Every beat of my heart, la poesia
Enigmi in versi
L’opera di Piero Bigongiari, benché un po’ sottovalutata rispetto ai coetanei Luzi, Caproni, Bertolucci, è destinata a durare. Incantesimo e incanto, attonito disincanto, lucida geometria del compasso sono la cifra della sua poetica
Piero Bigongiari è uno dei non pochi poeti italiani importanti della generazione successiva a quella di Montale e Ungaretti. Una generazione straordinaria, oltre al grande Luzi, poeti di alta levatura: Caproni, Bertolucci, e, appunto, Bigongiari, per limitarci a pochi nomi esemplari. Rispetto ad altri Bigongiari è stato un po’ sottovalutato, anche se la sua opera, sapienziale, enigmatica come il pensiero pitagorico e stratificante come l’espressionismo astratto americano, è destinata a durare, e ha esercitato un notevole influsso formativo su poeti della mia generazione come, oltre al sottoscritto, De Angelis, Carifi, Iacuzzi, Rafanelli.
Incantesimo e incanto, nei suoi enigmi in versi, ma anche, simultaneamente, un lucido disincanto, non ironico, ma attonito. Pur non essendosi fissato, nella sua formazione, sui metafisici inglesi e John Donne (per me ottimi sostituti dell’Activarol, ricostituente di allora per gli adolescenti), la sua poesia ha il senso della meraviglia incantatoria e dell’enigma, spazio spaziante e geometria del compasso, che pare discendere da quei lucidissimi e ardenti barocchi metafisici (dei quali manca, in Big, l’ardore nudo, l’incandescenza pura).
Certo qui la carne danza davanti all’uomo, un figlio si rivela paradossalmente il contrario, il padre dei padri, l’immagine di Dio. Appunto, rovesciata nel figlio. Origine e conseguenza si rovesciano, specchiandosi una nell’altra. Straordinaria immagine: se ti specchi si apre un abisso che ti vuole capovolgere. Così il silenzio, nelle notti più afose, in realtà scricchiola, la parola consuma il suo significato. La legge è quindi capriccio, salta la logica aristotelica in nome di quella poetica, l’immagine non si scolla dallo specchio che arretra. L’io, l’io del soggetto, è faretra, custode di altre frecce, che non hanno bersaglio. Frecce immobili, senza meta. È tracciata, invisibile, una loro traiettoria? Enigma dell’io, enigma del mondo.
Apostasi
Questa carne che danza attorno a te, un figlio,
è forse già l’immagine di Dio
rovesciata: se ti ci specchi, è abisso
che preme e che ti vuole capovolgere.
Così il silenzio scricchiola talora
nelle notti più afose, la parola
così consuma il suo significato.
Ma perché vive nel capriccio la legge,
perché, nel raccapriccio, chi ti legge,
si acquieta: perché non ti scolli immagine,
dallo specchio che arretra? D’altre frecce
che non hanno bersaglio l’io è faretra.
Piero Bigongiari
(Da Moses)