Lidia Lombardi
La Domenica: itinerari per un giorno di festa

Testaccio com’era

Visite guidate per grandi e piccini al “museo diffuso” del quartiere romano che fu il centro economico dell’Urbs. Dal II secolo avanti Cristo al VII dopo Cristo, una quantità di reperti testimoniano i momenti delle diverse fasi di produzione e la vita della plebe

I bambini con l’elmetto giallo in testa, protezione obbligata in un cantiere, fanno ohoo di meraviglia. In un ambiente scuro ma squarciato a tratti dalla luce di faretti si presenta ai loro occhi una scena mai vista: anfore panciute, affiancate e ritte come soldatini, creano un muro, definiscono quadrilateri, si intersecano a recinzioni in opus reticulatum. E ovunque cocci, qua un pezzo concavo, là l’imbocco di un recipiente, più lontano il frammento di una grande tazza. Un mondo a parte, raggiunto scendendo tre rampe di scale – mano nella mano alle mamme e ai papà – dal mercato rionale dove seguono nella spesa i loro genitori. Il mondo “sottosopra”, come la Soprintendenza Archeologica di Roma chiama il ciclo di laboratori ludici e di visite guidate per grandi e piccoli negli scavi a Testaccio, dove tra il 2005 e il 2009, durante la costruzione del nuovo mercato rionale, sono emersi sei metri sotto il livello stradale resti che testimoniano la vita del quartiere nella prima età imperiale (I secolo dopo Cristo), in quella medio imperiale e via via nei secoli fino a oggi.

TestaccioUn quadrilatero di un ettaro circa restituisce dunque la stratigrafia del sito: nel primo sottosuolo edifici di edilizia popolare moderna, i “villinetti” degli anni Venti del ‘900 e demoliti negli anni Sessanta, lasciando però a Pasolini il tempo di ambientarvi le sequenze finali del suo Accattone; poi reperti rinascimentali, un casale, solchi paralleli nel vicolo della Serpe, perfino una grande quantità di ossa di tacchino, appena importato dalle Americhe per il Papa Re, rivelano che qui c’erano vigne, orti, frutteti; ancora indietro nel tempo labili tracce del Medievo parlano di un luogo in decadenza rispetto a quanto ritrovato più in basso: un horreum di età adrianea, un magazzino destinato a conservare nei vari ambienti rettangolari attorno a un porticato olio, vino, salsa di pesce venuti dall’Oriente o dalla Spagna. Infine, e siamo al primo secolo, un deposito di anfore, appunto infilate nel pavimento con il terminale a punta, come avveniva nelle stive nelle navi per non guastarne la stabilità, impilate l’una sull’altra, saldate con argille e limo.

Racconta ai piccoli e grandi visitatori Renato Sebastiani, responsabile della Soprintendenza per il rione Testaccio: «In questi recinti veniva rovesciato il materiale di riuso scaricato dalle navi che arrivavano da Ostia e da Fiumicino dopo tre giorni di navigazione sul Tevere. Il porto fluviale possedeva banchine estese per chilometri e se tenete conto che una nave media conteneva tremila anfore e che l’attività mercantile è durata qui per sette secoli, dal secondo avanti Cristo al settimo dopo Cristo, immaginerete quanti residui siano sotterrati. Dopo lo scarico delle anfore, l’immagazzinamento e il trasferimento del contenuto in recipienti da smercio, tutto veniva riutilizzato: dai frammenti delle anfore si ricavavano malte, con quelle intatti si costruivano muri. Quanto invece non poteva essere convertito perché sporco, per esempio di olio, veniva accatastato, formando nei secoli quello che ora chiamiamo Monte dei Cocci».

Spiega ancora, l’archeologo, la particolarità del luogo: «Non è la Roma delle dimore imperiali, dei resti monumentali, dei luoghi di potere o di culto. Qui siamo negli spazi frequentati dalla plebe e insieme nel cuore economico dell’Urbs, nel terminale del ciclo economico. Ogni anfora parla delle fasi di produzione: i bolli impressi nell’argilla sono documenti di tracciabilità, recano il peso netto e quello lordo, la data di riempimento, il committente, il fabbricante,la provenienza. Insomma, questo è anche un archivio di storia del commercio nell’antica Roma».

Testaccio 2La comprensione del territorio non si limita alla zona del mercato: il percorso si snoda nelle vie del rione, a creare un “museo diffuso” nel quale tabelle in venti postazioni sono altrettanti punti narranti. Insieme a una app per accedere alla relativa pagina della Sovrintendenza, permettono agli abitanti e ai turisti di rapportare passato a presente, dal Monte Testaccio al cimitero acattolico, dalla Piramide Cestia a via del Porto fluviale, dall’ex Mattatoio all’adiacente Nuovo Mercato di via Manuzio. «È aumentato l’interesse da parte dei residenti, con un cambio di target, meno popolare e più coinvolgibile. E vengono molti turisti, nordeuropei, statunitensi, orientali, poiché la zona è piena di bed and breakfast più economici rispetto al Centro».

Ma come si svolge il laboratorio didattico per i piccoli? Grazie a una convenzione con gli animatori di “Explora”, il Museo dei Bambini di Roma, gruppi tra i quattro e i dieci anni vengono guidati in un percorso di learning by doing. Si comincia con gli attrezzi dell’archeologo, e dunque si spiega che cosa fa. Si prosegue camminando su una sorta di ponticello sotto il quale è rappresentata grazie a un schermo l’acqua del Tevere, poi ecco l’horreum e le anfore, con le diverse forme a seconda della materia prima trasportata. Ecco una grande mappa che reca le rotte del Mediterraneo e dell’Asia, ecco in poster come sono fatte le navi e quale tessuto si utilizza per le vele, paragonando cotone, canapa e seta. Tito Livio emette un fumetto che introduce al concetto di storia, del tempo che passa e in un’ampolla i bambini inseriscono strati di sale diversamente colorato a seconda dell’epoca alla quale ci si riferisce. Infine la discesa all’horreum e agli scavi, che crea un eccitato interesse. Ai laboratori ci si prenota contattando ss-col.museotestaccio@beniculturali.it

Facebooktwitterlinkedin