Notizie dal Festival Printemps des Arts
Mahler a Monte Carlo
Week end in musica nel Principato di Monaco, per gli appuntamenti dei fine settimana primaverili. Un’iniziativa che ha più di trent’anni dedicata in questo 2016 alle sinfonie del compositore austriaco. Poi c’è la “Nuit de piano” - esecutori Fellner e Volodos - e un concerto a sorpresa
Roba da ricchi? Nient’affatto. Fissando per tempo un volo low-cost su Nizza e un alloggio qui o a Mentone, ben collegate col Principato di Monaco, e arrangiandosi per i pasti di un week-end, è un regalo che ci si può permettere. E sono previste agevolazioni per gli spostamenti dalle località vicine, con navette gratuite da/per Nizza e Mentone, coordinate agli spettacoli (www.printempsdesarts.mc). A Monte Carlo, il Festival Printemps des Arts è attivo da più di trent’anni nei fine settimana dei mesi primaverili, appunto. Da oltre dieci ne è direttore artistico il compositore francese Marc Monnet, che ha introdotto proposte creative, a volte inedite, nei diversi campi artistici coinvolti dalla rassegna, aprendoli anche alle moderne tecnologie. Il programma musicale quest’anno ha posto al centro il corpus sinfonico di Gustav Mahler, affidandone diversi titoli alla Filarmonica di Monte Carlo, e ad altri complessi orchestrali ospiti, condotti da direttori di fama. Interessante e qualificato anche il cartellone della musica da camera. E, di contorno, in questi anni la fantasia di Monnet ha ideato i concerti in appartamento, con artisti che si esibiscono in dimore private aperte al pubblico per l’occasione. Oppure il concerto a sorpresa, che non c’è tutti gli anni, e che si svolge in località fuori Monaco, occupando un intero pomeriggio. Il pubblico ne compra il biglietto senza sapere né il programma né il luogo dello spettacolo. L’unica cosa che si conosce è l’appuntamento, dove attendono i pullmann, salendo sui quali si riceve anche il cestino da viaggio con la merenda.
Non lo potevamo perdere, essendo il concerto a sorpresa tornato quest’anno in cartellone. E infatti è stata una singolare esperienza musicale e socioculturale. La carovana dei pullmann, con la sua gaudente brigata, si è diretta verso il confine italiano e, raggiunta Ventimiglia, si è inoltrata nell’entroterra risalendo in direzione del Col di Tenda, sempre sul filo del confine interstatale, tra panorami di montagne, vallate e corsi d’acqua. E all’arrivo si è scoperto che la prima tappa era un suggestivo paesino adagiato su un fiume, Breil-sur-Roya. Qui ci ha accolto la chiesa di Santa Maria in Albis, edificio del secolo XVII a croce greca, e adorna di decorazioni barocche, nonché di un importante organo antico. Ma la sorpresa maggiore è emersa dal programma, e dal nome degli esecutori. Un itinerario nella musica dei secoli dal X al XIV, alle origini della polifonia, in compagnia nientemeno che dello Huelgas Ensemble, celebre gruppo belga formato da una decina di interpreti, che da oltre quarant’anni si è imposto fra i soggetti più autorevoli nel recupero del repertorio medioevale e rinascimentale. Sotto la guida di Paul van Nevel, il complesso prese nome dal codice manoscritto di Las Huelgas in Spagna, vicino Burgos, fonte d’inestimabile valore per l’antica polifonia, profana e sacra. Nella sua storia esecutiva, lo Huelgas Ensemble ha costruito un prezioso catalogo di pagine rare e talvolta inedite, ovviamente per sole voci senza accompagnamento strumentale, in un solco importante per la linea interpretativa, sempre puntuale per cura e limpidezza d’intonazione, che svela una dimensione sonora molto diversa da quella che conosciamo oggi.
E la chiesa gremita di Breil-sur-Roya ha gustato un concerto memorabile, introdotto dalla vocalità misteriosa, sussurrata, trascendente, di un pezzo datato attorno all’anno mille, Alleluia. Judicabunt sancti nationes, seguito da altri caposaldi della prima polifonia, tra i quali Viderunt Omnes di Perotino, del 1200 circa, Puisque la mort di Matteo da Perugia, Messe de Notre-Dame di Guillame de Machault, del secolo XIV. Una parata di giganti della musica medioevale, suggestivamente resi dalla profonda consapevolezza filologica del complesso belga, che ha immerso il pubblico semplicemente in estasi. Risalita sui pullmann, dall’entroterra la carovana è ritornata sulla costa, a Mentone. Qui, nel Palais de l’Europe, secondo spettacolo, questa volta di danza contemporanea, in un felice accostamento di antico e modernissimo. Due performances hanno impegnato altrettante compagnie di giovani interpreti, danzatori e strumentisti: La Nuit acoustique, del Collettivo WARN ! NG e di Laurent Durupt, e Eternités, musica di Alexandros Markéas, coreografia di Francesco Curci con i danzatori del Cannes Jeune Ballet. Bravi gli autori e tutti i giovani interpreti, avvolti alla fine da applausi calorosissimi, a conclusione di una giornata di originali proposte, conclusa dal ritorno in carovana al punto di partenza.
Altrettanto singolare la Nuit de piano, che ha offerto due importanti concerti pianistici consecutivi, nella stessa serata. Serata che, ovviamente, è durata il doppio, ma che ha coinvolto un nutrito zoccolo duro di spettatori, lontani da ogni vezzo mondano e invece decisamente interessati e coinvolti, tanto da rimanere in gran parte sino alla fine. Grandi nomi, in locandina, curiosamente entrambi nati nel 1972. Il pianista viennese Till Fellner (nella foto) ha attinto dal suo grande maestro, Alfred Brendel, la chiarezza impeccabile del fraseggio, l’eloquio stringato nella cornice di una lettura sempre governata da un tratto incisivo quanto preciso. Preciso, ma anche controllato, talvolta troppo, senza particolari abbandoni, in uno stile che fa della nitidezza la propria cifra interpretativa. Così Fellner è apparso in Papillon op. 2 di Robert Schumann, e nelle Cinque Variazioni di Luciano Berio, pagina creata nel 1953 a partire da una cellula melodica di tre note. La successiva Sonata di Beethoven, Quasi una fantasia, in mi bemolle maggiore op. 27/1, nelle mani di Fellner ha presentato un bell’inizio, evocativo e pastellato, proseguendo poi sulla linea asciutta e senza fronzoli che marca le doti di quest’interprete. Sorprendente nel pezzo seguente, Fantasia in do maggiore op. 17 di Schumann, la limpida linea analitica di Till Fellner, che ha illuminato con opportuni calore e dosaggio i chiaroscuri di quella complessa struttura.
Clima del tutto differente con l’artista successivo, Arcadi Volodos, di Pietroburgo. Ed è questo il criterio, la ragion d’essere alla base della Nuit de piano: creare in partenza un motivo d’interesse proprio dall’accostamento di mondi, personalità, tradizioni esecutive profondamente diverse. È il Brahms di Temi e Variazioni in re minore op. 18b, seguito dagli Otto pezzi per pianoforte, op. 76 dello stesso autore, ad aprire il concerto di Volodos. Ecco quindi espandersi il respiro caldo, avvolgente, sontuoso di un itinerario interpretativo che illumina ogni piega, ogni sfumatura: l’anima schiettamente russa di quest’interprete ben si coniuga con la palpitante chiarezza dell’architettura brahmsiana. Non altrettanto condivisibile ci è apparsa la resa della monumentale pagina seguente, la Sonata in si bemolle maggiore D960, di Franz Schubert. Quegli accenti morbidi e sinuosi che, nei titoli di Brahms, ne avevano così ben assecondato la restituzione, per la loro crescente esuberanza sono invece risultati fuori contesto nell’opera schubertiana. A parte la linea intensamente, sommessamente poetica che Volodos ha esibito nel movimento lento (come sempre, vero banco di prova della valentìa di un interprete), gli altri tre episodi della Sonata in si bemolle maggiore non hanno del tutto convinto. Il trasporto sentimentale, il tocco deciso che il pianista russo ha proposto, sono apparsi un po’ al di là della misura, della sobrietà classicheggiante che contrassegna il mondo di Schubert. Una lettura di gusto acceso e romantico, questa di Volodos, che ha lasciato perplessi rispetto a una pagina concepita dal compositore ottocentesco alla vigilia della fine, lascito estremo di un linguaggio e di un’atmosfera in gran parte legati a una sensibilità diversa, più composta, lieve, trasparente.