Every beat of my heart, la poesia
Dramma d’amore
Non puoi amarmi assolutamente, annullandoti in me, devi anche odiarmi per esistere… Questo dice John Donne all’amata confrontandosi in un agone dove l’universale si realizza nel particolare, anticipando così il Novecento poetico
John Donne, nato a Londra nel 1572, dove morì nel 1631, pensatore religioso, saggista, è l’autore del famoso sermone Nessun uomo è un’isola, da cui Ernest Hemingway trae il titolo del romanzo Per chi suona la campana. “For whom the bell tolls”: per te, ogni rintocco a morte è la tua morte, nessun uomo è un’isola. Così l’amore del grande poeta John Donne, che scavalca e si sbarazza del petrarchismo dominante da secoli (con tutte le sue donne dagli occhi-lago e i capelli d’oro), e affiancando la rinascita poetica occidentale del Teatro Elisabettiano (Shakespeare, Marlowe, Ben Johnson, Webster…) porta sulla pagina scritta la realtà drammatica che i poeti appena citati mettevano in scena. L’amore nelle poesie di Donne è teodrammatico, agone cosmico nascente e respirante nell’esperienza corporea e individuale.
Pilastro, dopo Dante, della fondazione della poesia metafisica di Thomas Stearns Eliot, che rifonda e fonda il Novecento poetico, metafisico, in Donne come in Dante e in Eliot, non è uno sguardo oltre il mondo fisico, esclusivamente soprannaturale (che escluderebbe, in quanto tale, la poesia come dramma e agone umano), ma è la visione dell’atemporale nel quotidiano, dell’universale nel particolare. Qui, dramma d’amore: non puoi amarmi assolutamente, annullandoti in me. Devi anche odiarmi per esistere. Ma un odio agonistico, gonfio d’amore, un odio suscitato per evitare il trionfo dell’amore assoluto che, per un cristiano come Donne, ancor più per un buddista, coincide con il superamento della vita, la morte.
Resta qui, in questo tempo, poiché per metà siamo già nell’altro tempo, nell’Oltretempo. Troppo presto, amore. Cristianamente, platonicamente, l’amore dei due è già e da subito e da prima nelle alte sfere. Ma elisabettianamente, baroccamente (Donne è un grande del Barocco, l’età dei moderni più grandi, Shakespeare e Caravaggio), prolunga, in nome dell’amore, il tempo dell’esperienza terrena.
Il divieto
Stai attenta ad amarmi,
per lo meno ricorda, te l’avevo proibito;
e non che io rimedi al dissiparmi,
allo spreco di respiro e di sangue attingendo
ai tuoi sospiri e alle tue lacrime
diventando per te quello che tu eri per me,
ma una gioia immensa ci consuma all’istante la vita,
e perché la mia mente non vanifichi il tuo amore
se mi ami, stai attenta ad amarmi.
Stai attenta a odiarmi
o trionfando a stravincere:
e non che io assuma la mia stessa difesa
ripagando con odio altrui odio
ma perderai l’impronta di colei che conquista
se io, tua conquista, morirò del tuo odio;
e perché la mia essenza non ti diminuisca,
se mi odi, stai attenta ad odiarmi.
Ma amami e insieme odiami
e questi estremi non avranno ufficio:
amami che io possa morire nel più dolce dei modi,
odiami, troppo grande è il tuo amore per me,
e fa’ che odio e amore scompaiano, non io,
e sarò il tuo palco, da vivo, non il tuo trionfo:
e perché tu non distrugga il tuo odio, il tuo amore e me stesso,
lasciami vivere, ma amami e odiami insieme.
John Donne
(Traduzione di Teresa Maresca)