Tra Fiere, Saloni e passerelle
Il libro è sottratto
Si annuncia ufficialmente «Tempo di libri», la kermesse libraria che Milano ha soffiato a Torino. Un'operazione targata Mondadori e condotta nel segno dei “danè”. Con tutti i rischi del caso...
Alla fine, ma senza grosse sorprese, ha vinto Milano. La città che viene sbandierata-con pericolosa approssimazione- come la più moderna e glamour d’Italia ospiterà il Salone del Libro. Manifestazione che marcerà senza denari pubblici. La novità è stata battezzata col nome Tempo di libri. Quindi il dado è tratto. Perdonate il gioco di parole: si dovrebbe dire semmai che «il libro è tratto». O meglio: «il libro è sottratto». A chi? A Torino, mestamente abituata a migrazione di gruppi che contano. Esportare anche la proverbiale cortesia sabauda? Ma via! È merce deperibile, come il concetto occidentale di democrazia nei paesi islamici. Di pochi mesi fa la notizia dello spostamento all’estero del cervello finanziario della Fiat, pardon: Fca. Riflettere è parola forse da evitare. È troppo abusata e ormai, come sanno tutti, è diventata sinonimo di rinvio e inazione. Torino, come ha orgogliosamente dichiarato il sindaco Chiara Appendino: «Continuerà a esserci». Parole che richiamano quelle del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Siamo al logos della malinconia. Invece che riflettere, sarebbe meglio accomodarsi su una poltrona ed esercitare facoltà immaginative.
La kermesse libraria meneghina si svolgerà dal 19 al 23 aprile. Dopo soli quattro mesi da quel che riusciranno a mettere in piedi nella città sabauda. E già questo è uno scacco matto. A esultare per la scelta di Milano sono in molti: è Federico Motta, presidente dell’Aie (Associazione Italiana Editori); il sindaco di Milano Giuseppe Sala (eletto il 19 giugno) che ha dichiarato che la città «metterà il tuo tocco magico nel fare le cose per bene»; il governatore lombardo Roberto Maroni, che tiene a precisare che i grandi editori son qui. A questo proposito vale la pena ricordare che esistono i cosiddetti scissionisti: e/o, add, Iperborea, Lindau, Minimum fax, Nottetempo, Nutrimenti, Sur. Dove apriranno le loro “vetrine”? Non si sa, ma è probabile che portino armi e bagagli a Torino, che continuerà a ospitare, a settembre, il Festival Musicale. Attenzione: gli scippatori potrebbero essere già in agguato.
Lo sconfitto per eccellenza è il ministro della Cultura Dario Franceschini, il quale (dobbiamo rendergli merito) si è sempre battuto affermando, nell’altalena degli incontri-proposte , che «l’unico modo per risolvere il dilemma è unire Torino e Milano». Rien à faire, come se i 126 chilometri che separano le due città fossero paragonabili alle miglia tra Barcellona e Hong Kong. È stato zittito da coloro che sostenevano che “Tempo di libri” avrà una «dimensione internazionale» e sarà al passo con i tempi. Il ministro ha visto sgretolarsi la sua funzione di arbitro. Colpa di chi? Diciamolo francamente: dalla stessa squadra calcistico-culturale, che ha come bomber di livello la Mondadori, la Rizzoli, la Einaudi ed altri (frutto della fusione editoriale). Dimensione internazionale, si diceva. Magari Milano si appresta a sostituire o a perfidamente affiancarsi alla Buchmesse di Francoforte? E poi che cosa significa “al passo con i tempi”? I tempi di Milano, ovviamente, capitale (con Parigi) della moda e di altre vanitas commerciali. Milano diventata “glamour”, come dicono in tanti? Certo, la parola inglese significa “di gran fascino”, “di grande eleganza”. Ma nell’inglese antico significa anche “dottrina occulta” (laterale riferimento al “tocco magico” rispolverato dal sindaco Sala?). Il paragone con Roma è diventato sfiancante, basterebbe ricordare ciò che accade giorno e notte a Colle Oppio, a poca distanza dal Colosseo. La tormentata sindaca targata M5S lo sa? E se lo sa, come dovrebbe saperlo, non le basterebbe mandare in loco tre o quattro poliziotti o carabinieri?
In realtà Milano è più pulita ed efficiente. Ma solo nel centro e semicentro. In periferia è disastrosa (in questo comunque non è l’unica metropoli). Basta fare solo un esempio. Si va a Pioltello (vicino Segrate) e si constata un degrado che fa inorridire: scippi, accoltellamenti, gang in rivalità violente, orari dei bus problematici, e tutto questo dentro un clima di paura. Rho, sede di “Tempo di Libri” è forse la California italiana? Non scherziamo. Giorni fa la conduttrice di Tagadà (la7), la brava Tiziana Panella, ha mostrato un breve video-confronto tra Milano e Roma. Risultato: Milano uber alles. Non vorrei che l’ex città spagnola-austriaca (secoli di dominazione: solo gli spagnoli l’hanno occupata per 190 anni) rischiasse di diventare, grazie alla televisione, l’Albania degli anni Novanta. Barconi pieni di disperati alla volta della più vicina “America”. Curiosità: oggi sono gli italiani a trovare lavoro e accoglienza (e svelta burocrazia) oltre l’Adriatico.
Torniamo al Salone del Libro. Quello di Torino, hanno detto, “è caduto in disgrazia”. Effettivamente ci sono stati alcuni odiosi pasticci. In luglio ci sono stati quattro arresti “in relazione alla gara di gestione del Salone”. Federico Motta ha poi ricordato che l’edizione libraria torinese nel 2014 ha subito una perdita di 489 milioni di euro. Si è proposto di “acquistare” la kermesse sabauda. Niente da fare. L’Aie ha oltretutto ritenuto troppo alto il costo per l’affitto del Lingotto (quartiere storicamente targato Fiat, sede del Salone): 600 mila euro. I “danè” (termine lombardo per indicare i soldi) sono sempre i centravanti che mandano la palla in rete. Per evitare il rischio che qualcuno evochi la centralizzazione meneghina, i neo-dirigenti di “Tempo di Libri”, hanno promesso manifestazioni culturali correlate in altre città italiane. Va benissimo. Comunque il guinzaglio lo tiene sempre stretto Milano. I resto è colonia. Siamo “al passo con i tempi”. O no?