Danilo Maestosi
Il saggio "Ascoltare l'opera d'arte"

Come sentire l’arte

La critica Ida Mitrano teorizza un modo inedito e "depurato" di vivere l'arte: ascoltarla. Ossia perdere ogni condizionamento e andare dritti all'emozione. Come fece Walt Disney con Fantasia

Ascoltare l’opera d’arte. È la scommessa teorica lanciata da Ida Mitrano, critica e curatrice d’arte romana in un saggio appena pubblicato, proprio con questo titolo: 142 pagine, 18,50 euro, acquistabile via Internet sul sito della casa editrice Nemapress. Un’idea messa a punto dopo anni di lavoro sul campo (come dimostra l’appendice di recensioni e presentazioni di mostra che chiude il libello), partendo dalla difficoltà sempre più evidente di liberare l’approccio con un’opera d’arte dalle sabbie mobili della crisi che ha investito i linguaggi della tradizione, disorientato e allontanato il pubblico dei fruitori, consegnando gli artisti stessi ai capricci delle mode, agli arbitrii del mercato e della casta di curatori e istituzioni che governa la circolazione del contemporaneo.

Orizzonti così sfocati, parole e appigli mentali così logorati e inservibili, da imporre un mutamento radicale di punti di vista, far ricorso ad altre coordinate di senso. Ribaltare le prospettive introducendo, come fa Ida Mitrano, un capovolgimento di sensi: dallo sguardo, che certo non scompare, all’udito che ne rafforza e moltiplica la presa, trasformando la contemplazione in una relazione meno razionale forse, ma più profonda, diretta e fruttuosa con l’opera d’arte.

Gli addetti ai lavori non storcano subito il naso, come fecero quelli che accolsero e bocciarono come una scorciatoia dissacrante il più clamoroso ribaltone divulgativo di sensi che la cultura e l’arte di massa ci ha consegnato : il film Fantasia di Walt Disney, la musica raccontata attraverso le immagini, l’ascolto trasformato in visione dai cartoni animati. Era il 1940, l’America non era ancora entrata in guerra, quando apparve in sala quel terzo anomalo lungometraggio firmato dall’inventore di Topolino e Biancaneve. È vero, all’inizio fu un mezzo fiasco, la casa di produzione rischiò il fallimento: perplesso e scontento il pubblico che si aspettava la solita favola illustrata, delusi e polemici i critici. Quelli cinematografici: che copione strampalato e sconnesso quell’alternanza di riprese dal vero, il direttore Stokowsky e la sua orchestra, e figurine animate invitate a interpretare una colonna sonora di maestri e partiture immortali. E quelli musicali: la musica è un linguaggio autosufficiente retto da altre misure, non può essere gustata e capita se riadattata a teatro di burattini. Pochi decenni dopo quel film è diventato leggenda, incoronato tra i capolavori della storia del cinema e del cartone animato, e tra i venti maggiori incassi di sempre. Almeno due generazioni devono a quelle immagini la loro iniziazione alla musica classica. Ancor oggi la melodia della Danza delle ore mi risveglia dentro il ricordo di coccodrilli, ippopotami e struzzi che danzano in tutù, la Toccata e fuga di Bach, un turbine di colori e forme astratte.

libro ida mitrano2Insomma la lezione – da tarare ovviamente su scala più ridotta – è che le emozioni ci avvicinano all’arte. Il coinvolgimento di altri sensi ci apre altri universi, ci mette in sintonia con il mistero dell’arte e gli echi d’anima, di verità insondabili che ogni vera creazione arte ci ridesta dentro. Ascoltare l’opera d’arte dunque è secondo Ida Mitrano una preziosa esperienza di vita e di umanità. Una ricetta per cambiare un mondo sempre veloce e sempre meno umano. Semplice da adottare, in fondo. Ma con qualche accorgimento. Il primo è che per aprirci davvero all’ascolto dobbiamo liberarci del già detto e del già pensato. Dei pregiudizi insomma, dei ragionamenti acquisiti su cui ci siamo attestati. Fare silenzio e fare spazio all’opera d’arte. E immergerci in quel che stiamo sentendo. Essere qui ora, spiega Ida Mitrano, evocando una disciplina collaudata in lunghi anni di corsi di meditazione e insieme trovando ancoraggio filosofico in un principio di forte impronta esistenzialista che ribalta, come bussola indispensabile per sostenere le mutazioni della nostra epoca, il cogito ergo sum di Cartesio: il dominio dell’uomo restituito al senso dell’essere, un processo che fonde corpo e intelletto, precede e sovrasta qualunque speculazione.

Il primo cui tocca aprirsi all’ascolto è proprio lo stesso artista: in quel far spazio e azzerare il già pensato Ida Mitrano indica l’approdo a una dimensione interiore a lui stesso sconosciuta (l’altro-sé) che segue percorsi diversi da quelli suggeriti da progetto e intenzione. Passo immediatamente successivo è la scoperta dell’altro da sé, feconda perché scoraggia la tentazione narcisistica dell’autore a fermarsi alla contemplazione sterile del proprio ombelico e a sintonizzarsi con il fuori delle diversità e del sociale.

Analoghe istruzioni per l’uso valgono per chi osserva un’opera d’arte e deve trarne frutto. E ancor più per chi ci si accosta da critico e addetto ai lavori: qui il richiamo all’azzeramento del già pensato, categorie, etichette, confronti, inquadramenti storici, apre contraddizioni più evidenti perché comporta una temporanea rinuncia dei più esperti al proprio ruolo sociale consolidato sicuramente più pervasivo. Un protagonismo indispensabile spesso per costruirsi carriere da primattori e un peso sul mercato, che è all’origine di tante distorsioni del sistema dell’arte, tanti ingiustificati e capricciosi tagliafuori come quello che i fans modaioli del contemporaneo hanno operato nei confronti della pittura e della scultura. Come se il misurare l’attualità e la presa di un’opera d’arte fosse un problema esclusivo di materiali , di linguaggi e di tecnologie e non la novità, la discontinuità che introduce nel proprio tempo.

Perché il traguardo finale di questa metodologia dell’ascolto è proprio il riconoscimento del valore autonomo dell’opera d’arte, una casa da abitare che racchiude il mistero stesso della creazione, le necessità che le dà corpo, l’abbandono del già pensato e già detto, l’altrove verso cui l’artista stesso, inconsapevolmente si sta dirigendo, gli anticorpi attraverso cui recuperare le centralità dell’uomo che la rivoluzione tecnologica sta minacciando. L’appaesamento – dice Ida Mitrano – è l’unico antidoto al senso di spaesamento che oggi accomuna e travolge tutti, autori e interpreti, comparse e spettatori della grande commedia dell’arte.

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Nelle foto, la presentazione del libro, a Roma, e l’esposizione delle opere cui il saggio si riferisce.

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