Cartolina dalla Spagna
Miraggio andaluso
Fondata dai Fenici, è stata abitata e vissuta da Romani, Vandali, Bizantini, Visigoti e infine dagli Arabi: Cadice, una mano protesa nel mare, è un'illusione che si perde nell'Atlantico
«Scesi sotto coperta per pigliare il cannocchiale; quando salii vidi Cadice. La prima impressione che mi fece fu di mettermi in dubbio se fosse o non fosse una città; poi risi; poi mi voltai verso i miei compagni di viaggio coll’aria di chi domanda che lo rassicurino che non s’è ingannato. Cadice sembra un’isola di gesso. É una gran macchia bianca in mezzo al mare senza una sfumatura oscura, senza un punto nero, senza un’ombra; una macchia bianca tersa e purissima come una collina coperta di neve intatta che spicchi sur un cielo color di berillo e di turchina in mezzo a una vasta pianura allagata. Una lunga e sottilissima striscia di terra l’unisce al continente; da tutte le altre parti è bagnata dal mare, come un bastimento sul punto di far vela, non trattenuto più alla riva che da una catena».
Così Edmondo de Amicis descrive Cadice, e tutt’ora, per il turista che arriva dal mare, la città sembra un miraggio, un’illusione ottica. Già all’orizzonte, si erge come un affascinante visione di sogno, ricorda una città fantasma, un’ancora tutta bianca che galleggia in mezzo al mare, sotto l’azzurro vivo del cielo e l’oro lucente del sole. A largo, l’isola appare candida e idilliaca, con la cattedrale, maestosa, che domina tutta la città. Un abbaglio.
Per chi la conosce poco, Cadice sembra un’anonima e marginale cittadina dell’estremo Sud spagnolo. In realtà possiede tanta unicità ed esclusività da far invidia ai più grandi centri nevralgici della penisola. La prima delle sue particolarità è la posizione: la città si sviluppa in quello che, geograficamente, viene chiamato tombolo, un particolare tipo di spiaggia che in genere assume la forma di una lingua di sabbia che congiunge un’isola con la terraferma. Questa ubicazione singolare, per alcuni anni, ha reso Cadice la capitale della Spagna, infatti durante la conquista francese, fu l’unica città che non venne raggiunta dall’esercizio straniero e, per questa ragione, qui venne stipulata la prima Costituzione spagnola, nel 1812. Oltretutto Cadice si colloca nel punto più estremo dell’Europa e quindi per molto tempo definì il limite ultimo del mondo conosciuto.
Da qui salparono Cristoforo Colombo in occasione della seconda e della quarta spedizione verso le Indie e Amerigo Vespucci nel 1497, per il suo primo viaggio nel Nuovo Mondo. Nel diciottesimo secolo divenne terra di illustri personaggi e viaggiatori tra cui Lord Byron, Francisco de Goya o Alexandre Dumas; fu la patria delle tertulias ovvero delle riunioni informali tra persone di un certo livello, dei caffè letterari, del Teatro e del Flamenco. Nell’Ottocento divenne una delle città europee più importanti dal punto di vista politico-culturale, commerciale ed artistico.
Cadice (Cádiz in spagnolo) è, inoltre, la città più antica d’Europa, fondata dai Fenici intorno al 1100 a.C., e l’abitato porta i segni delle varie dominazioni che si sono succedute nella sua storia, dai Romani, ai Vandali, ai Bizantini, ai Visigoti ed infine agli Arabi sotto il cui dominio rimane fino al 1262, anno in cui venne riconquistata da Alfonso X il Saggio, re cristiano di Castiglia.
Il centro storico si estende sull’oceano per circa nove chilometri quadrati e presenta una pianta piuttosto regolare, con vie rettilinee anche se generalmente non molto larghe. Un “deficit”, quello dello spazio limitato, che ha determinato uno sviluppo urbanistico della città in verticale, abbastanza insolito nella regione dell’Andalusia. Una delle bellezze della città è rappresentata infatti dalle innumerevoli torri e torrette dalle linee arabeggianti, dislocate per il centro, costruite in epoca mercantile per controllare i traffici marittimi. La più alta è la Torre Tavira, da cui si gode di un panorama incantato, assolutamente da visitare!
Nel suo ridotto perimetro, Cadice ha conservato il suo aspetto caratteristico, con le deliziose case bianche ognuna con il suo bel patio e, di regola, a non più di tre piani, con terrazze e bovindi affacciati su strade ben lastricate, con marciapiedi a mattonelle, come d’abitudine nel Sud della Spagna.
Le sue lunghe spiagge, la luce del suo cielo e i tramonti che si godono dalla Playa de la Caleta, il Castillo di Santa Catalina all’estremità ovest della città, le tabernas e la sua Cava Flamenca, l’odore di pesce fritto tra le viuzze dei suoi barrios (quartieri) tipici, il Castillo de San Sebastián, una fortezza nell’oceano collegata a Cadice solamente da un ponte-passeggiata, la musica flamenca ad ogni angolo, i canti e balli nelle piazze: tutto fa di Cadice un luogo ameno, unico, bellissimo; uno di quei posti che ti lascia senza fiato e che ti riempie il cuore.
Cadice, la “ciudad que sonríe”, il punto più estremo della Spagna e dell’Europa e che si trova a soli quattordici chilometri dall’Africa, è un luogo dove sembra che il tempo si sia fermato. Ma forse è la sua insularità a tenerla al riparo dal mondo, delimitata dalle colonne d’Ercole e spazzata dai venti dell’Atlantico.