Ritratto d'artista
Il teatro è valore
Saverio La Ruina: «Il teatro è il luogo dove la comunità si confronta dal vivo davanti ad uomini in carne e ossa intorno a un problema, una questione, un tema che la riguarda fortemente»
Nome e cognome: Saverio La Ruina.
Professione: Attore, autore, regista.
Età: 56.
Da bambino sognavi di fare l’attore? Sì.
Cosa significa per te recitare? Entrare in empatia con il pubblico.
Il tuo film preferito? Una storia vera di David Lynch.
Il tuo spettacolo teatrale preferito? (Fatto da te o da altri) 887 di Robert Lepage, Amletas e Macbetas di Eimuntas Nekrosius, Bar di Spiro Scimone, Carnezzeria di Emma Dante.
Qual è l’attore da cui hai imparato di più? Non so se ho imparato qualcosa da loro, ma i miei preferiti sono Eduardo e Servillo per il teatro e Mastroianni e Volonté (e ancora Servillo) per il cinema (roba ovvia, mi rendo conto).
Qual è il regista da cui hai imparato di più? Nekrosius, de Berardinis, Remondi & Caporossi. Attorialmente, molto anche dagli inconsapevoli e straordinari affabulatori della tradizione orale.
Il libro sul comodino: Viaggio al termine della notte di Céline.
La canzone che ti rappresenta: La cura di Franco Battiato.
Descrivi il tuo giorno perfetto. Mangiare del buon pesce fresco, in una bella e tiepida giornata di maggio, insieme alla mia compagna, in un ristorante/palafitta senza pretese ma suggestivo, davanti al mare di Acitrezza (CT) con i suoi faraglioni neri.
Il primo bacio: rivelazione o delusione? Rivelazione e stordimento.
Strategia di conquista: qual è la tua? Se cerco di conquistare mi va buca, va meglio quando mi comporto normalmente.
Categorie umane che non ti piacciono? I supponenti, i disonesti, quelli che sparlano e gli invadenti.
Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour. Humour e cervello, ma vince sicuramente la ricchezza (che non poche volte ha dalla sua anche il cervello).
Il sesso nobilita l’amore o viceversa? Entrambi.
Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Un mix.
Costretto a scegliere: cinema o teatro? Cinema da vedere, teatro da fare.
C‘è qualcosa che rimpiangi di non avere detto a qualcuno? No!
Shakespeare, Eduardo o Beckett? Shakespeare per certi versi, Beckett per altri.
Qual è il tuo ricordo più caro? Mia madre che cammina come una papera zoppa perché piegata dall’età.
E il ricordo più terribile? Mio padre a terra dopo un lieve ictus fortunatamente superato.
L’ultima volta che sei andato a teatro cos’hai visto? Il vangelo secondo Antonio di Dario De Luca.
Racconta il tuo ultimo spettacolo: Un uomo che ogni giorno alla stessa ora va al cimitero (innevato) di un paese del Sud a fare visita alla madre morta per raccontarle le piccole (grandi) cose che accadono in paese ma anche con lo scopo, infine raggiunto, di confessarle la sua omosessualità. Il titolo è Masculu e fìammina.
Perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo? Perché ciò che quest’uomo dice alla madre potrebbe emozionarlo.
Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? No. Ma essendo il luogo dove si parla di valori, ci occorrerebbe maggiore coerenza.
La cosa a cui nella vita non vorresti mai rinunciare. Il teatro.
Quella cosa di te che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Che sono proprio così.
Piatto preferito. Spaghetti alla fuoco di Bacco. Una pasta cotta nel vino con peperoncino (soffritto prima con l’aglio), olive nere, tanto formaggio e infine una spruzzata di prezzemolo.
C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? Forse è uno dei luoghi dove c’è maggiore parità.
Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Se sì, perché. Perché ero impegnato a scrivere un nuovo mio testo.
Di lasciarti sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirtene subito dopo? No.
Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare nel cinema? Quello di Mastroianni in Oci ciornie di Michalkov, ma non ne sarei stato capace.
Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare in teatro? Amleto con un regista russo.
Da chi vorresti essere diretto? Italiano: Toni Servillo, Antonio Latella, Emma Dante. Straniero: Nekrosius, Lepage, Ostermeier.
Tre doti e tre difetti che bisogna avere e non avere per poter fare questo mestiere. Doti: umiltà (ma c’è chi dice non troppa e forse ha ragione), concentrazione e resistenza. Difetti: supponenza, superficialità, cattiva coscienza.
Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? La prima tentazione, neanche peregrina, è dire nulla, ma scomparirebbe forse l’unico luogo dove la comunità si confronta dal vivo davanti ad uomini in carne e ossa intorno a un problema, una questione, un tema che la riguarda fortemente e che potrebbe cambiare in meglio il suo orientamento verso la società e i suoi simili.
Gli alieni ti rapiscono e tu puoi esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Che stiano bene le persone che amo.
La frase più romantica che ti sia capitato di dire in scena. “Svegliatemi in un mondo più gentile” (Masculu e fìammina)
La frase più triste che ti sia toccato di dire in scena. “Svegliatemi in un mondo più gentile” (Masculu e fìammina)
Cosa vorresti che il pubblico ricordasse di te? Che non l’ho preso in giro.
Hai mai litigato con un regista per una questione di interpretazione del personaggio? No.
Se potessi svegliarti domani con una nuova dote quale sceglieresti? Saper cantare o saper suonare il piano.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su? Per scherzarci tante cose (l’olocausto, le vittime delle dittature, la povertà, ecc.). L’ironia, invece, credo possa stare dappertutto se nasce dal rispetto profondo verso ciò di cui si parla.
Se potessi conoscere il tuo futuro cosa vorresti sapere? Niente.
Come costruisci i personaggi che interpreti? Dapprima fisicamente: come si muovono (a partire dai piccoli gesti), come muovono la testa, la bocca, come camminano, come guardano, poi individuando il loro modo di parlare, infine mettendogli in bocca il testo da recitare (anche mentre si fa altro: preparando il caffè, facendo le più comuni azioni quotidiane).
Parallelamente al tuo percorso artistico, trovi che in questi anni ci sia stata un’evoluzione o un deterioramento del teatro? Un’evoluzione.
Il rapporto con la parola. La interroghi, la ricerchi, la domini o ti fai dominare? Quello che so è che cerco di fare molta attenzione a non mettermi davanti al personaggio, anzi un passo dietro.
Cosa pensi delle nuove generazioni di attori che, a volte, passano direttamente dai talent al palcoscenico? Non seguo i talent, quindi rischio di dire cose fuori luogo. Però mi chiedo: perché sono passati dai talent se volevano fare teatro? Fare teatro costa poco, basta qualche buona idea e un pizzico di intelligenza e di passione. Non so cosa succede per gli altri media (cinema, televisione). Comunque, in genere, mi viene da pensare che chi va ai talent sia mosso da altro.
La morte: paura o liberazione? Nemmeno ci penso, forse anche perché questo lavoro (fatto per passione) ti obbliga a stare nel presente. E del tempo che passa non ci si accorge. Mi sembra ieri di aver cominciato la Scuola di Teatro di Bologna (35 anni fa).
Ti viene data la possibilità di presentare tre proposte di legge in materia spettacolo. Cosa proponi? Meno attenzione ai numeri (che pure devono contare) e molta alla qualità, all’innovazione e alla nuova drammaturgia (si crede di averla da sempre, ma tra il dire e il fare c’è e c’è sempre stato di mezzo il mare)
Cosa è necessario per un attore: memoria storica o physique du rôle? Memoria fisica.
Hai un sogno nel cassetto che oggi può aprire. Cosa viene fuori? Fare un tour mondiale con i miei spettacoli nei posti dove non sono mai stato. Ma anche senza i miei spettacoli. Mentre a teatro, uno Shakespeare o un Cechov.
I soldi fanno la felicità? No, ma chi ha fame potrebbe mangiare e chi ha problemi di salute potrebbe curarsi.
Qual è il tuo rapporto con i social network? Utile per quanto riguarda l’informazione e anche la promozione; bello per i contatti col pubblico e gli amici. Per il resto di un’invadenza tale che preferirei non fossero mai stati inventati.
Il tuo rapporto con la critica. Quale quella che più ti ha ferito in questi anni. La critica la ritengo preziosa per il nostro lavoro anche quando ferisce, se è sincera. A volte il problema è quello di non avere più la possibilità di fare liberamente e spensieratamente il naturale rodaggio di uno spettacolo. Anche nel paesino più sperduto c’è sempre qualcuno che ‘recensisce’ sul web e che magari appare subito nei motori di ricerca, ancor prima delle recensioni dei critici più validi e importanti (che spesso scrivendo solo sul cartaceo neanche appaiono), finendo spesso per offrire a chi non sa orientarsi letture superficiali.
Poco prima dell’inizio e poi della fine di un tuo spettacolo, a cosa, o a chi, pensi? Prima dell’inizio a essere concentrato, aperto e a divertirmi. Alla fine a quella che è stata la risposta del pubblico.
Il teatro riesce ancora a catalizzare la passione civile del pubblico in modo attivo? Sì.
Nella tua valigia dell’attore cosa non manca mai (metaforicamente o materialmente)? L’intento di divertirmi e di essere aperto alla relazione col pubblico e con i compagni di scena.
Con i tagli economici alla cultura, il teatro diventerà un’arte di nicchia oppure ci sarà una prevalenza di teatro di medio-basso livello o amatoriale? Più che dei tagli economici alla cultura, penso che la prevalenza di un livello medio-basso sia responsabilità di chi gestisce e programma i teatri, nello specifico dei direttori artistici dei teatri. Poi l’accento sui numeri invece che sulla qualità nelle normative che regolano i finanziamenti fa il resto. Infine, i tagli.
C’è un autore teatrale che credi sia poco considerato e che andrebbe rivalutato e rappresentato? Tutta la nuova drammaturgia italiana. All’estero per le drammaturgie nazionali c’è più attenzione.
Meglio essere sereni, contenti o felici? Sereni.
Progetti futuri? Ho appena debuttato col mio nuovo spettacolo. Rimango in attesa di qualcosa che catturi la mia attenzione.
Un consiglio a un giovane che voglia fare l’attore. Lavorare e perseverare.
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Foto di Roberto Ferrantini, Giulia Gattere, Angelo Maggio, Paolo Galletta.