Visto al Parioli di Roma
Profumo di teatro
Massimo Venturiello riporta in scena "Profumo di donna" tratto dal bellissimo romanzo di Giovanni Arpino (passando per i film di Gassman e Al Pacino): una grande palestra di emozioni per una compagnia perfetta
Il buio e il miele di Giovanni Arpino (1969) è un bellissimo romanzo attraversato da un male di vivere travestito ora da disagio ora da graffiante ironia. È tanto un bel romanzo che dalle sue pagine sono stati tratti ben due film di grande successo: Profumo di donna, di Dino Risi con Vittorio Gassman nel 1974 e il remake Scent of woman con Al Pacino (nel 1992). Se avete letto il libro o visto uno dei due film, sapete che racconta la rabbia cattiva di Fausto, un ufficiale rimasto cieco e senza una mano in seguito a un’esercitazione; e la sua straordinaria capacità di riconoscere il mondo dall’odore e, conseguentemente, le donne dal profumo. Tutti i sensi di Fausto sono allarmati dal momento in cui uno di essi gli è stato sottratto dall’incidente. Noi lo conosciamo nel momento in cui intraprende un viaggio per Napoli (da Torino dove vive) per andare a trovare un amico, come lui rimasto cieco nel medesimo incidente. Ad accompagnarlo c’è un giovane studente, disarmato e inconsapevole della complessità della vita: un giovane che non ha nemmeno un nome, giacché Fausto ha deciso di chiamare tutti i suoi “assistenti” con l’appellativo generico di Ciccio. Questo ragazzo senza identità (l’io narrante del romanzo) via via finisce per smascherare quella vera di Fausto, nella quale la rabbia si mescola alla paura. Come sa bene anche Sara, una ragazza napoletana innamorata di Fausto e che, alla fine, saprà come catturare la sua preda.
Ebbene, accanto ai due film, ora c’è da annoverare anche un bello spettacolo teatrale che Massimo Venturiello si è cucito addosso lavorando sul copione che Pino Tierno ha tratto da Il buio e il miele di Arpino. Profumo di donna, ora in scena al Teatro Parioli di Roma, è uno spettacolo incalzante, assai ben scritto (non pesa eccessivamente un montaggio per scene quasi cinematografico) che la mano di Venturiello regista conduce come un “giallo” (chi ha visto i film o letto il romanzo sa che la storia si chiude con due colpi di scena) appoggiandosi sia sulle scene modulari di Alessandro Chiti, sia sulle musiche di Germano Mazzocchetti che perfettamente sottolineano le atmosfere, sia sugli evocativi costumi di Sabrina Chiocchio.
Ma è sugli attori che si concentra l’attenzione del regista. Intanto, su se stesso: giacché Venturiello sembra aver scolpito sulla sua fisionomia solida di uomo e di interprete la rabbia sorda e il sarcasmo colto di Fausto. Gli sbalzi d’umore, le risate, gli insulti terribili detti come se niente fosse: queste le armi dell’ufficiale interpretato da Venturiello. Accanto a lui – oltre ai fidi e bravi Camillo Grassi (strepitosa la sua macchietta del cameriere romagnolo…), Irma Ciaramella e Franco Silvestri – tre ragazzi che arrivano diritta da Officine Pasolini, la scuola per attori che Venturiello stesso dirige da tre anni. Ebbene, la bravura e la maturità di questi giovani interpreti (Andrea Monno è Ciccio, Sara Scotto di Luzio è Sara, Claudia Portale è la puttana bolognese che per prima scopre l’umanità timida di Fausto) premia loro stessi quanto il loro maestro che ha visto ben ripagato il coraggio di affidare loro, subito, ruoli così impegnativi.
Una notazione finale la merita la qualità complessiva di questo spettacolo, frutto di un lavoro capocomicale come quello di Venturiello che, da anni, con intelligenza moderna rilegge una grande tradizione teatrale basata sull’interpretazione e, in ultima analisi, sulla purezza del teatro medesimo. Come a dichiarare programmaticamente al pubblico che andare in scena è un’arte antica e moderna al tempo stesso; un’arte che non ha bisogno d’altro che di idee e buoni attori per reggere il confronto con altri generi di spettacolo oggi più vezzeggiati dal mercato e spesso meglio finanziati dalle istituzioni.