Un delizioso libro della Italosvevo
Contro la ‘proustatite”
Marco Rossari analizza il male di leggere, dal flagello di Céline alla sindrome di Salinger giù giù fino al tic di Baricco. Un catalogo comico dei vezzi di chi scrive a orecchio
La letteratura, si sa, è una malattia che si contrae nell’infanzia: il suo primo sintomo è la lettura, poi, il più delle volte, se non curato adeguatamente, il malessere prende piede con un desiderio di leggere sempre di più e infine degenera con un’insana voglia di provare a scrivere. A quel punto, nulla potrà più fermare il malato: «Troverà sempre il modo di continuare a leggere, scribacchiare qualcosa, aprire un blog, vergare sonetti». Malattia in verità non molto diffusa alle nostre latitudini, e seppur contagiosa non certo a rischio di epidemia, paradossalmente più facile a trovarsi nella sua forma degenerativa (il raptus della scrittura) che non in quella sintomatica, e tuttavia anch’essa bisognosa di cure, che il più delle volte vanno cercate nella letteratura stessa.
Cura omeopatica, dunque. Ci prova a fornirla Marco Rossari nel suo delizioso e a tratti esilarante librino Piccolo dizionario delle malattie letterarie, che inaugura la raffinata collana di volumetti di divagazioni letterarie «Piccola biblioteca di letteratura inutile» ideata e diretta da Giovanni Nucci per la Italosvevo (casa editrice triestina che riprende vita con la nuova gestione di Alberto Gaffi). In verità Rossari, oltre a fornirci alcune indicazioni terapeutiche, ci propone soprattutto le diagnosi della malattia letteraria, stilando in ordine alfabetico una serie di voci legate a corrispettive sindromi, psicosi, disturbi, morbi, forme allergiche, virus, tic, perversioni, nevrosi, ansie, infiammazioni.
Si va dalla voce «Achab [confusione di]: momento di megalomania ossessiva che porta a considerare degni di nota solo i romanzi sopra le 600 pagine» fino a «Zuckermann [trauma di]: reazione che più porta a romanzare la propria vita, più spinge a negare che sia così». Passando per la proustatite, la sindrome di Salinger, o la disfunzione di Kafka, nel mezzo troviamo perle di questo genere: «Baricco [tic di]: disfunzione glottologica che spinge il paziente ad aggiungere le sillabe “bon” o “tac” all’inizio o alla fine di ogni frase, per dare una qualche forma di autorità al senso della stessa. Es. #1. L’esattezza di Gadda, la sentite? Tac. Es. #2: Bon. Thomas Bernhard era così…». Oppure: «Céline [flagello di]: morbo che spinge a uno spropositato uso dei puntini di sospensione, diffusosi prima sulle pagine della “Trilogia del Nord” e quindi negli sms degli innamorati idioti. Es. #1. …sono nato, lo ripeto, a Courbevoie, Senna… lo ripeto per la millesima volta… dopo tanti va e vieni termino veramente al peggio… c’è l’età, mi direte…” (“Da un castello all’altro”, Einaudi, p. 5). Es. #2. Ieri sera… pLuisa… sn stato cosi bene… vorrà dire qlcosa??!!… (sms di Guglielmo)».
Il volumetto di Rossari (con introduzione in analogo stile umoristico di Edoardo Camurri) è, lo si sarà capito, un piccolo e a suo modo geniale divertissement condito di ironia, sarcasmo e intelligenza, che guarda al «Dizionario dei luoghi comuni» di Flaubert, ma adattandolo al nostro mondo letterario che troppo spesso di tramuta in una fiera delle vanità e delle velleità, e a tutto ciò che gli gira intorno. Sull’efficacia dei rimedi proposti dal si pronuncia alla fine lo stesso autore, che tra l’altro confessa di essere anch’egli vittima del morbo letterario, naturalmente: «Perché guarire? La letteratura è una febbre bellissima. Fidatevi: un bugiardino dice sempre la verità».