Al Linea d'Ombra Festival di Salerno
Ferrara e Padre Pio
Abel Ferrara presenta un film visionario sul santo delle stigmate: «Ho lavorato molto su me stesso. La spiritualità esiste in tutte le religioni, è la spinta ad abbandonare la materialità, è libertà e compassione, è abbracciare l'altro»
Sorridente, disteso, disponibile. È un Abel Ferrara completamente diverso dal personaggio instabile, sfuggente, ruvido che ho conosciuto all’Est Film Festival del 2009 dove presentò alcune immagini inedite del docu-fiction Napoli, Napoli, Napoli. Un’intervista difficile, frasi catturate a volo, quasi rubate nel giro frenetico dei bar di una Montefiascone notturna, tra una bevuta ed una performance improvvisata, lui con la chitarra e la voce calda da bluesman, un ragazzo dello staff con l’armonica ad accompagnarlo. Stavolta mi ha dato appuntamento a un bar di Salerno, si gode il sole pigramente come un turista. Segue con sguardo innamorato la bellissima moglie Cristina Chiriac, che fa shopping sul corso, la figlia Anna di tredici mesi in braccio. «Sono cambiato – ammicca, mostrando il bicchiere d’acqua –. Questa terra mi ha guarito, qui ci sono le mie radici e qui ho ritrovato me stesso. Quando Roma, dove ormai abito da due anni, mi stanca, vengo al Sud e subito mi carico. La gente è viva, non come nella capitale che sta attraversando un periodo buio, senza fermenti, idee né voglia di fare. Ci sono per fortuna piccole oasi ancora vitali come Colle Oppio dove abito a due passi dal mio amico Willem Dafoe, Trastevere, piazza Vittorio, comunità miste di artisti, immigrati, romani, una comunità schizofrenica, radical chic insieme a disperati e questo mi piace. Al Sud avverto energia positiva ed è fantastico essere in questa città, così vicina a Sarno dove è nato mio nonno Abele, mi sento felice, è come tornare a casa. Da anni vengo in Italia, ho lavorato molto tempo a Napoli ma ho impiegato molto tempo per capire di essere salernitano e non napoletano. Perciò ho accettato con piacere l’invito di Linea d’Ombra Festival Culture Giovani di inaugurare la serie di visioni/incontri d’autore che faranno da preludio alla rassegna vera e propria di novembre».
Il regista, attore, sceneggiatore e musicista statunitense sarà questa mattina (10 maggio) all’Università di Salerno per raccontarsi e raccontare la sua cinematografia agli studenti, stimolato da Alfonso Amendola, docente di Sociologia degli audiovisivi sperimentali. Poi dalle 19 dialogherà col pubblico nell’ex cinema a luci rosse Diana, ribattezzato Sala Pasolini, dove ci sarà la doppia proiezione del recente Pasolini, dedicato alle ultime ore di vita del poeta bolognese, e de Il cattivo tenente, il neo-noir del 1992 con lo straordinario Harvey Keitel. Ad animare il dibattito la presenza di Stefano Falivene, direttore della fotografia dei film Mary e Pasolini. Ospite della serata anche l’antropologo Paolo Apolito, che ha partecipato al documentario Searching for Padre Pio, l’ultima opera di Ferrara, che farà da ouverture alla maratona cinematografica. «Non era previsto in programma – dice l’autore – ed ho voluto fortemente che venisse inserito. La mia vita è il cinema, voglio fare film, parlare di film, farli vedere. Bisogna sempre tentare, lo ripeto ai giovani, con tutti i mezzi di imbarcarsi nell’avventura di girare un film, anche con poco budget, però ci vogliono le idee. Sono molto legato a questo progetto che parla del meridione e di una figura emblematica che lo rappresenta, un santo di questi tempi considerato come Gesù dal popolo del Sud. Avrei voluto fare un film, ma non c’erano finanziamenti – in Italia diventa sempre più arduo reperire risorse per progetti culturali – ma non mi arrendo, sono convinto che un giorno lo farò. Così come Siberia, ispirato al libro rosso di Carl Gustav Jung e per il quale è in corso una campagna di crowfunding».
L’affresco su San Pio è una gemma. È un viaggio alla ricerca della verità compiuto senza pregiudizi, un diario di appunti costruito su testimonianze di gente comune, riflessioni e ricordi di studiosi e sacerdoti, foto d’epoca e cinegiornali; sullo sfondo la Campania e la Puglia, Pietrelcina, Monte San Giacomo e San Giovanni Rotondo, il Gargano selvaggio, paesaggi di campi e ulivi, grotte eremitiche dalle acque prodigiose, piccoli borghi il cui sapore contadino non è stato del tutto cancellato dalla modernità, abitanti poveri che non credono più nelle ideologie ma cercano alternative all’assenza dello Stato aggrappandosi all’illusione di un miracolo che cambi il loro destino e a un frate carismatico che non incarna il potere e ascolta le loro pene. Searching è soprattutto un viaggio personale e sentimentale fatto di parole e immagini, è la ricerca dell’uomo Ferrara e della sua storia. «Nel 2011 sono stato a Sarno – spiega – volevo conoscere i luoghi da cui mio nonno è partito alla volta dell’America, seguirne le tracce, scoprire la mia famiglia italiana. Volevo fare anche un film, e non ho certo accantonato l’idea, su quest’uomo straordinario che mi ha cresciuto e che ho molto amato. Un contadino arrivato a New York parlando solo il suo dialetto, figuriamoci l’inglese che non ha mai voluto imparare, e che è stato capace di rimboccarsi le maniche ed inventarsi un mestiere. Umile e forte, fiero e coerente, di grande umanità. Proprio come padre Pio, con il quale ho trovato tante similitudini. A colpirmi in particolare una data, il 1920. È l’anno in cui mio nonno emigrò negli Stati Uniti, è l’anno in cui a San Giovanni Rotondo avvenne una strage. Centinaia di contadini festeggiavano la vittoria del socialismo, volevano issare la bandiera rossa sul Comune sbarrato, la fazione di destra avversa e i carabinieri li attaccarono, morirono tredici persone, una festa trasformata in massacro. In quello stesso momento le stimmate del frate incominciarono a sanguinare quasi a voler annunciare la tragedia del fascismo ed è come se la stessa Italia iniziasse a sanguinare».
Torna il tema della religione, un refrain nella cinematografia dell’eclettico, visionario, onnivoro Ferrara che nella sua carriera ha navigato in vari generi: il noir, la pornografia, il melodramma metropolitano, il gangster-movie, il fantascientifico, lo sperimentale, il dramma familiare,il B-movie, il documentario, il poliziesco, il videoclip, lo spot pubblicitario, la serialità televisiviva ed il bio-pic. In bilico tra peccato e religione, contraddizioni e tormenti. «Ho lavorato molto su me stesso. Oggi sono un buddista con un passato cattolico – confessa – La spiritualità esiste in tutte le religioni, è la spinta ad abbandonare la materialità, è libertà e compassione, è abbracciare l’altro. Padre Pio era uno carnale, cercava il contatto, abbracciava le persone e si faceva abbracciare. Ha vissuto per gli altri. Come Cristo, come Pasolini che coinvolgeva anima e corpo a favore degli ultimi, che lottava per una società civile. Come Francesco, questo papa della gente che dice cose giuste, costretto ad una lotta contro i mulini a vento, circondato com’è – è un po’ la stessa sorte di Obama – da un contorno che annulla la sua volontà di cambiare le cose. E che, però, ci dà la speranza di un mondo migliore. Lui lava i piedi agli immigrati, è un atto di rottura, ha il coraggio di esporsi, si spoglia di tutto e sceglie di essere il servitore di tutti. È la rivoluzione di Gesù che ho raccontato in Mary».
Cristina e Anna ci raggiungono, Abel non dice nulla, ma fa capire che la nostra conversazione è finita. Con orgoglio mi saluta in italiano: «Sto studiando due giorni a settimana con una maestra calabrese e sto facendo progressi». Si allontanano alla volta di Santa Teresa, il lembo di spiaggia che «si apre sul doppio orizzonte della conchiglia di Zaha Adid e del mare». L’ha scoperta in questi primi due giorni di soggiorno, ospite nel centro storico dell’associazione Tempi Moderni, partner di Linea d’Ombra. «Questa è vera vacanza – ride – Non c’è bisogno di andare in Costiera amalfitana costretti a un calvario di ore nel traffico. Ho trovato tanti amici a Salerno, la sera facciamo musica, chiacchieriamo. Tornerò presto, anche perché voglio girare un film qui. Ho conosciuto il sindaco che è d’accordo e già si stanno attivando degli sponsor».