Ritratto d'artista
«Io sono un condominio»
Ermanna Montanari si racconta: «Io sono un condominio. Quindi recitare è far vivere anche le “altre”. Ma vorrei essere ricordata per la mia voce»
Nome e cognome: Ermanna Montanari.
Professione: Attrice.
Età: 27 gennaio 1956.
Da bambina sognava di fare l’attrice? No.
Cosa significa per lei recitare? Io sono un condominio. Quindi recitare è far vivere anche le “altre”.
Il suo film preferito? Dolls di Takeshi Kitano.
Il suo spettacolo teatrale preferito? Il Manfred di Carmelo Bene.
Qual è l’attrice da cui ha imparato di più? Da tutte le attrici, da tutte le loro differenze.
Qual è il regista da cui ha imparato di più? Marco Martinelli. Ci siamo sposati nel 1977, da allora condividiamo arte e vita.
Il libro sul comodino: Gli imperdonabili di Cristina Campo.
La canzone che la rappresenta: Annarella di Giovanni Lindo Ferretti.
Descriva il suo giorno ideale. A Creta, sulla spiaggia con Marco, a prendere il sole e a leggere i classici. Oppure a Gerusalemme, nel cuore della contraddizione. Oppure in scena, in un qualsiasi teatro del mondo.
Prosecco o champagne? Champagne.
Il primo amore, lo ricorda? Sì.
Il primo bacio: rivelazione o delusione? Stordimento.
Strategia di conquista: qual è la sua? Non uso la parola “conquista”. È un’espressione militare.
Categorie umane che non le piacciono? L’invidia.
Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour. Non c’è una ricetta.
Il sesso nobilita l’amore? O viceversa? Si alimentano a vicenda.
Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Meglio la verità, sempre, anche quando è scomoda, solo lei è capace di generare affinità attraverso gli opposti.
Costretta a scegliere: cinema o teatro? Teatro.
C‘è qualcosa che rimpiange di non avere detto a qualcuno? Sì. Ce ne sono tante.
Shakespeare o Sarah Kane? Shakespeare e Sarah Kane.
Qual è il suo ricordo più caro? Mio nonno che tornando dal bar mi portava i boeri, dei dolcetti.
E il ricordo più terribile? Le mani di mio padre, me le mostrò per spaventarmi come a dire: “Le vedi queste?”. Poi non mi colpì. Ero una bambina.
L’ultima volta che è andata a teatro, cos’ha visto? Credi ai tuoi occhi, uno spettacolo dei Menoventi, una coppia d’arte che amo molto: Consuelo Battiston e Gianni Farina.
Racconti il suo ultimo spettacolo. È Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi. È uno spettacolo scandaloso, perché tratta dell’unico vero scandalo oggi possibile, quello della mitezza e del dialogo in un’epoca di feroce violenza.
Perché il pubblico dovrebbe vederlo? Il teatro non è mai un dovere.
Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Né più né meno della società che lo esprime.
Come e dove si vede tra dieci anni? Non ho il dono della veggenza.
La cosa a cui nella vita non vorrebbe mai rinunciare. Amare.
Quella cosa di lei che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Non la saprà neanche adesso.
Piatto preferito: I dolci.
La morte: paura o liberazione? Attesa. Mistero. Una soglia di luce da attraversare.
C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? Né più né meno che nella società che lo esprime.
Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Ma certo!
Di lasciarsi sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirsene subito dopo? No.
Quale ruolo le sarebbe piaciuto interpretare nel cinema? Un fantasma.
Quale ruolo le sarebbe piaciuto interpretare in teatro? Otello.
Da chi vorrebbe essere diretta? Mi piacerebbe lavorare con Lucia Calamaro.
Tre doti che bisogna assolutamente possedere per poter fare l’attrice. Umiltà, pazienza, spudoratezza.
Tre difetti che non bisogna assolutamente avere per poter fare questo mestiere. Superbia, vanità, fretta.
Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? Dovrebbe prima scomparire l’umanità.
Gli alieni la rapiscono e lei può esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Non credo agli alieni.
La frase più romantica che le sia capitato di dire in scena. Se per “romanticismo” intendiamo il fuoco utopico che sta al fondo della cultura occidentale, direi «Che cos’è il Paradiso?», un verso di Emily Dickinson.
La frase più triste che le sia toccato di dire in scena. Nel Pantani scritto da Marco: «E io mio figlio vivo non l’ho visto più».
Dimentica una battuta: condannata o graziata? Viva la nostra fragilità, anche in scena.
Cosa vorrebbe che la gente ricordasse di lei? La mia voce.
Ha mai litigato con un regista per una questione di interpretazione del personaggio? Litigare non è la parola appropriata. Combatto con Marco da quarant’anni, da quando ci siamo sposati e abbiamo iniziato a fare teatro insieme.
Se potesse svegliarsi domani con una nuova dote, quale sceglierebbe? Mi accontento di quelle che mi sono state date.
Se potesse scoprire la verità su se stessa o sul suo futuro, cosa vorrebbe sapere? Nulla.
Se sapesse di dovere morire a breve, che cosa cambierebbe nella sua vita? Nulla.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su? Su tutto si può scherzare. Così come tutto è da prendere sul serio.
Progetti futuri? Un film su Aung San Suu Kyi il mese prossimo, Maryam di Luca Doninelli a fine 2016, l’Inferno di Dante nell’estate 2017 per Ravenna Festival, e infine Va Pensiero, una drammaturgia di Marco per l’ERT nell’ottobre 2017.
Un consiglio ad una giovane donna che voglia fare l’attrice. Di avere coraggio.
Le foto sono di Lidia Bagnara, C. Fabbri, Enrico Fedrigoli e Claire Pasquier.