Dalla letteratura al cinema
Conoscete Austin Wright?
Alla scoperta di Austin Wright, lo scrittore scelto da Tom Ford. Prima di essere un film bello e di successo, "Animali notturni” è un thriller sull'aggressività dei sentimenti comuni
È appena passato nelle sale cinematografiche italiane il secondo lavoro di Tom Ford, Animali notturni, vincitore del Gran premio della giuria all’ultimo festival di Venezia. Dopo A Single Man di Christopher Isherwood, il regista ha deciso questa volta di confrontarsi con Tony and Susan (1993) di Austin Wright (pubblicato in Italia nel 1994 da Rizzoli e poi ristampato nel 2011 da Adelphi). Professore emerito di letteratura inglese, autore di saggi e sette romanzi, vincitore del prestigioso Whiting Writers’ Award, Wright non ha avuto in vita molta notorietà, nonostante il grande romanziere Saul Bellow avesse definito questa sua opera un capolavoro. Come spesso succede, la fama gli giungerà postuma (muore nel 2003) fino a interessare Tom Ford, che addirittura ha dichiarato: “Sono io che devo raccontare questa storia. Parla di me”.
Il film si presenta dunque anche come una buona occasione per riscoprire un autore e un libro culto della letteratura postmoderna americana. Susan (Amy Adams), una raffinata gallerista, riceve dopo una ventina d’anni la bozza di un romanzo, intitolato appunto Animali notturni, dal suo ex marito, Edward (Jake Gyllenhaal), che pare aver finalmente realizzato le sue giovanili e tormentate aspirazioni di scrittore. Sospettosa e vagamente inquieta (si taglia nell’aprire il pacco), rimanda la lettura finché la sera di un weekend solitario si decide ad aprire lo scartafaccio, trovandosi così catapultata in una storia durissima e violenta alla Cormac McCarthy: una famiglia sta viaggiando di notte sulle strade del Texas quando viene aggredita da balordi che rapiscono sotto gli occhi inermi di Tony, il protagonista, moglie e figlia per poi stuprarle e ucciderle.
Man mano che la donna va avanti con le pagine, viene risucchiata dalle peripezie e dagli sforzi dell’uomo per riscattarsi dalla sua pusillanimità, e, con l’aiuto di un disincantato sceriffo (Michael Shannon), avere giustizia (o vendetta).
All’inizio Susan pensa che il personaggio di Tony debole, indifeso, irrisolto, inabile a proteggere la propria famiglia, sia il doppio del giovane Edward e lei l’animale notturno (come lui amava chiamarla) che gli ha portato via tutto: matrimonio e figlia (in un flashback la si vede abortire), ma poi inizia a comprendere, e questo risulta molto più evidente e determinante nel libro di Wright, che in realtà Tony rappresenta lei stessa, la sua fragilità, la sua mediocrità, la sua viltà.
In nome di una sicurezza economica alla quale non sa rinunciare, è venuta meno alle sue idee, ai suoi principi, proprio come le aveva predetto la madre, esponente di quella cultura wasp che lei sosteneva di aborrire. Così ha sacrificato sull’altare della convenienza anche la vocazione artistica: le istallazioni della sua galleria sono ormai solo vuota pornografia, come dimostra la sequenza di apertura, con l’esibizione di quelle nudità integrali, decadenti e sovrabbondanti (mentre la Susan di Wright non ha nemmeno questo, si limita a qualche lezione ogni tanto nella scuola più vicina e l’unico suo sfogo è la lettura). Ma i compromessi quotidiani, le amicizie frivole e vacue, i tradimenti del nuovo coniuge stanno diventano insostenibili, mentre il romanzo di Edward la mette di fronte in maniera implacabile alle meccaniche del suo fallimento sentimentale e morale.
La scrittura, infatti, quando è autentica, ha la capacità di mettere a nudo il nostro io più profondo. E se Susan si sente ormai sull’orlo del precipizio, Edward (proprio come il protagonista del suo libro, perciò connotato da una doppia valenza) da quel precipizio è risalito portando a termine il suo racconto. Ha così potuto elaborare e superare il lutto dell’abbandono e addirittura meditare una raffinata vendetta.
Perché Animali notturni è anche un thriller teso e ricco di colpi di scena, dove all’aggressività incontrollata e manifesta dei teppisti dell’assolata frontiera texana, corrisponde la brutalità sottile e ombrosa, ma non meno spietata, dell’élite losangelina (d’altronde lo stesso Scorsese aveva già riconosciuto che L’età dell’innocenza era il suo film più violento…). Una storia d’amore, violenza e vendetta, quindi, ma soprattutto una storia sulla funzione della letteratura e dell’arte in generale.
“A volte Susan chiedeva a Edward perché volesse scrivere. […] E lui le dava ogni volta una risposta diversa – leggiamo in un passaggio fondamentale del libro di Wright- […] Si scrive perché tutto muore, si scrive per salvare quello che muore […]. Si scrive per ripetere a proprio uso e consumo le storie della nostra vita. […] No, si scrive perché si è chiusi nel guscio del proprio cranio. Scrivere significa mandare una sonda nei crani altrui, aspettando che qualcuno risponda”.
Tom Ford ha risposto. In modo perfetto.