Every beat of my heart, la poesia
Il poema della terra
Un’anticipazione da una nuova edizione Garzanti, scelta e tradotta da Roberto Mussapi, di “Foglie d’erba” di Walt Whitman, «poeta del Corpo e dell’Anima» che come il daimon di Platone mette in relazione il mondo delle idee con la realtà
«Io sono il poeta del Corpo e dell’Anima, / in me le delizie del cielo e le pene dell’inferno, / le prime innesto in me e amplifico, le altre traduco in una lingua nuova».
Poeta del corpo come dell’anima, ha conosciuto la morte, vive la propria e l’altrui nascita, e nello stesso tempo appartiene a un ordine universale regolato dall’anima: lui, Walt Whitman, il poeta, si presenta come l’enigmatico perché indefinibile daimon di Platone, che mette in relazione il mondo delle idee con la realtà terrena. Quel daimon che solo Platone definisce nella sua inafferrabilità in quanto assoluto, non le sue molte filiazioni, o meglio parentele: Hermes, il messaggero degli dei nel Pantheon greco, Anubi, dal compito ristretto ma essenziale di traghettatore di anime del mondo egizio… E poi la folla di figure medianiche, dagli angeli alle fate, creature non terrene: filiazioni, o parenti di quel misterioso demone innominato poiché innominabile dallo scrittore di miti che pure aveva esiliato dalla polis i poeti, poiché quell’essere medianico, quel tramite, nel mondo terreno, è lui, l’esiliato dalla Repubblica, il poeta.
Un medium che ha qualcosa in comune con lo sciamano, la cui realtà Whitman comprende propria: lo sciamano, che aleggia nello spirito dei nativi, nell’aura dei nomi delle loro persone e dei fiumi e dei villaggi che saranno città, è colui che, in forma umana (è uno come noi, che beve e sanguina), mette in comunicazione i due regni.
Lo insegna un suo maestro, in questi versi: la pioggia. Nelle sue gocce, nel suo rumore eternante e fluente, la pioggia è medium tra cielo e terra, tra l’origine, il mondo delle acque e il mistero ultimo, l’abisso di Oceano. Intanto lei scorre, ci bagna, ci parla.
La voce della pioggia
E chi sei tu? chiesi alla pioggia che dolcemente scendeva,
e che, strano a dirsi, mi rispose, come traduco:
sono il poema della terra, disse la voce,
sorgo impalpabile eterna dalla terra e dal fondo del mare,
su verso il cielo, dove in forma indistinta, tutta mutata
ma la stessa
scendo a bagnare i luoghi secchi, gli scheletri, gli strati
polverosi del globo,
e quanto in loro senza di me germinerebbe latente e non nato.
E sempre, giorno e notte, restituiscono la vita alla mia origine,
la rendo pura e l’abbellisco
(Perché il canto che sorge dal suo luogo natale, dopo il compimento, l’errare,
udito o inascoltato torna debitamente, con amore).
Walt Whitman
(Traduzione di Roberto Mussapi, da Walt Whitman, Foglie d’erba, scelta, traduzione e cura di Roberto Mussapi, Garzanti, 2016)