Tra filosofia e storia
La religione di Edith
La donna, l'ebraismo, il cattolicesimo e il nazismo: analisi della personalità (e del pensiero) di Edith Stein, intellettuale che ha vissuto la propria fede come un "esempio di vita"
Che Edith Stein possa, ed anzi debba, essere considerata estremamente prossima all’Ebraismo religioso, è cosa che ad un uomo di cultura media può ben apparire perfino lapalissiano. E del tutto a ragione. La pensatrice, infatti, nacque e si formò entro una cultura ebraica, ed inoltre sviluppò la sua visione filosofica sempre più in senso metafisico-religioso. Di certo, come ebrea, ella fu sostanzialmente un’agnostica – come del resto allora moltissimi intellettuali della sua stessa cultura. Ed inoltre perfino si convertì al Cattolicesimo, e per di più si diede alla vita monastica.
Tuttavia come può essere ignorato che dopo, se ella non rinnegò tutto questo, comunque fece in modo che non potesse intralciare la sua scelta assolutamente eroica, ossia quella di condividere fino in fondo il destino del suo popolo? Naturalmente l’anti-semitismo nazista non aveva atteso che ella prendesse queste decisioni per far sentire anche su di lei il suo peso schiacciante. Molto presto infatti ella fu allontanata da qualunque forma di insegnamento. Eppure, sia il suo stato di religiosa cattolica sia anche l’opportunità che ebbe di lasciare la Germania, avrebbero potuto ben proteggerla dagli ulteriori tragici sviluppi della condizione nella quale si era venuta a trovare come ogni ebreo tedesco. Ebbene, ella non volle. Anzi i passi che fece poi (specie la fuga ad Echt, in Olanda, per soccorrere la sorella anche lei fattasi suora) la spinsero molto direttamente verso Auschwitz. Ma lei era stata ben consapevole di quella che fu una vera scelta volontaria, come dimostra ciò che scrisse nella sua biografia in riferimento alle esperienze fatte a Münster nel 1933: «Ma in quel momento di colpo si accese una luce dentro di me, ed io vidi che ancora una volta Dio aveva posto pesantemente la Sua mano sul Suo popolo […], ora la Sua Croce era stata posta sul popolo ebraico». Scriveva questo nel 1938.
Non è difficile pensare che i fatti, e soprattutto le sue decisioni, la mettessero allora – rispetto ad un passato che ella stessa aveva considerato senz’altro in qualche modo superato (sebbene mai rinnegato) – in una posizione di colpo sensibilmente diversa. E come non pensare, dunque, che ella avesse fino ad allora serbato costantemente (nella sua mente, nel suo cuore e nella sua anima) un’appassionata fedeltà alla storia, al popolo ed alla cultura alla quale apparteneva? La sua conversione, insomma, non può essere affatto essere considerata un’apostasia. Sebbene proprio così venga considerata ancora oggi in molti gli ambienti ebraici (nei quali il solo fare il suo nome è una bestemmia!).
E del resto le cose non vanno meglio nemmeno in alcuni ambienti ultra-cattolici, che non hanno mai digerito la cattolicizzazione di un’ebrea (giungendo poi fino alla sua santificazione). Infine non bisognerebbe mai dimenticare il vero e proprio scandalo del gelo silenzioso che riscosse in Vaticano la sua accorata lettera, invocante una chiara presa di posizione contro le persecuzioni anti-semite.
Insomma, cosa mai vieta di pensare che, nel corso della sua intera vita (a margine della filosofia rigorosa e laica, ed a margine anche della sua vita da religiosa cattolica), Edith Stein abbia comunque coltivato un interesse per la cultura religiosa ebraica? A nostro avviso assolutamente nulla lo vieta. E la cosa interessa molto da vicino la filosofia. La filosofia però vuole documenti e non congetture. E quindi, siccome questi documenti (per ora) non ci sono, non sarebbe mai disposta ad avallare la tesi di un’ipotetica prossimità tra il pensiero steiniano ed i testi religiosi ebraici.
Tuttavia però – prescindendo anche dalle suggestioni che possano venire direttamente dai testi della pensatrice – sta di fatto che, quando si legge la letteratura religiosa ebraica (e perfino quella più estremista in senso contemplativo ed esoterico, come quella cabalistica), si ritrovano (a posteriori) delle tracce di prossimità che non possono indifferenti.
Si tratta di prossimità a volte molto generiche, ma a volte invece anche davvero impressionanti.
Ebbene, dopo lunga esitazione, ci siamo finalmente decisi ad esporre queste prossimità nell’articolo che qui presentiamo. A dire il vero non sappiamo se vi sarà mai una rivista di filosofia disposta a pubblicarlo, ma comunque abbiamo fatto un tentativo in tal senso. E staremo a vedere.
Qui vorremmo dunque sintetizzare i punti di questo articolo, nei quali ci è sembrato di poter riscontrare le prossimità più significative tra i testi religiosi ebraici ed alcuni aspetti del pensiero steiniano. Diciamo subito comunque che non si tratta solo di Ebraismo, ma di un insieme di sfere di sapere (Gnosi, Cristianesimo, Sofiologia greco-russa, Islam, ed Ellenismo non cristiano) che appaiono essere stati sempre profondamente intrecciati. Ed il baricentro di tale intreccio appare essere stato proprio la Gnosi (unita al pensiero platonico); alla quale poi si ricollega direttamente l’immagine di quella Sophia, o Sapienza Divina in persona, che più si lascia accostare all’opera steiniana. Come dimostriamo sulla base di diversi studi, infatti, l’Ebraismo religioso-esoterico costituì il perno stesso, intorno al quale ruotò fin dall’inizio l’intera dottrina gnostica. E ne sono prova gli stessi libri biblici, che concernono abbastanza direttamente la Sapienza Divina (Sapienza, Giobbe, Proverbi), ed inoltre la figura davvero cruciale del Re Salomone.
In ogni caso la Stein sentì direttamente la necessità di occuparsi della Sapienza Divina nella forma di un Femminile paradigmatico. Lo fece occupandosi del tema della donna nel corso di una serie di conferenze, che poi sono state raccolte postume nel libro della Herder dal titolo Die Frau. Per quanto oggi tutto questo possa suonare perfino un po’ provocatorio, la sua tesi in queste conferenze fu che il paradigma stesso dell’«anima femminile» è sostanzialmente umano-divino, ossia risiede nella Vergine Maria. Ma se questo non viene riconosciuto, allora l’anima femminile sprofonda in sé stessa, ossia in una naturalità immanente davvero estrema.
Ma l’intera metafisica religiosa, di cui parliamo qui, ha sempre riconosciuto la Sapienza trascendente proprio in questa Persona divina. La Sapienza Divina è però anche quella che crea mondi, e quindi la sua personificazione femminile è mediatrice per definizione: – dall’alto verso il basso, così come dal basso verso l’alto. È per questa complessiva via che la religiosità ebraica diviene qui attuale, specie per mezzo della dottrina cabalistica dell’emanazione del Principio divino (Ein-Sof) attraverso le Sefirot. Ma in questa così sofisticata (spesso astrusa) dottrina, l’emanazione (una creazione non letteralmente volontaria ed incentrata sull’esondazione di una Fonte sovrabbondante) ha tre valenze molto concrete: –1) l’amore bruciante; 2) la natura energetica dei suoi prodotti (più «forze» che non «enti»); 3) la manifestazione carnale, sociale e storica.
È per questo che tale dottrina si è di fatto sempre tradotta in un panteismo, ossia nell’affermazione di un mondo inteso come impregnato di divino. Ma tutto questo si lascia in fondo ricondurre ad una posizione filosofica che ha poi caratterizzato fortemente Edith Stein; e cioè quell’idealismo che ha sempre sfiorato abbastanza da vicino le dottrina dell’emanazione e della creazione, pensando all’Io cosciente-conoscente come un Soggetto generante mondi reali.
È stato sulla linea di questi concetti che abbiamo tentato di trovare le prossimità a ritroso dalla religiosità ebraica al pensiero di Edith Stein. Ed in alcuni casi le suggestioni indotte dalla Cabbale sono state davvero intense.
Intensa è stata la suggestione relativa alla grande insistenza della pensatrice sulla natura integralmente spirituale dell’anima e dell’uomo stesso. Ed entro la Cabala lo Spirito è da un lato il Pneuma divino stesso (il Soffio), e dall’altro è l’Adamo originario nella sua perfezione (Adam Kadmon), un corpo che altro non è se non lo spirito stesso. Intensa la suggestione è poi stata quella relativa alla dottrina cabalistica del «corpo astrale» (zelem), quale animicità intermedia rispetto al corpo e nello stesso tempo quintessenza dell’unicità irripetibile che caratterizza ognuno di noi.
Ecco. Di più qui non possiamo dire sull’articolo. Speriamo solo, con questa ricerca, di aver contribuito non solo a far comprendere meglio una grande pensatrice, ma ancor più a superare, grazie alla sua opera (di pensiero e di vita), le assurde barriere che purtroppo ancora dividono il mondo.
Complice, ahinoi, spesso anche la Filosofia.