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Tre gialli d’autore
Franck Bouysse, Andrea Camilleri, Henning Mankell: le "indagini" di tre narratori alla ricerca del mistero della vita. Tre libri non solo per gli appassionati del genere
Il segreto. Nella zona di Francia che vide il massacro dei calvinisti chiamati Ugonotti (70 mila morti nell’estate 1572), si svolge il romanzo di Franck Bouysse (Ingrossare le schiere celesti, Neri Pozza, 174 pag., 15 euro). Un noir ambientato ai nostri tempi nell’oggi rurale. Un colpo all’anima. Protagonisti in “una grande quiete bianca” sono il cinquantenne Gus e il settantenne Abel. Le loro fattorie sono vicine. Si vedono ogni tanto. Uno è meno socievole dell’altro. Parole come badilate, rari gli spiragli di confidenza e di umanità. Esistenze tristi, faticose. Un pozzo di solitudine.
Gus, in occasione della morte dell’Abbè Pierre (e chissà perché), entra nel dolore delle riflessioni. Poi una sorpresa, reale: il suo cane Mars esce dalla boscaglia abbaiante e ferito. Il contadino curiosa e si accorge di orme di una persona senza scarpe. Da quel momento le vite di entrambi sono sconvolte. Dal passato emergono una confessione e un segreto. Il nocciolo narrativo assume il colore della tragedia. Un bellissimo romanzo. Con, a mio parere, un titolo brutto.
Cadavere. Se uno vuole trascorrere due-tre ore con il miglior affabulatore tra gli scrittori italiani di oggi, non può certo ignorare Andrea Camilleri. Soprattutto chi attraversa quest’epoca così afasica. Prendiamo in mano la sua ultima raccolta di racconti (La cappella di famiglia, Sellerio, 316 pagine, 14 euro) ed entriamo in quella cittadina inventata che si chiama Vigàta, dove tutti sanno tutto o quasi di tutti, dove si chiacchiera, si racconta, si fanno ipotesi e pettegolezzi. Nel racconto “Il morto viaggiatore”, spassosissimo, c’è un catafero che viene trovato da Lillo Palillo su una collinetta coltivata a frumento. Che fare? Prima idea: avvisare i carabinieri. Impossibile: ha precedenti penali che lo metterebbero ancora in difficoltà. Allora lo sposta sul ciglio della strada. Il catafero intanto va incontro al rigor mortis. Non voglio svelare le tappe del suo lungo e travagliato viaggio, fatto sta che nessuno di coloro che se lo trovano tra i piedi hanno il coraggio di chiamare le autorità. Chi perché ha l’amante, chi perché è cornuto, chi, come un capocorrente democristiano, vuole evitare l’imbarazzo politico. Al termine di tante peripezie, il morto sarà trovato davanti a un edificio per così dire conforme. Camilleri svela l’identità del morto? S’alza il velo su un altro mistero. Una catena di dubbi.
Ricominciare. Questo è uno dei due ultimi romanzi scritti da Henning Mankell, scrittore e giallista tra i più bravi della Svezia. È morto l’anno scorso, dopo aver dato alle stampe le sue memorie. Il romanzo s’intitola Stivali di gomma svedesi (Marsilio, 425 pag., 19,50 euro). È la tormentata storia del settantenne Fredrick, medico in pensione che anni prima si è rifugiato nella villa dei nonni in un isolotto dell’arcipelago svedese. Una notte si sveglia di soprassalto per un calore eccessivo. S’accorge che la sua casa è in fiamme. Esce in tempo. Da quel momento vive alla meno peggio in una roulotte. Va e viene, con la barca a motore, dal suo a un altro isolotto dove ci sono negozi e persone. La perdita della casa lo getta nello sconforto ma non nella rassegnazione. Fa fatica a spiegare alla polizia di non essere lui l’incendiario. Si sente e si vede con la figlia Louise, conosciuta quando lei era sui venticinque anni. Fredrick intanto la trentenne Mudin, giornalista locale, verso la quale è sente forte attrazione. Sarà un rapporto ambiguo che tuttavia lo avvia verso l’insolita stagione del desiderio. Altre due case sono state bruciate. Da un piromane. Si sente allora “assolto” da un’orrenda accusa. Sarà proprio lui a scoprire, con grande stupore, l’identità del piromane. Aspettando che le cose si chiariscano, va dalla figlia a Parigi: Louise è nei guai (per borseggio) ed è pure incinta. Tra padre e figlia inizia la via della reciproca comprensione. Comunque Fredrick continua a dialogare con la propria “vecchiaia”. E l’autore scava in quel morboso rapporto con considerazioni argute. Un settantenne comincia a rendersi conto di camminare tra persone più giovani, avverte la perdita dell’elasticità fisica. Scopre la vulnerabilità. I suoi sogni e i suoi ricordi vitalizzano la sua memoria di bambino. Ma gli anni grigi diventano un freno emozionale automatico. L’altalena dei sentimenti si svolge sullo sfondo dell’affascinante paesaggio nordico destinato a essere méta di gente solitaria e di immigrati. Il grigio e il biancore della neve si alternano. Come accade a tutti.