Una storia per immagini
Roma & Pasolini
Quattordici immagini d'autore per capire una città e il suo rapporto con uno scrittore che, arrivato da lontano, ha saputo raccontarne la trasformazione. Prima che fosse trasformata
«È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo, esistono; se esistono li vedo. […] I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo». Ferdinando Pessoa, da Il Libro Dell’Inqietudine, Feltrinelli, 1986.
Ognuno di noi si porta dentro un bagaglio di ricordi e quelli più nascosti, che stanno in fondo, spingono per uscire, per ricucire una frattura della memoria, per una ricomposizione di sé. «È in noi che i paesaggi hanno paesaggio», dice Pessoa e l’immagine di una parte di Roma dentro di me, dei miei ricordi e dei miei sogni, d’improvviso non corrisponde alle immagini che mi compaiono davanti agli occhi.
La periferia, le borgate le ho anche conosciute quelle volte che mia madre mi portava a scuola con sé. Era maestra e insegnava in una scuoletta elementare a Corviale, di cinque aule, dalla prima alla quinta classe.
I visi di quegli scolaretti, che non avevano mai il grembiule ed il fiocco a posto, le strade infangate d’inverno e polverose d’estate, i casolari nei prati, i lotti delle case costruite dal fascismo al Trullo, le donne che portavano al collo, poggiati su scollature generose, cuoricini d’oro con le fotografie incastonate dei cari defunti, sono state immagini impresse nella mia memoria come tessere di un mosaico in disordine, immagini di un mondo dove la vita si viveva nel presente, un mondo che trasudava di una sensualità che percepivo e non sapevo neanche cosa fosse, tanto differente dalla mia condizione di “privilegio” e di formalismo che mi derivava dell’essere il figlio della maestra.
Tutti quei ricordi come tessere di un mosaico in disordine li ho ricomposti successivamente con la lettura dei libri di Pasolini, con la visione dei suoi film.
Roma per Pasolini fu fonte di scoperta umana e letteraria, di sentimenti fortissimi e contrastanti, di amore, di delusione, di corpo e di sangue, che ha descritto in romanzi, poesie e racconti e nei film della trilogia romana, ma anche in qualche modo in Uccellacci e uccellini, successivo al suo dichiarato disincanto per figli delle borgate che stavano mutando antropologicamente e ambientò numerose scene di questo film a Monte Cucco, oltre la borgata del Trullo con l’obiettivo della cinepresa rivolto verso una Roma che non era propriamente tale, era l’EUR, architettura razionalista, dove si era trasferito ad abitare dopo Monteverde.
Ripercorrere oggi, con sistematica ricerca, le strade di quelle borgate, oltre a Donna Olimpia, il Mandrione, gli acquedotti, Don Bosco, il Quadraro, Cecafumo, il Pigneto, L’Acqua Bullicante, Tor Pignattara, il quartiere degli Angeli, che dopo quegli episodi dell’infanzia, avevo esplorato da adolescente avventurandomi col motorino, senza sapere bene dove fossi, è stato come rincontrare un amico che non si vede da anni, con le rughe, con meno capelli, c’è stato un lungo intervallo è vero, ma bastano poche parole, qualche notizia ed è tutto come una volta.
Ma, non è per niente come una volta.