Every beat of my heart, la poesia
Il volo di Foscolo
La poetica dei “Sepolcri” culmina nella cupola in cui le storie umane e la storia divina s’incontrano: dopo l’esplorazione stellare e la pittura orante, nella cupola la poesia si realizza come memoria che evoca e trasforma, come fondamento di vita
I sepolcri, uno dei capolavori della poesia di ogni tempo, ha inizio con immagini di buio e ombra, di chiusura: «All’ombra dei cipressi e dentro l’urne». Le stesse parole ombra e urna comunicano foneticamente un senso di chiusura, e pare vano, in quegli spazi stretti e ermetici, il conforto del pianto. E immediato, per contrasto, luminosa fonte di vita e energia, il Sole. Il sole fecondante la bella famiglia di erbe e animali, è il potente simbolo vitale contrapposto al buio della morte, enigmatico, in Foscolo: «sonno della morte», infatti, e sonno è spesso sinonimo di situazione illusoria, stasi frequentata dai sogni.
Il sole appare quindi in momenti culminanti come il baluginare di una rinascita nell’atto stesso della morte: «perché gli occhi dell’uom cercan morendo/ il Sole, e tutti l’ultimo sospiro/ mandano i petti alla fuggente luce».
Il sole appare, potentemente, nei versi finali, a siglare il riscatto della specie, attraverso la poesia che è essenzialmente memoria, relazione, atto di compassione.
La memoria foscoliana, oltre a collegarsi alla nota interpretazione vichiana della storia dell’umanità, si fonda su quel nucleo di compassione e rappresentazione che lo storico delle religioni Julien Ries definisce costitutivo dell’homo religiosus, rivoluzionando le interpretazioni occidentali del concetto di religione, sempre assimilata a un credo teologico o a una professione confessionale inscritti in un contesto storico che li determina e fonda. Il volo di Foscolo, dalle prime cattedrali dell’umanità, culmina nella cattedrale che tutte le rappresenta nel mondo, nella cupola in cui le storie umane e la storia divina s’incontrano. Poi, dopo l’esploratore del cielo e il pittore della volta, dopo che il tetto è stato spezzato, i poeti. La poesia viene dopo l’esplorazione stellare e la pittura orante nella cupola, la poesia appare in forma scritta subito dopo, nei Sepolcri come nella storia dell’uomo, come memoria di quegli eventi, una memoria che non fossilizza ma continuamente evoca e trasforma, fondamenta dell’immaginazione, fonte generante di vita, ponte tra i morti e i viventi, inafferrabile dono incluso nel codice genetico della stirpe umana.
All’ombra dei cipressi e dentro l’urne
confortate dal pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove più il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò più il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né più nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso
che distingua la mia dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri, e involve
tutte cose l’obblio nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto, e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ugo Foscolo
(da I sepolcri)