Every beat of my heart, la poesia
Il Principe e un addio
Trovatore dell’età del rock, Claudio Pozzani danza sulla pagina, la fa tornare viva, frusciante. Anche se racconta di un amore e di un congedo straziante, i suoi versi non rinunciano mai alla vita
È il Principe Azzurro italiano della Poesia. La ama tutta, ha fatto di Genova, con i suoi Festival, la capitale mondiale della poesia. In un bailamme veramente genovese, in cui si accalcano canti, tamburiate, nacchere, percussioni, musiche, balli, film, filmati, luci, pozzanate, azioni sceniche, troneggia la poesia. A Genova, Pozzani, che non è certo un viziato riccone, ma un appassionato e disinteressato viaggiatore nel tempo, nei paesi, e nei luoghi della poesia, e deve far fronte ai tagli continui e tremendi alla cultura, ha portato e porta il meglio, in mezzo a tanto felice e quasi sempre creante casino. Walcott, Soyinka, Pozzani va a cena con i Nobel della letteratura come Briatore con le top model. Abbiamo anche un’altra Italia, quella di Colombo, Mazzini, Pozzani, genovesi.
I grandi scrittori amano tornare a Genova (una delle città più belle mai esistite, negletta dagli italiani, amata solo dai pazzi e dai poeti come Campana, Caproni, Valery, il sottoscritto) per leggere a Palazzo Ducale e pranzare o cenare con Pozzani. Memorabile il pranzo che Alvaro Mutis, il magico scrittore figlio di ambasciatore, volle ripetuto per sé e signora, e il fortunato sottoscritto, a casa dei genitori di Pozzani.
Ho scritto, quando compì cinquant’anni, «Claudio Pozzani da oggi sarà un cinquantenne ma resta quello che è: un bel ragazzo. Che ama la poesia, l’avventura, la vita. Che vive la vita e fa vita. Se avessimo uno come lui ministro della Cultura avremmo qualche casino (qualche data spostata o ripristinata, etc), ma avremmo la Cultura. Disinteressata, giovanile, sorgente, piena di movimento, curiosità, passion». Come scrivevo e ora ribadisco, Pozzani è poeta. L’ho incluso in una mia antologia di poesia e teatro, Bona vox, che fa suonare tra poesia e teatro voci nuove e innovative, Bortolussi, Rafanelli, Morasso, Pagni, la poesia torna in scena.
Pozzani danza sulla pagina con il ritmo della sua voce da poeta blues, canta narrando, sincopando, altro che rapper, è un trovatore dell’età del rock. Incontenibile sulla scena, la sua poesia vive anche, in pieno, sulla pagina, la fa muovere, la fa tornare viva, frusciante. Come in questa bellissima lirica di congedo a un amore, straziante ma vivente, sempre. Il Principe Azzurro della poesia sa dire addio. Mai si rassegna a dire no alla vita.
Breaking News
È una frullata di muri acciaio e cristallo
ciò che bevono i miei occhi
Nell’aria ballano ancora
vibrazioni oblique
e vespe cattive
che vane cercano l’Itaca al loro volo
e stanche si lasciano cadere
tra i roveti neri
Tu sei nel tuo soggiorno di mogano chiaro
sette fusi lontana
sorseggiando Verlaine e vino rosso
ma quaggiù
amore mio
è una flora rugginosa
di tondini fuori dal cemento
come bucaneve d’inferno
Non accendere la Tv,
non infliggere alla quieta stanza
le grida azzurrine
che spaccherebbero il tuo sorriso
che aprirebbero di colpo la tua mano
facendo cadere il bicchiere
riproponendo sul tuo tappeto
ciò che ho in mezzo al mio petto squarciato
Non accendere la Tv,
non sai ancora nulla della polvere
che è nuvola che non si piove,
nulla delle grida
che serrano come cappi
cuori orecchie e sguardi,
nulla di bambole
che guardano fisse
armadi sfondati
e incesti improvvisi tra pavimenti e soffitti
Non accendere la Tv,
non voglio che i singhiozzi di violini
sappiano di sangue e macerie,
che il tuo vino si confonda
con le campane cadute
Me ne sto andando
sul tappeto volante
di una barella scomoda
tra cinghie che mi stringono
e cielo che mi sfiora
Una corolla mi abbraccia
di caotico silenzio,
mani che spingono la lettiga
che sovrappongo a quelle decise
di mia madre al supermarket
mani con flebo
che diventano di mio nonno
che travasava vino nel casolare di pietra
Vedo nella pioggia di sguardi su di me
che il mio tempo sta per mettere punto
sarò solo benzina sprecata a sirene spiegate
una fenditura superflua nel muro di folla
Non accendere la Tv,
amore mio
finisci quel calice per me
per quel brindisi che domattina
saprai diventato per sempre impossibile,
leggimi di Verlaine una poesia qualsiasi
oppure quella contro la Natura ostile e cattiva
Pensavo di vivere abbastanza
per farti felice
È bastato appena un brivido di terra
per scardinarmi il fiato.
Quanto futuro sprecato.
Claudio Pozzani
Giornate dense di incontri ed eventi al 22° Festival Internazionale di Poesia “Parole spalancate 2016”, in corso a Genova fino al 19 giugno. Una rassegna iniziata nel 1995 con un format esemplare e felicemente esportato in vari paesi del mondo. Un carnet fitto di appuntamenti disseminati in tutta la città tra cinema, musica, azioni sceniche, balli e molta poesia. Info: www.festivalpoesia.org