In margine alla fortunata serie tv
The pop Pope
Che cosa resta dopo aver ammirato "The Young Pope" di Paolo Sorrentino? Che cosa ce ne facciamo di questo Papa con sigaretta, raffinato cultore della canettiana malvagia arte del potere (gatto che gioca col topo)? L'arte è arte: si gode e basta
Cosa c’è in questo film-serie tranne la certezza di successo, grazie agli ingredienti, presso gli spettatori di fiction? Ingredienti: l’estetismo dell’immagine (al massimo), il lezioso ed ammiccante divertissement satirico-ironico (al minimo). Difficile rispondere alla domanda, per cui bisogna dire che questo film-serie evoca solo domande. La prima di tutte: quale può essere il senso ultimo del prendere a motivo di spettacolo un oggetto così serio quantunque già di per sé compromesso? Serio o solo faceto? Sincero o solo calcolato? Meditativo o solo scurrile? Il sospetto è forte: che si tratti solo di «scrittura creativa»? Cosa in cui il gepgambardelliano Sorrentino è maestro, essendo così anche maestro del calcolo d’effetto. In questo senso, di questo film-serie, hai visto un quarto d’ora e hai visto tutto.
C’è qui un oggetto scenico che rappresenti qualcosa, o vi è un oggetto scenico che rappresenta solo se stesso? Insomma qui Sorrentino auspica un altro Papa, un’altra Chiesa ed un’altra religiosità, oppure solo si frega le mani per la ghiotta occasione del poterne mettere in scena le così ridicole ed atroci larve?
Cosa esattamente si è proposto Sorrentino, dato che, per il così particolare oggetto del film, dovrebbe ben essersi proposto qualcosa? C’è per davvero questo qualcosa, oppure, come lui stesso sembra suggerirci, qui c’è solo da scherzare con ciò che di per sé (ormai) non si lascia più prendere sul serio? Insomma cosa bisogna chiedersi qui: se si fa bene a chiedersi se c’è un senso, oppure se si fa male a farlo? L’arte, si sa, è arte. E non si discute, solo si gode! A cosa serviranno mai le presenze provocatorie di attori della stridente contraddizione scenografica: il dandy effeminato e decadente Jude Law e la reincarnazione di Gep Gambardella, nell’Orlando-Vojello (pacco di pasta, o anche prototipo di certi sornioni e malefici baroni universitari partenopei di mia conoscenza)? Che senso avrà mai questo Papa-Mussolini, che si sganascia come un venditore narciso Usa, questo dandy-titano, questo perfezionista ironico della perversione cinica, questo schifa-uomini e edonista dell’opulenza ottimamente accolta? A cosa mai servirà questo raffinato ed elegante tiranno e raffinato cultore di aforismi velenosi da Voltaire a Nietzsche? Questo Papa della preghiera-sfottò e della confessione come psicodramma a sorpresa. Questo Papa con sigaretta, raffinato cultore della canettiana malvagia arte del potere (gatto che gioca col topo). Questo Papa dell’estenuato gesto effeminato ad effetto. Questo Papa il cui infinito divertimento (“…ma scherzo!”) sarebbe occuparsi della mondanità adulante le stupide masse.
E dovrebbe avere un senso il Vojello contemplante in ginocchio la Grande Madre? Gli abiti e cappelli immacolati leziosamente fasciati d’oro, tutti morbida e sensuale haute couture? Una Roma-Vaticana le cui campane a distesa colgono sul fatto prelati col culo da fuori o sul bidè? Una Roma-Grande-Bellezza cosparsa di una patina tanto roseo-dorata quanto marcia? L’ambientazione dannunziana per una profondità teologica del solo inciucio?
E che dire poi della suora-diane-keaton-woodyalleniana, che pure lei fuma, e che giura e spergiura che ‘sto gran fdp è “un santo”? E le sparate del Papa che senso hanno: “Cosa abbiamo dimenticato?”, grida dal fatidico balcone. E giù battutacce da adolescente. “La mia coscienza non mi accusa di niente!”, sussurra estenuato in confessione (“…ma scherzo!”). E giù profondità meditative farsesche accompagnate dal solito malinconico violoncello. “Io non credo in Dio”. E giù schiaffi in faccia al povero confessore (“…ma scherzo!”).
Insomma cos’è mai questo? Una critica alla Chiesa, o un divertirsi un mondo con la critica alla Chiesa come fonte di audience? Cos’è insomma questo Vaticano che un napoletano verace (via Sandomenico, Vomero) si è andato a guardare come lo guarderebbero americani ammaliati da una Roma felliniana?
Cosa dovremmo farci con questo oltre che sorbircelo da pubblico pecorone? Guardar dietro (tra gli scheletri nell’armadio) per poi poter guardare fuori con lo stesso cinismo dei protagonisti? Rileggere la riforma papafranceschiana attraverso un Papa che fa ridere e piangere? Restare sospesi tra lo sbellicarsi di risa e cadere in ginocchio davanti all’incomparabile genio? Pio XIII, al secolo Lenny Berardo, o Paolo Sorrentino ipse?
Insomma cosa che ne facciamo di questo in un mondo già desacralizzato a sufficienza, e così spesso proprio per mano di coloro che dovrebbero sacralizzarlo? Oppure, lo ripeto, non dobbiamo farcene nulla, e quindi solo godere e stare zitti? Ed ammesso che comunque dobbiamo farcene qualcosa, questo Young Pope amerecano (Sorrentino ipse?) da cosa ci vorrebbe-dovrebbe liberare? Dai pregiudizi bacchettoni del cattolico formalista? Dal cinismo religioso di cui siamo vittime e complici? Da un qualche background teologico-metafisico che ci hanno lasciato studi umanistici ammuffiti e perdutamente italici, e che la ricetta yankee-sorrentiniana (dell’uomo della strada e selfmademan, entrambi puri) manderebbe finalmente in pensione?
O forse di una falsa fede ed esperienza religiosa? E basterebbero forse per questo i quadretti intimistico-mistici (con luci divine pioventi dall’alto) nei quali, insieme al prete santo, il Papa-Fellone si fa finalmente seriamente meditativo? Basterebbe solo questo, in mezzo a tanta cura per l’immagine fine a se stesse e per la satira di sicuro incasso? Suvvia, siamo seri! Perché in mezzo a tutto questo bisogna pure in qualche punto esserlo. E chiediamoci allora se qui, oltre il puro spettacolo, ci sono anche la profondità di pensiero e la sensibilità religiosa che ci dovrebbero essere.
Insomma cosa dovrebbe lasciarci questo film-serie? Oppure davvero non dovrebbe lasciarci nulla, ma solo un estasiarsi pecorone davanti a tanto sfarfallare danzante dionisiaco-shivaico sul cadavere putrefatto e maleodorante della teologia e della religione? “Lei è omosessuale eminenza?” “Si, Santo Padre!”. Dio mio, la ricetta è antica e scontatissima: sana liberazione psicanalitica dalla sovrastruttura religiosa, ed anche sanissimo outing.
Great, very great, Sorrentino.