Every beat of my heart, la poesia
Dal cigno al pavone
Discendono da Baudelaire, dalla tradizione poetica fondata sul rapporto tra l’uomo e gli uccelli, i versi di Rosita Copioli (oggi a “Pordenonelegge”) tratti dalla sua nuova raccolta: un vertice della sua poesia
Un pavone, uccello semidivino ancor più che nobile, simbolo di bellezza e mistero, non più nei giardini d’Asia, raffigurazioni del Paradiso, o in quelli di Roma capitale di un impero che attinge ovunque, ai Greci come all’Oriente, traducendo, e portando ogni eccelsa realtà esotica nel suo cuore pulsante di capitale del mondo. Un pavone in un’aia, tra galline, ora nel tempo del degrado, della corrosione del sacro.
I lettori conoscono il prototipo di questa impeccabile poesia di Rosita Copioli, Pavone nell’aia, tratta dal suo libro appena uscito nello Specchio di Mondadori, Le acque della mente. Il prototipo è il cigno di Baudelaire, uno dei capolavori del sommo poeta: un cigno esiliato dai laghi trasparenti e dai cieli, fuggito da un serraglio di Parigi, caracollante nella strada polverosa della città sconnessa e caotica. Un esule. Questo pavone discende da lui, il poeta Copioli riesce a farlo brillare nella luce del suo piumaggio nello starnazzare di un’aia. Una poesia ferrea, con un’asciuttezza non asciutta, liricamente calda, ardore di ceneri sopite e mai spente, fiato sospeso e sangue pulsante, alla Heaney. Prototipo qui il cigno di Baudelaire, e poi il suo albatro, signore glorioso quando vola nei cielo, goffo e deriso dalla ciurma quando cammina malamente sulla tolda. La stessa situazione di esilio, prigionia, umiliazione del volo.
Esiste una tradizione poetica fondata sul rapporto tra l’uomo e gli uccelli: dall’Alcione di Ovido all’albatro di Coleridge, all’allodola di Shelley, l’usignolo di Keats, l’uccello-mimo di Whitman. Ne sono un continuatore, con attualmente due libri di poesia e uno in prosa sugli uccelli, ritenendo un libro sugli uccelli, da parte di un poeta, una categoria di declinazione dell’anima. Questo pavone di Rosita Copioli, che troneggia nel suo umiliato splendore in un pollaio, è uno dei momenti esemplari della poesia sui volatili e sulla sua anima agonisticamente lottante contro la disanimante desacralizzazione del mondo. Di cui è esempio il destino dell’uccello un tempo troneggiante nel Paradiso, ripreso infinite volte nei tappeti persiani, con la sua coda che levandosi a ruota crea il cerchio magico dell’universo, multicolore, cangiante, pieno di mistero vivido e scintillante.
Ora ancora salvo nella sacralità, salvato dall’occhio del poeta che ne fissa, nel degrado, la nobile, aerea, ascetica sospensione: «Perenne sospeso», comunque, pur se «tra i chioccianti». Una gemma del libro ora in uscita di Rosita Copioli. Uno dei nostri poeti di rilievo (oltre che importante critico-narrante), qui, a mio parere, in questo volume Le acque della memoria, ai suoi vertici.
Pavone nell’aia
I pavoni non abitano più
i giardini di Asia e di Roma.
Ne ho trovato uno nell’aia di campagna
tra i polli e i cani alla catena.
Nel fango, a beccare come tutti
la miseria.
Ma lui, confinato, ristretto,
sventaglia la ruota regale di Era.
Non si sa come possa muoversi
in quello spazio azzerato.
Come un ballo su una mattonella, o meglio
un piedistallo.
Ora si presenta di fronte
con il collo azzurro mare alto
e il verde rame della coda immensa.
Ora si volta, diversissimo,
con il piumato ricco del corpo gonfio
sotto la ruota di filigrana.
È un tuffo al cuore, il sole che batte
sull’iride vasta densa
ma più ancora la musica che viene
dal suo segreto, che passa a noi silente
in quel voltarsi
ritmo stupore
tempo e senza tempo.
Perenne sospeso tra i chioccianti.
Rosita Copioli
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