“Le Idi di marzo” settant’anni dopo
Quell’incesto tra Roma e Cesare
Il romanzo epistolare di Thornton Wilder è uno di quei libri dimenticati che occorre restituire alla memoria. Frutto dell'immaginazione dello scrittore e dell'analisi storica, ha la fermezza granitica dei classici e l'agilità che viene dal nuovo
Le Idi di marzo è un libro dimenticato. Forse anche Thornton Wilder è una vittima della smemoratezza dei tempi, su cui ogni tanto viene voglia di intervenire per dare uno scossone alla memoria. Delle Idi di marzo mi è capitato di riparlare di recente, appunto il 15 marzo: ho sempre sentito un grande affetto per il mondo che questo romanzo evoca e per la sensazione di familiarità con pagine in cui al lettore succede di abitare. Almeno, a me succede! Scritto alla fine degli anni 40, è un romanzo epistolare in quattro parti, ciascuna delle quali copre un tempo più ampio della precedente, e l’ultimo ventaglio si chiude appunto sulla giornata della morte di Cesare, un avvenimento per la cui narrazione l’autore cede la parola a Svetonio, uno dei tre storici cui ha fatto riferimento nel narrare questo scorcio di Roma tra il 45 e il 44 a.C. Gli altri sono Plutarco e in parte Sallustio. Poco meno di un anno di lettere scambiate tra i nomi più noti della società di quell’epoca, Cesare per primo, poi Cicerone, Cornelio Nepote, Clodia, Catullo e così via, che ci apre uno scorcio stregante sul declino di un mondo. Stregante e falsificatore! ma il falso è spesso una funzione essenziale della verità nel campo della letteratura. Nel 45, infatti, alcuni dei personaggi che qui compaiono autori di lettere private, di scambi di informazioni e di pettegolezzi, di voci di congiura e di ammirazione, erano già morti: Catullo, Catone il giovane, Clodio per esempio. Fatti qui raccontati, come la profanazione dei misteri della Buona Dea, erano avvenuti diciott’anni prima, eppure qui confluiscono in una sintesi che amplia lo sguardo su Roma al tempo della dittatura di Cesare, dominatore, maestro e motore di una società complessa, costruita su rapporti di amore odio per questo padre padrone di lucida intelligenza, di sapiente freddezza e ironia. E su questi attributi, frutto dell’immaginazione dello scrittore e dell’analisi storica cui si è appoggiato, su questo, dicevo, più alto e luminoso è il segno di una consapevole malinconia.
Nelle tante letture di questo romanzo mi è successo di attribuire ai personaggi che vi compaiono tonalità di voci da opera lirica, tenori, baritoni, soprano, contralti, mezzosoprano, coinvolti tutti in un’azione scenica che termina, come di prassi, nella morte. È tenorile Cicerone nella sua smania di sapidi pettegolezzi, è un soprano leggero la giovane e un po’ sciocca moglie di Cesare, Pompea, uno scuro mezzosoprano la bellissima e corrotta Clodia, che ha sedotto fino a distruggerlo il poeta Catullo. Tutto coopera, appunto, alla morte! Di passo in passo, di lettera in lettera, la sentiamo avanzare sulla scena, attesa con calma proprio dal suo interlocutore privilegiato, Cesare; osservata in tralice e con spavento da altri personaggi; preparata dai cospiratori; mai giudicata dall’autore (nella foto, ndr), che si limita ad accompagnare l’azione con la discrezione di un osservatore fuori campo, che guarda compiersi un delitto edipico, dopo che sulla scena si è consumato tra Roma e Cesare un incesto! Non so se sia corretto usare qui i termini della psicanalisi, e Wilder non spinge deliberatamente su questo pedale, ma qualche cosa nell’azione pedagogica del maestro e dittatore sulla città porta verso questa direzione, percorsa con tutta l’inconsapevolezza che l’inconscio reclama per sé.
Letto oggi, a circa settant’anni dalla prima edizione, Le Idi di marzo incarna la solidità dei classici. Non voglio dire, come si usa a sostegno di un’opera per così dire vecchia, che è ancora attuale. Non ho mai considerato l’attualità un merito in letteratura, perché l’attualità passa! È piuttosto la fermezza granitica dei classici intrisa dell’agilità che viene dal nuovo mondo dell’autore a perdurare e parlare oltre il limite temporale.