bilancio) quattro milioni di euro per la stessa finalità giacché, in precedenza, Barbareschi aveva minacciato di chiudere l’Eliseo in assenza di un sostegno speciale alla sua privatissima impresa. Il guaio è che la “promessa” dei quattro milioni aveva scatenato comprensibili polemiche nel mondo del teatro, al punto che il governo aveva preferito soprassedere. Al che, Barbareschi aveva inveito contro tutto e tutti, insolentendo personalmente coloro i quali egli riteneva responsabili del dietro front: il ministro Franceschini mi aveva garantito questi soldi, e ora che fa?, aveva detto in sostanza. Parole e toni straordinariamente forti e aggressivi, ben oltre il limite della villania istituzionale. E ora, ecco palesarsi due milioni di euro: quasi una riparazione, stavolta concessa dal dicastero economico, non dal ministero per i Beni Culturali. Morale: per ottenere qualcosa, in questo paese, bisogna minacciare, insolentire ed essere aggressivi. Non mi pare un buon esempio, in un’Italia che balla sul precipizio cantando vaffa a tutto e tutti.
La seconda considerazione riguarda la sostanza. Perché due milioni a sostegno di un’impresa privata? A che titolo? Barbareschi è bravissimo, per carità, ma è un impresario privato e ha vincoli di bilancio completamente diversi da un teatro pubblico. E, poi, perché due milioni all’Eliseo, per esempio, e non al Vascello (che svolge ben altrimenti una sostanziale, incontestabile attività da “teatro pubblico per l’innovazione”, come si diceva una volta)? E perché non a uno qualunque dei cento teatri privati di Roma che vivono fra mille difficoltà e spesso offrono proposte artistiche straordinariamente più stimolanti della media? Senza contare il fatto che il Teatro di Roma (il teatro nazionale della Capitale) dallo Stato centrale prende ben meno dei due milioni che ora vengono regalati a Barbareschi.
Ecco, il caso Eliseo è – di fatto – il “caso Roma”: una città da anni senza uno straccio di progetto culturale nella quale ottiene prebende solo chi più alza la voce (non è solo il caso dell’Eliseo, come è noto: anche Romaeuropa ha avuto un trattamento speciale, recentemente, da parte dello Stato). Per dire: il Teatro di Roma (del quale, come è noto, da oltre tre anni sono consigliere di amministrazione) è stato inserito in una categoria di valutazione, in seguito al nuovo regolamento dello spettacolo dal vivo, che comprende anche il Teatro del Veneto e Emilia Romagna Teatro: ebbene, vi sembra che siano realtà socio-teatrali comparabili? Veneto e Ert non hanno competitor sul proprio territorio, mentre il Teatro di Roma deve confrontarsi con decine di altri grandi teatri. Compresi quelli che urlando ottengono trattamenti “personalizzati”, appunto.
Speriamo che il governo possa porre rimedio, in fretta, a queste storture intervenendo in modo organico sulla complessa realtà teatrale di Roma. O che, almeno, fornisca qualche buona spiegazione alle proprie scelte: se l’impresariato privato e aggressivo in stile Barbareschi è il modello preferito, occorre che i teatranti lo sappiano.