Every beat of my heart, la poesia
Verità è bellezza
Commento ad alcuni versi di “Ode a un’urna greca” di John Keats, il giovane poeta romantico morto di tisi a Roma. Una poesia che è cifra del nostro Occidente per la sua domanda assoluta a un reperto del mito fondante che è la Grecia classica
L’Ode a un’urna greca è una delle più famose poesie non solo di John Keats, ma di tutta la letteratura d’Occidente, per la sua domanda assoluta a un magico reperto del mito, e specificamente di quella parte del mito che fu e rimase la Grecia.
L’ode inizia con la descrizione dell’immagine scolpita sulla pietra, o immortalata nella ceramica di un vaso: una scena preliminare a un rito. Uno scenario naturale, popolato di persone e animali, misteriosamente agitato da una strana energia o presenza divina. Come strana, inquietante nella sua olimpica distanza, l’arte della Grecia classica, intatta da affettività umane.
E qui l’intuizione lampeggiante di Keats, il giovane grande poeta romantico precocemente morto di tisi, in Piazza di Spagna, a Roma, dove si era recato sperando di guarire i polmoni con il clima gentile: quelle musiche sono infinitamente più dolci perché a me, scrive, ora, inudibili, e la musica più bella è quella silenziosa, eterna come le alte sfere. Così il canto del giovane istoriato non può avere mai fine, perché le sue labbra si sono avvicinate a un millimetro da quella della ragazza amata: il bacio non espresso, non concluso, dura eternamente.
Fino al crescendo con cui l’ode, più che finire, inizia un’altra storia: quel grido gioioso e disperato, «verità è bellezza», manifestazione e prova del divino.
(…)
Chi sono questi che vanno al sacrificio?
A quale verde altare, oscuro sacerdote,
conduci la vitella muggente al cielo
coi fianchi lisci e segosi inghirlandati?
Quale paese sul fiume o in riva al mare
o ben protetto nella sua rocca di montagna
si è svuotato di loro in questo sacro mattino?
Le tue strade saranno eternamente mute,
e nessuno mai ritornerà a dire
perché sei stato abbandonato.
Forma attica, elegante disposizione
di uomini e ragazze ricamati nel marmo,
calpestata dall’erba e dal fogliame,
tu forma silenziosa ci sgomenti,
come l’eternità, tu fredda Pastorale.
Quando questa generazione sarà dissolta nel tempo
tu resterai nel cuore di altri pianti
e amica ancora all’uomo gli dirai
“Bellezza è verità, verità è bellezza”, che è tutto
quanto sappiamo e dobbiamo sapere, sulla terra.
John Keats
(Da Ode su un’urna greca, traduzione di Roberto Mussapi)