Ricordo a pochi giorni dalla scomparsa
Memoria di Labranca
Scambiato per un "pulp", Tommaso Labranca in realtà è stato un intellettuale e scrittore raffinatissimo che ha saputo mettere assieme Adorno e Orietta Berti. Adeguando la critica alta alla cultura pop
Tornando dall’estero ho appreso in ritardo, e con grande tristezza, della morte di Tommaso Labranca. Provo a ricordarlo, in un breve ritratto (riutilizzando alcuni spezzoni di recensioni) , anche perché ci siamo incontrati qualche anno fa, nel luglio del 2012, in un festival letterario a Cisterna di Latina, “Culture pop” (una location che avrebbe potuto inventare solo lui), dove mi aveva – sorprendentemente – invitato a presentare il suo ultimo romanzo. Ci eravamo infatti conosciuti a metà degli anni ’90 e avevo polemizzato con lui, in un paio di convegni. Ma in quell’occasione volle esordire così (spero ci siano almeno testimoni oculari!): «Ho invitato Filippo La Porta a presentarmi, dopo che oltre 10 anni fa ci siamo scontrati su varie questioni perché ho capito una cosa: allora un certo gruppo intellettuale, che mi aveva sponsorizzato – tra Stile Libero Einaudi e resti della neoavanguardia, dal quale mi sono distaccato del tutto – quasi mi obbligò conformisticamente a quelle polemiche, ma devo riconoscere oggi che avevo torto…». Ho ricordato l’episodio non (o non solo) per narcisismo personale (del resto potrei a mia volta riconoscere che in tante polemiche culturali ho avuto torto marcio…) ma perché dimostra la estrema, anarchica indipendenza intellettuale di Labranca. Ma chi era Tommaso Labranca?
Negli anni ’90 qualcuno lo scambiò per un ilare filosofo del trash, per il rutilante portavoce degli scrittori pulp (i Tiziano Scarpa e Aldo Nove…). Ma già allora si capiva che dietro la gestualità dadaista, e dietro quell’aspetto un po’ smarrito da seminarista brianzolo, c’era lo sguardo di un moralista pensoso e di un erede “perverso” – deviato – della Scuola di Francoforte (provatevi a mettere insieme Adorno e Orietta Berti!). In Andy Warhol era un coatto reinventò la categoria stessa di trash, emulazione fallita di un modello alto. Nel successivo Chaltron Hescon decostruiva le cosiddette “iperconvinzioni”, dogmi del pensiero unico. Con Haiducii (Excelsior), uscito nel 2012 e che a Cisterna presentai, ha scritto un conte philosophique ai tempi dell’outlet, una favola neorealista frantumata su diversi piani temporali, un finto feuilleton che si svela via via come saggio acuminato di critica della società. La famiglia dei Petrescu, immigrata in Brianza perché attratta dallo scintillio dei consumi, è seguita nella sua drammatica vicenda con attenzione minuziosa e pietas. La smania di acquisto li porterà a indebitarsi con una finanziaria e ad andare in rovina. A tratti Labranca mi appare come una versione ruvidamente pop di Walter Siti. Ad esempio «Casa Petrescu è iperoccidentale perché è stipata di oggetti e ha dosi superiori di polvere dietro e di sopra quegli oggetti…».
Labranca ha scelto un genere misto e una lingua molto comunicativa, provvisoria, vicina al cabaret e a “Zelig”, con l’iperbole fantozziana e l’humour raggelante di Luttazzi. Innova le similitudini; al posto di «silenziosa come un gatto» dice «silenziosa come una jena»… Quando entra nella sede di Mtv gli scende «uno strato di polvere sul cuore». Irresistibile la scena in cui i Petrescu fanno colazione, persuasi di imitare la famiglia del Mulino Bianco, ma tutto era sette gradi sotto quello spot: i biscotti erano puro grasso idrogenato, la tovaglia chiazzata… Il punto di vista è di chi sceglie di stare in basso, di vedere il mondo dal basso (al di fuori di qualsiasi ideologia), di chi odia non tanto chi sta in alto quanto chi non ti dice mai dove sta, e magari si finge straccione soltanto per snobismo. In Haiducii l’io narrante è aristocratico e populista: ama l’Ikea, la grande distribuzione(dove si resta anonimi fruitori), si schiera con i diseredati e fa scherzi atroci alla perfida (e razzista) padrona di casa dei rumeni…Non sopporta l’attrice teatrale icona della sinistra frou frou che, sprofondata in una poltrona liberty, parla del decennio vacuo degli ’80 e invita a “resistere”. Né l’“autorino” di programmi TV che usa una terminologia pseudotecnica d studente fallito di scienze della comunicazione. Né la scrittrice Isabella Santacroce, fautrice di sesso estremo e scandalizzata (conformisticamente) dalla casa troppo ordinata di lui! Ospite da Fazio dichiarò che oggi non ci sono più novità ma solo “innovazioni” Cioè: non succede niente di radicalmente nuovo, solo restyling di cose già esistenti. Così in letteratura, dove però le variazioni e le ibridazioni, proprio come quel libro, rinviano al ‘700 sperimentale più che alle avanguardie novecentesche, e sembrano più vive di tanti romanzi convenzionali.
Che peccato che la morte, “silenziosa come una jena”, se lo sia preso così presto.