Ritratto d'artista
L’attrice equilibrista
Isabella Carloni: «Sto sul filo come l’equilibrista: la voce è vibrazione, non puoi controllarla. L’importante è fare in modo che il pensiero non abbia mai il sopravvento sul soffio vitale della parola»
Nome e cognome: Isabella Carloni.
Professione: Attrice (o se preferisci equilibrista).
Età: Tutta quella del corpo e dell’anima!
Da bambina sognavi di fare l’attrice? No, la facevo: mi travestivo, recitavo, cantavo, anche se mi vergognavo molto.
Cosa significa per te recitare? Felicità e stato vitale.
Il tuo film preferito? Ferro 3 di Kim Ki-Douk.
Il tuo spettacolo teatrale preferito? (Fatto da te o da altri) Mmm… Vollmond Pina Bausch…. Pentesilea Thierry Salmon… Miracolo della rosa Danio Manfredini.
Qual è l’attrice da cui hai imparato di più? Franca Rame: una selezione inaspettata al suo Palcoscenico femminile milanese del mio primo lavoro come autrice – una Giovanna D’Arco niente affatto comica -mi insegnò profondamente a credere in me stessa.
Qual è il regista da cui hai imparato di più? Ho avuto splendidi maestri e sono grata soprattutto a quelli che mi hanno chiesto i personaggi più lontani da me!
Il libro sul comodino: I dialoghi con Leucò di Pavese, Le Elegie duinesi di Rilke, Finzioni di Borges, e le poesie di Gualtieri, Szymborska e Campo e Qui dove ci incontriamo di John Berger.
La canzone che ti rappresenta: …Girls just want to have fun Cindi Lauper … Excellent birds Laurie Anderson ….Could you be loved Bob Marley.
Descrivi il tuo giorno perfetto. Quello in cui non ho orari.
Il primo bacio: rivelazione o delusione? Un volo.
Strategia di conquista: qual è la tua? Lo sguardo.
Categorie umane che non ti piacciono? Ingannatori e insensibili.
Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour. Desiderio.
Il sesso nobilita l’amore o viceversa? Sono pianeti che si intercettano e a volte per miracolo gravitano nella stessa orbita.
Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Lo stupore, comunque accada.
Costretta a scegliere: cinema o teatro? Frequentando da sempre il teatro scapperei volentieri al cinema: in Italia i due mondi hanno sempre comunicato poco.
C‘è qualcosa che rimpiangi di non avere detto a qualcuno? Il coraggio non è mai abbastanza!
Shakespeare, Eduardo o Beckett? Shakespeare.
Qual è il tuo ricordo più caro? Il suono della voce di mia nonna mentre mi mette in mano un uovo ancora caldo.
E il ricordo più terribile? Un’amica che decide che non vale più la pena di vivere.
L’ultima volta che sei andata a teatro cos’hai visto? Le ultime cose che mi hanno colpito: un monologo di Giovanni Franzoni CARO GEORGE diretto da Latella. Seduto sulla sedia è riuscito a farmi vedere i quadri di Francis Bacon! (mi ha ricordato il bellissimo Kohlhaas di Baliani) e Trash Cuisine dei Belarus Free Theatre visto a New York nel 2015.
Racconta il tuo ultimo spettacolo: Sono in tour con RICCARDO III E LE REGINE di Oscar De Summa, prodotto dalla Corte Ospitale, dove sono la terribile Regina Margherita. In marzo debutto invece con ARTEMISIA, un viaggio nella Cleopatra di Artemisia Gentileschi: è un lavoro di cui sono anche autrice, come il precedente Viola di mare, ma questo non è una storia, quanto uno sguardo dentro il laboratorio dell’arte e l’anima di un’artista.
Perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo Il primo perché è uno Shakespeare coinvolgente e leggero al tempo stesso e un originale punto di vista sul Riccardo III: l’anelito violento del maschile al potere in lotta con il femminile nei suoi aspetti archetipici. Artemisia, invece, per scoprire che la violenza può essere sconfitta con la bellezza.
Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Si, ma io continuo a cercare isole che sviluppino anticorpi.
La cosa a cui nella vita non vorresti mai rinunciare. Allo stupore.
Quella cosa di te che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Il mio mondo segreto.
Piatto preferito. Melanzane alla parmigiana.
C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? No, ma lo sfasamento viene prima, è secolare e il teatro non ne è esente.
Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Se sì, perché. Sì, per altri impegni e a volte con dispiacere
Di lasciarti sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirtene subito dopo? No, ma di accettarne un paio a cui avrei dovuto sottrarmi, sì.
Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare nel cinema? Difficilissimo…molti ruoli di Meryl Streep o di Hanna Scygulla diretta da Fassbinder, ma anche la Mia Wallace di Pulp Fiction o la Marchesa di Merteuil ne Le relazioni pericolose
Quale ruolo ti piacerebbe interpretare in teatro? Lady Macbeth, la Fedra di Racine, la Pentesilea di Kleist e… Prospero nella Tempesta.
Da chi vorresti essere diretta? Jane Campion Marco Bellocchio Matteo Garrone …. in teatro da Nekrosius.
Tre doti e tre difetti che bisogna avere e non avere per poter fare questo mestiere. Immaginazione, disponibilità, passione: tanta; narcisismo, orgoglio e aspettative: nessuna
Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? Non esisterebbe più!
Gli alieni ti rapiscono e tu puoi esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Poter ritornare se non mi trovo bene
La frase più romantica che ti sia capitato di dire in scena. “Un pesce che cambia colore Sara, non è una malattia, la nostra. Siamo fatte così noi, come i pesci. “Siamo come i pesci dentro al mare, che l’amore li trasforma. Siamo viole, Sara, viole di mare, maschi, femmine che importanza ha”. (Dal mio Viola di mare)
La frase più triste che ti sia toccato di dire in scena. “Sono stati i beati anni del castigo! C’era una pace …avevamo trovato la vera dimensione della vita che era la pazzia! C’era Dio con noi… Tutti contenti… Non si mangiava, l’unica cosa erano le sigarette…ma come ci volevamo bene”. (Alda Merini. I beati anni dell’innocenza di Antonio Lovascio)
Cosa vorresti che il pubblico ricordasse di te? La voce.
Hai mai litigato con un regista per una questione di interpretazione del personaggio? No, ma ho sempre espresso il mio punto di vista.
Se potessi svegliarti domani con una nuova dote quale sceglieresti? L’ubiquità.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su? La sofferenza degli altri.
Se potessi conoscere il tuo futuro cosa vorresti sapere? Niente.
Come costruisci i personaggi che interpreti? Col corpo, con la voce, con tutti i sensi, vado a pescare nell’intimo di me, nella memoria, nel testo, nel rapporto con l’altro. Posso solo cercare e restare in ascolto. E’ piuttosto… qualcosa che arriva, che si affaccia. Non cerco di fare qualcuno, cerco di “essere” in quello che faccio….
Parallelamente al tuo percorso artistico, trovi che in questi anni ci sia stata un’evoluzione o un deterioramento del teatro? Il teatro vive e come il tempo sfugge alle misure: non è lineare ma fatto di pause, di accelerazioni, a volte va spedito, dritto, a volte è rotondo e torna su di sé: cammina con noi e ci disseta l’anima.
Il rapporto con la parola. La interroghi, la ricerchi, la domini o ti fai dominare? Sto sul filo come l’equilibrista: la voce è vibrazione, non puoi controllarla. L’importante è fare in modo che il pensiero non abbia mai il sopravvento sul soffio vitale della parola e il senso rimanga profondo, vicino al cuore e non al cervello. Solo così raggiungi lo spettatore.
Cosa pensi delle nuove generazioni di attori che, a volte, passano direttamente dai talent al palcoscenico? Si formano in un ambiente altamente competitivo, certo stimolante per ottenere il meglio da sé, ma pericoloso perché può prepararti un futuro di solitudine in balia di pescecani senza scrupoli.
La morte: paura o liberazione? Mistero.
Ti viene data la possibilità di presentare tre proposte di legge in materia spettacolo. Cosa proponi? Residenze teatrali su tutto il territorio nazionale, sussidi e garanzie per la sopravvivenza del lavoro dei professionisti, incremento dei rapporti intergenerazionali e formazione del pubblico.
Cosa è necessario per un’attrice: memoria storica o physique du rôle? Un magico e misterioso mix diverso per ognuno.
Hai un sogno nel cassetto che oggi puoi aprire. Cosa viene fuori? Una compagnia e un luogo dove creare insieme.
I soldi fanno la felicità? Il denaro conta – come diceva Alda Merini – perché ti dà la possibilità di non dipendere dagli altri”. Ma più sei generoso più ti torna indietro!
Qual è il tuo rapporto con i social network? Fascino, necessità e maledizione.
Il tuo rapporto con la critica. Quale quella che più ti ha ferita in questi anni. Mi ferisce l’indifferenza e la mancanza di curiosità. Mi appassiona lo stimolo e l’approfondimento. Credo che sarebbe bello se la critica fosse ancora più vicina agli artisti in tutto il territorio nazionale, non solo nelle grandi città.
Poco prima dell’inizio e poi della fine di un tuo spettacolo, a cosa, o a chi, pensi? Prima a niente, faccio vuoto! Poi a un bel bicchiere di vino!
Il teatro riesce ancora a catalizzare la passione civile del pubblico in modo attivo? Io penso proprio di sì, se riesce a farlo uscire di casa.
Nella tua valigia dell’attrice cosa non manca mai (metaforicamente o materialmente)? Lo struccante per tornare puliti e neutri e uno scialle per avvolgermi e proteggermi.
Con i tagli economici alla cultura, il teatro diventerà un’arte di nicchia oppure ci sarà una prevalenza di teatro di medio-basso livello o amatoriale? Temo che sia già così, diviso fra questi due estremi, ma sperare che cambi è un nostro diritto.
C’è un autore teatrale che credi sia poco considerato e che andrebbe rivalutato e rappresentato? La drammaturgia contemporanea è in genere poco conosciuta e poco messa in scena.
Meglio essere sereni, contenti o felici? Felici!!
Progetti futuri? Un nuovo lavoro di teatro musicale che intreccia classico e commedia, un piccolo tour oltre oceano e ancora Shakespeare
Un consiglio a una giovane che voglia fare l’attrice. Coltivare curiosità per aprirsi al mondo e profondità per penetrare in sé stessi.
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Foto di Paolo Porto, Mara Slanzi, Sergio Marcelli, Marcello Norberth.