Simona Negrelli
Al teatro Morelli di Cosenza

Levitazione naturale

Fabrizio Pugliese e Fabrizio Saccomanno hanno costruito un intenso spettacolo (che mescola ragione e illusione) su Giuseppe da Copertino, il "santo dei voli" che affascinò anche Carmelo Bene

Che cosa c’è di più affascinante del mistero? Quello che non si comprende, che non si vede, che non si dice, tutto quello che la ragione non riesce ad afferrare. In questo punto di sospensione teso verso l’infinito, credenti e non possono incontrarsi e godere insieme della storia di Giuseppe da Copertino, detto il santo dei voli oppure frate asino, com’era chiamato da chi lo derideva. Un uomo semplice, lui, attonito, poco istruito, eppure capace di scatenare un’accesa devozione popolare suo malgrado. La compagnia Ura Teatro ne ha ricostruito la vita, attraverso lo studio di documenti storici e di leggende popolari, mettendo in scena un monologo essenziale che restituisce la bellezza di un’umanità insolita. Per obbedienza (dell’incanto di frate Giuseppe), visto al teatro Morelli di Cosenza, penultimo appuntamento della rassegna curata da Scena Verticale, è uno spettacolo di narrazione, lieve ed emozionante, in cui Fabrizio Pugliese è voce narrante e protagonista insieme, racconta la storia dall’interno fino a immedesimarsi coi personaggi. Sul palco solo uno sgabello e l’attore, quasi sempre seduto, con le mani a scandire e sottolineare la partitura drammaturgica.

Il monologo, scritto dallo stesso Pugliese insieme a Francesco Niccolini e diretto sempre da Pugliese insieme a Fabrizio Saccomanno, è giocato sul continuo uscire ed entrare nel protagonista e nei personaggi di contorno, con l’utilizzo dell’inflessione vocale e di qualche termine dialettale ad avvisarci del passaggio. Gli spettatori compiono questo “viaggio” insieme all’attore-narratore, diventando a loro volta osservatori di una vita umile e prodigiosa insieme, fatta di malattie, autoflagellazioni ed estasi.

Giuseppe è un giovane che vive nella provincia pugliese agli inizi del Seicento, con un padre che si è indebitato fino al collo per aiutare gli amici e una madre troppo severa. Giuseppe è uno sbagliato, non impara le cose, ha le mani di burro, è sempre con la testa fra le nuvole. I compaesani lo sfottono perché sta sempre a bocca aperta, è lo scemo del villaggio. Ma quando entra in chiesa e vede l’effigie della Madonna, allora, solo allora, trova un po’ di pace, si sente a casa e la mamma di Gesù diventa pure la mamma sua. Nonostante rifiuti e limiti di apprendimento, riesce a coronare il sogno di farsi frate, dedicandosi ai lavori più umili e mortificandosi le carni. Oggi lo si definirebbe borderline ma la razionalità si arresta dove comincia la devozione popolare. Perché i fedeli gli attribuirono la capacità di volare, le sue estasi alla vista della Madonna erano così intense da farlo levitare. La sua fama arrivò alle orecchie del Sant’Uffizio che lo processò per abuso della credulità popolare, per poi assolverlo. Perfino Carmelo Bene fu suggestionato dalla sua figura: gli dedicò la sceneggiatura A boccaperta, con l’intenzione, disattesa, di farne un film e lo citò in Nostra signora dei turchi, ma sempre con un approccio intellettualistico. La compagnia Ura Teatro, invece, ne rappresenta l’umanità fuori dal comune per evidenziare i limiti di un punto di vista razionale, la nostra incapacità di un vero, totale abbandono alle emozioni.

Questo spettacolo, vincitore del festival Teatri del sacro 2015, è il secondo lavoro che Saccomanno e Pugliese hanno realizzato come associazione Ura Teatro, dopo quindici anni di impegno in un teatro stabile per l’innovazione pugliese.

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