I valori, le religioni e le banlieue
Terrore e cittadinanza
Chiedere agli immigrati di sottoscrivere i nostri principi (come suggerisce Galli della Loggia sul "Corriere") è giustissimo. Ma occorre che a questa adesione corrispondano uguali diritti. Altrimenti il terreno di raccolta del terrorismo rimarrà grande...
In un articolo sul Corriere della Sera di ieri, 26 marzo, Ernesto Galli Della Loggia raccomanda ai paesi europei di guardarsi alle spalle, nell’affrontare il terrorismo. Bisogna evitare di essere colpiti da «persone nate o cresciute sul proprio territorio (…) ossia essere ragionevolmente sicuri della lealtà costituzionale delle comunità residenti (…) e della loro disponibilità all’integrazione». Questo obiettivo andrebbe perseguito con decisione reprimendo i comportamenti e le consuetudini di vita contrari ai valori della Costituzione, con particolare riferimento all’oppressione delle donne. Ciò è urgente per evitare, conclude Della Loggia, la deriva verso posizioni politiche estreme e razziste da parte di una popolazione autoctona spaventata ed indifesa.
Le raccomandazioni sono in tutto condivisibili. Manca, tuttavia, l’esplicitazione di una condizione sine qua non: la cittadinanza.
Essa si definisce a due livelli: quello giuridico e quello delle opportunità. Forse Della Loggia non vuole spaventare ulteriormente le «masse autoctone del continente» mettendo sul tavolo della discussione il tema, ma è evidente che senza una prospettiva di cittadinanza, anche ogni politica di liberazione della donna islamica nell’Europa è priva di sostanza e di credibilità.
Nella stessa giornata, sulla questione della cittadinanza ha manifestato la sua reticenza anche il conduttore di Prima Pagina Paolo Lambruschi su Rai Radio Tre. La puntata era quasi interamente dedicata al tema del terrorismo e si è affacciato anche quello delle donne islamiche.
Mi domando: si può chiedere l’adesione alla Costituzione se non a cittadini a pieno titolo? Si può chiedere alle donne islamiche di ribellarsi alle imposizioni familiari, andare a scuola, scegliere il proprio marito liberamente, rifiutare mutilazioni genitali, senza garantire a quelle donne i diritti di cittadinanza e le tutele che ciò comporta (obbligo scolastico, diritti civili, libertà religiosa, elettorato attivo e passivo)? Senza questi diritti mancherebbe una rappresentanza politica a quelle comunità. E con chi si discuterebbero i diritti di libertà religiosa di quelle comunità, oggi conculcati? Oppure, quando a causa di reati gravi quelle comunità fossero messe di fronte alla “durezza della legge” come dice Galli Della Loggia, come potremmo evitare che si diffonda in quelle comunità la convinzione che ci sia una volontà di persecuzione? Solo un controllo sulle forze dell’ordine espresso anche da rappresentanti eletti da quelle comunità porterebbe ai risultati positivi che lo stesso Galli Della Loggia vuole ottenere con l’applicazione della severità della legge: una progressiva integrazione.
Si dice che nel nostro Paese il rischio banlieue è meno elevato che in Francia e Belgio. Forse lo è perché le nostre comunità immigrate sono più recenti e più emarginate: le nuove generazioni non hanno ancora la possibilità di esprimersi, non sono ancora frustrate verso la società o verso la famiglia, perché ancora “in lista di attesa”. Forse la questione in Francia e Belgio è quella della cittadinanza delle opportunità, mentre da noi è ancora quella della cittadinanza giuridica.
Tenere le comunità immigrate segregate dalla cittadinanza giuridica e da quella delle opportunità sono, allora, politiche sagge? Non lo sono, anche perché la “durezza della legge” si deve applicare a chi ha piena cittadinanza. A chi non ha piena cittadinanza, si applica lo ius belli o, peggio ancora, il non ius di Guantanamo. E il reclutamento di nuovi terroristi troverà alimento nelle politiche di rifiuto della cittadinanza.