Fa male lo sport
I Giochi sporchi
Dopo gli Europei più modesti della storia, arrivano le olimpiadi più “dopate“ dell'era moderna. Lo sport è questo: contraffazione continua. Sopraffazione del più forte e del più ricco con ogni mezzo. L’innocenza è perduta
Che cosa manca ancora allo sport moderno per essere considerato una sorta di Impero del Male? E perché mai questa branca della vita, dovrebbe essere differente da un mondo che ha perso ogni regola e ogni morale?
La Russia manipola i suoi atleti, li rimpinza di medicine senza dargli nemmeno un bugiardino di spiegazioni. I vertici del calcio hanno preso vagonate di bustarelle in dollari per favorire un paese piuttosto che un altro. I parrucconi del Cio, il Comitato olimpico internazionale, quello che prende tempo sulla espulsione o meno dei russi dai Giochi di Rio de Janeiro, sono tra le persone più “oleate” a suon di quattrini e benefit. E una sorta di Cupola delle scommesse condiziona spesso i risultati, il match, la giocata, i campionati: dal tennis al calcio. E via via fino alle star dello sport più conosciuto, il pallone, quelle che vanno dove fiutano l’odore dei soldi, non c’è maglia, affetto popolare, emozioni che tengano. Contano i procuratori, i nuovi boss, quelli che impongono scelte a seconda delle percentuali che si mettono in saccoccia. E non ci sono regole, norme e codici che possono fermare tutto questo. Sceicchi e cinesi fanno il resto. È lo sport business, bellezza. Di che cosa meravigliarsi e stupirsi ancora?
Benvenuti a Gotham City Sport, una città delle tenebre, che non risparmia nulla e nessuno, che emana un fetore corruttivo inarrestabile. Non ci sono ditte specializzate in questo tipo di bonifica.
Scusate se faccio una specie di ’mmescafrancesca, cioè un miscuglio, di fatti e personaggi, grandi e piccoli per dimostrare lo stato dell’arte. Ma tutto si tiene. È la morte della passione e dell’onestà, anche qui. Non si vuole essere nichilisti ad ogni costo. Parlare sempre male di qualsiasi cosa. I fatti sono sotto gli occhi di tutti e la realtà supera spesso la fantasia. Come sempre.
Prendiamo il caso di Alex Schwarzer, inchiodato da un nuovo caso di doping. Si stenta a credere che non sia tutta una vendetta dei padroni dell’atletica contro un omino piccolo e solo, Sandro Donati, che il doping l’ha sempre combattuto, seriamente, fino a farne una ragione di vita. Donati si è messo ad allenare il marciatore altoatesino, che certo non è uno stinco di santo e che si è abbuffato di medicine. Donati voleva dimostrare che si può vincere anche senza sostanze proibite. Che succede invece? Accade che il marciatore viene trovato, a distanza di mesi, nuovamente positivo con una procedura molto anomala, sospetta. Donati lo ha detto ad alta voce: è una vendetta contro di me, colpiscono lui, cioè Alex, per colpire me, poiché io li ho svergognati, denunciati, individuati. La mafia del doping si vendica e lo minaccia. E la mafia del doping può stare anche dentro le federazioni sportive internazionali.
Adesso, scoppia il caso Russia a poche settimane dalle Olimpiadi brasiliane. Si parla di nuova guerra fredda. In America c’è un signore, l’ex capo dell’antidoping russo, che ha vuotato il sacco, dopo aver visto morire in maniera “strana” gente che lavorava un tempo con lui. E sta raccontando come i servizi segreti di Putin provvedessero ad alterare i risultati dei Giochi di Sochi. Non solo l’atletica leggera, ma tutto lo sport russo.
Putin, come altri uomini forti di ogni democrazia e di ogni regime, ha individuato nello sport una delle risorse dell’orgoglio nazionale. È riuscito in questa campagna di immagine e grandeur a farsi dare da quell’onesto uomo di Blatter i Mondiali di calcio del 2018, i prossimi. L’Unione Sovietica praticava il doping di Stato in maniera rozza e brutale. Questi qui, i nuovi zar, si muovono su piani sofisticatissimi, scientifici, quasi impalpabili. Ma la sostanza non cambia.
E gli altri? Vogliamo parlare di certi atleti cinesi? Oppure di quelli che stanno ad Occidente? Da che cosa cominciamo? Dalle nuvole che stazionano pesanti sull’uomo più veloce del mondo, Usain Bolt, dai giamaicani che gli stanno attorno, colti a migliorare in modo scorretto le loro performance di fenomeni? Vogliamo esprimere ancora i grandi dubbi che vengono, o venivano, guardando certi exploit dello sport spagnolo? Vogliamo ricordare Lance Armstrong, costretto alla fine ad ammettere, di aver vinto tutti quei Tour perché era in pratica una farmacia ambulante? E quanto sarebbe durato il silenzio del texano se, come nei casi della grande malavita, non ci fosse stato un pentito a parlare? Vogliamo usare la parola omertà come si adopera per spiegare certi fenomeni criminali, per dire di come, spesso, tutto l’ambiente copre medici, atleti e allenatori?
La credibilità, dunque, sta a zero. Eppure questa macchina infernale non si può più fermare. è un meccanismo che travolge anche chi, pochi, pochissimi, combattono e gareggiano con armi leali, si affidano solo alle proprie forze e alla fatica. Sono loro le prime vittime. Subito dopo c’è chi ha creduto che il mondo sportivo fosse una specie di Iperuranio, un mondo a sé, immune dalle miserie del mondo. Non è il caso di tornare a De Coubertin e quella favoletta edulcorata e insopportabile dell’importante è partecipare. Non è così, amici. Lo sport è questo: contraffazione continua. Sopraffazione del più forte e del più ricco con ogni mezzo. L’innocenza è perduta. Persino quando si racconta un campionato europeo di calcio, tra i più brutti della storia, esaltandolo come una grande manifestazione, si bara. Ma qui gli atleti non hanno colpe. Ad esempio, quando dai giornali o dagli studi tv si va solleticando la peggiore retorica e tutti i luoghi comuni, sfruculiando l’orgoglio nazionale a furia di hastag tipo #mettiamolatutti. Sono altre le maglie che noi italiani dovremmo indossare.
Ricordatevi, allora, di qualche imbroglio e di chissà quali trucchi e preparati chimici potrebbero celarsi dietro ogni gesto quando tra poco, mettendovi in poltrona e sintonizzandovi con il Brasile, strabuzzerete gli occhi vedendo l’impresa di quel canoista o la bracciata di quel nuotatore, ammirando i muscoli dell’atleta dei lanci e l’abilità del tiratore, i sorrisetti un po’ tonti delle ragazzine che escono dalle acque. Lo sport è falso. Lo è sempre stato, oggi lo è ancora di più. Continua il grande inganno. La ruota andrebbe fermata. Bisognerebbe azzerare ogni cosa e ricominciare. Ma questo non può più accadere, andrebbe capovolto il mondo.
Nelle immagini: Rio de Janeiro verso le Olimpiadi