Notizie dalla 60ma Biennale Musica
Suono e silenzio, l’arte di Sciarrino
Prime esecuzioni mondiali e italiane alla rassegna musicale veneziana. Leone d’oro alla carriera al compositore palermitanto che con la sua dimensione sonora misteriosa e con un linguaggio che esula dai percorsi tradizionali, coinvolge l’ascoltatore “fisiologicamente”…
È l’edizione del Festival, questa in corso fino a domenica 16 ottobre, che può vantare settantadue fra prime esecuzioni mondiali e prime italiane, il numero più alto nella storia della Biennale Musica. Il Festival Internazionale di Musica Contemporanea, prestigiosa e storica rassegna della musica d’oggi, nata negli anni Trenta del Novecento in seno alla Biennale di Venezia, così celebra degnamente la sessantesima edizione, sotto la direzione artistica del compositore Ivan Fedele. Rilevante come sempre la serata inaugurale, per la cerimonia di consegna del Leone d’oro alla carriera, istituita alcuni anni fa. Questa volta l’importante riconoscimento è stato attribuito a Salvatore Sciarrino, nato a Palermo nel 1947, uno dei massimi compositori viventi. Da qualche edizione, al premio maggiore si affianca anche l’assegnazione del Leone d’argento a un giovane musicista, che sia promettente e avviato in carriera: quest’anno, il giapponese Ryo Murakami.
Ovviamente la musica di Salvatore Sciarrino è stata al centro del concerto d’apertura, affidato alla London Sinfonietta, ensemble cameristico che, in quasi cinquant’anni di attività, si è imposto proprio nell’esecuzione ad alto livello della musica contemporanea. Incorniciato all’inizio da un pezzo giovanile del 1968-‘70, … da un Divertimento per dieci strumenti, e in chiusura dal recente (2011) Cantiere del poema, per soprano e dieci strumenti, il programma ha incastonato al centro la prima assoluta di Immagina il deserto per ensemble e soprano, su commissione della Biennale. A fiancheggiare le musiche di Sciarrino, altre pagine per analoga formazione, firmate da due padri nobili del repertorio novecentesco, Ravel e Stravinskij. E occorre sottolineare anzitutto l’impeccabile qualità dell’esecuzione, che sul podio della compagine londinese, insieme alla cantante Anna Radziejewska, ha visto come direttore d’orchestra Marco Angius, particolarmente esperto nella musica contemporanea.
Già dal primo lavoro è affiorata nettamente la profonda libertà di pensiero di Salvatore Sciarrino (nella foto mentre riceve il Leone d’oro), che coinvolge lo spettatore in una dimensione sonora inaudita, misteriosa, grazie a un linguaggio che esula dai percorsi tradizionali, per imporsi direttamente come esperienza d’ascolto. È proprio questo il connotato più tipico della sua creatività: la rappresentazione di un universo sonoro proteso a indagare materiali differenti, ai limiti della percettibilità, in un ambiente microtonale abitato da disegni raffinati ed evanescenti. Le linee sonore, rifinite fino ai minimi dettagli, assecondano questa tendenza alla rarefazione, al disegno minuzioso che accompagna l’ascoltatore a osservare la materia stessa che costituisce il suono. Infatti, un aspetto non secondario nella musica di Sciarrino è il rapporto fra suono e silenzio, in un percorso che risuona anche di ciò che è fuori dall’udibile. Echeggiando gli assiomi dell’antica musica pitagorica, questa libertà da forme e strutture storicizzate, questa indagine sulle minime sfumature vuol condurre a cogliere anche l’ascolto di sé, a indurre nello spettatore la scoperta della propria dimensione fisiologica e organica. Come ha detto in altra occasione il compositore stesso, «… la mia musica ha la caratteristica di implicare l’ascoltatore fisiologicamente».
Questa poetica e questo stile ben distinguono la musica di Sciarrino da quella delle avanguardie che hanno dominato gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. E, d’altra parte, l’intento di sperimentare la pura filigrana dell’espressione musicale non si traduce affatto in povertà o banalità. Anzi, i suoi lavori esigono dagli esecutori uno spiccato virtuosismo, perché soltanto la spinta al possesso di nuove tecniche consente di ricavare dagli strumenti sonorità e disegni innovativi, lungo itinerarî che ne estraggono esiti comunque straordinari. Ecco quindi l’importanza della squisita qualità interpretativa che la lettura e la concertazione di Marco Angius hanno saputo mettere a punto insieme all’eccellenza della London Sinfonietta e del mezzosoprano Anna Radziejewskza. Lo si è colto anche nella prima assoluta di Immagina il deserto: un trasognato fluire di figure dense di suggestioni, e anche di asprezze, frammentarie e rarefatte, quasi una metafora dei tempi che attraversiamo. Prolungati, calorosi applausi hanno coronato l’evento.