A Napoli, a Villa Pignatelli
L’arte di Batman
Una mostra tra arte e fumetto racconta la trasformazione dei supereroi, da bambinoni perfetti e campioni dell'incertezza. Anche i cartoon, a volte, inseguono la realtà...
«I sogni ci salvano. I sogni ci elevano e ci trasformano. E sulla mia anima giuro che finché il mio sogno di un mondo dove dignità, onore e giustizia diventino la realtà che noi condividiamo, non smetterò mai di combattere. Mai». «Ho fatto una promessa ai miei genitori. Liberare questa città dal male che stroncò le loro vite. Non importa a cosa assomigli questo male, o come si presenti. Io credo che un giorno riuscirò a mantenere questa promessa. Devo». Due dichiarazioni di intenti, la prima è di Superman, la seconda di Batman, entrambi paladini della giustizia ma con motivazioni, punti di vista e modi di agire diversi. Messianico l’alieno, il destino salvifico stabilito già nel nome, Kal-El (in ebraico vuol dire voce di Dio), che difende i deboli da crimini e pericoli, da oppressioni e cataclismi; uomo, semplicemente uomo Bruce Wayne, il tenebroso vigilante mascherato, marcatamente hard-boiled, che, con la sua guerra personale, vuol rimettere a posto il mondo, liberarlo dalla palude in cui sta affogando, riportare l’ordine nel caos, estirpando i criminali come erbacce inquinanti.
Eroi o, meglio, supereroi: uno dotato di superpoteri, l’altro della forza della mente e del cuore. L’Uomo di Acciaio e l’Uomo Pipistrello ci accolgono al primo piano di Villa Pignatelli, come vecchi amici, nei loro costumi fuori moda – il ragazzo delle nuvole che ancora indossa le mutande rosse sulla calzamaglia blu e il crociato incappucciato avvolto nelle ali del suo mantello nero – strappandoci un sorriso e riportandoci alla nostra adolescenza quando in tv, assistevamo alle loro sfide impossibili tifando per i buoni contro i cattivi e divertendoci senza pretese e senza dover a tutti i costi far filosofia. La dimora principesca di Napoli, gestita dal Polo museale della Campania, ospita ancora una volta una esposizione dedicata ai fumetti, sulla scia tracciata nel 1998 da Nicola Spinosa con la contaminazione di Castel Sant’Elmo. Si intitola Grandiosa Dc Comics e anticipa il Napoli Comicon (22-25 aprile, Mostra d’Oltremare), il salone internazionale dedicato alla nona arte, che quest’anno ha deciso di confrontarsi con la storia e le innovazioni che la più antica casa editrice di Super-Heroes ha imposto nella cultura mondiale, riflettendo sulle ragioni di un successo, che sia pure a fasi alterne, cavalca quasi un secolo, conquistando sempre nuove nicchie di lettori.
L’inaugurazione è avvenuta in concomitanza con l’uscita nelle sale dell’atteso e discusso Batman vs Superman di Zack Snyder e sicuramente la mostra napoletana, sia pure con i suoi limiti, contribuisce in qualche modo a fare chiarezza sulla ingarbugliata e sfilacciata sceneggiatura del film, offrendoci una bussola nello sfaccettato e complesso universo Dc. Il percorso si snoda attraverso duecento tavole, in gran parte provenienti da collezioni private. Si parte dalle origini del racconto dei due personaggi-leggenda ideati, nella prima metà degli anni Trenta del ‘900, dalla premiata ditta Jerry Siegel e Joe Shuster, due giovani studenti di origini ebraiche che avevano intuito le potenzialità delle nascenti storie a fumetti. Ad essi, a formare quella che Alessandro Nocera, nel suo saggio in catalogo, definisce l’”eroica trinità”, si aggiungerà, nel 1941, la principessa amazzone Wonder Woman, creata dal giurista e psicologo William Moulton Marston, pioniere dell’affermazione della donna e seguace del libero amore. L’allestimento parte proprio da alcune strisce di primissimi comic-book datati 1938-1939 fino ad arrivare ai giorni nostri con la folta schiera di cartoonist italiani nella scuderia della major statunitense fondata nel 1934 da Malcom Wheeler Nicholson: si passa dalla firma celebre di Claudio Villa al giovanissimo Pasquale Qualano, prof alla Scuola del Fumetto di Salerno Comix Art, e matita della miniserie vintage “Batman 66”. Tra i suoi disegni occhieggia, tratteggiata come una pin up postmoderna, Harley Quinn, la fidanzata psicopatica di Joker, che prossimamente vedremo nel blockbuster cinematografico “Suicide Squad”. Accattivante anche la sequenza di illustrazioni griffate Ausonia, alias il pittore fiorentino Francesco Ciampi, con i ritratti schizofrenici di Due Facce, Joker, Pinguino, gli “squilibrati vestiti da clown” che Batman incrocia nel suo cammino di giustiziere della notte.
Il nucleo portante della mostra, che tutto vuole essere tranne che un viaggio amarcord, offre un interessante focus – ben inquadrato da Lorenzo Corti – sulla rivoluzione anni Sessanta-Ottanta contrassegnata dalla British Invasion (simile a quella che accadrà in campo musicale dei Beatles) che segnerà il Rinascimento del fumetto americano fermo ad archetipi standardizzati. Artefici lo sceneggiatore Alan Moore e l’editor Karen Berger. Lui decostruisce lo stereotipo dell’eroe senza macchie né paura, lo cala nel quotidiano, mette in evidenza i difetti e le nevrosi; lei guarda alle discriminazioni, ai temi politici, religiosi, razziali. Nell’editoriale di Vertigo Preview n°1 (l’etichetta degli “albi per adulti” della Dc) enuncia: «I fumetti sono sempre stati un riflesso dei tempi, ma i nostri sono nati per creare una strana increspatura in questi riflessi; se lo sguardo è rivolto alla realtà, lo portano su una strada laterale e lo capovolgono. Fondamentalmente vogliamo stupirvi, vogliamo farvi pensare». La tranquilla “routine” dei supereroi, le loro avventure da godere come momento d’evasione all’incubo della Grande Depressione ed agli orrori della Seconda Guerra Mondiale sembrano infantili, non rassicurano più una generazione non del tutto uscita dalla crisi del passato e che si sente impotente a fronteggiare l’angoscia del proprio presente, tra nuovi conflitti e soprusi, tra la Guerra Fredda e la minaccia raccapricciante dell’Aids. C’è bisogno di qualcosa in più, di «personaggi – sottolinea Corti – che siano insieme protagonisti e testimoni di storie dove l’orrore scaturisce dai recessi della psiche dell’uomo e dagli angoli più bui della società».
Anche gli artisti si adeguano, le chine si fanno più nere per accompagnare trame sempre più tetre. I capisaldi sono i racconti di Moore “V for Vendetta” (disegni di David Lloyd), “Batman: the Killing Joke” (disegni di Brian Bollard), e la graphic novel, premio Hugo, “Watchmen” (disegni di David Gibbons). Su questo tracciato si innesta il geniale Frank Miller che scrive e disegna quel capolavoro assoluto che è “The Dark Knight Returns”. Al Ritorno del Cavaliere Oscuro fa seguito l’altra miniserie, ormai cult, “Year One”, Anno Uno, disegnata da David Mazzucchelli e colorata da Richmond Lewis, con l’ingresso di Catwoman. Troviamo un Batman più cinico, cupo e violento, considerato alla stregua di un fuorilegge, costretto a fare i conti con il tempo che passa. È la grande innovazione, il punto di partenza per la genesi moderna del “Pipistrello” che piace a pubblico e critica; è la premessa di un ritorno al grande schermo che si concretizza con il film gotico di Tim Burton del 1989, superato solo dalla trilogia di Christopher Nolan con Christian Bale, campione di incassi e che, va detto, ci ha proprio viziato.
Sono passati trent’anni dalla “rivoluzione inglese” e la mostra di Napoli le rende degno tributo con una serie di tavole originali, tra cui spiccano quelle raffinate di Jack Kirby. E, ancora, si segnalano altre firme autorevoli come Tod MacFarlane, Alex Ross, Simon Bisley, John Bolton, Jim Lee. Nell’incrocio di vicende appaiono, al di là della “triade” Batman, Superman e Wander Woman, gli altri difensori della giustizia: Flash, Lanterna Verde, Aquaman, Martian Manhunter, Hawgirl, quelli che costituiranno il team della Justice League of America, di cui si intuisce la costituzione nelle visioni del Batman di Snyder. E veniamo a questo film tanto osteggiato dai critici, ma che già vanta il record storico di 424 milioni di incasso in pochi giorni. Certo ci sono dei buchi narrativi, dialoghi talvolta melensi, troppi sproloqui sul ruolo di Dio, una disomogeneità tra la prima parte, più psicologica e visionaria, e la seconda, un’orgia di effetti speciali, con il corpo a corpo tra i due gladiatori di Metropolis e Gotham City – luce e notte, il risvolto della stessa medaglia – e lo scontro finale con il nemico comune, il mostruoso Doomsbury creato dal folle Lex Luthor. C’è, però, a favore una buona prova attoriale e la presenza di due star decisamente sexy. E se convince meno il veterano del mantello rosso Henry Cavill, un po’ scialbo nel passaggio da spensierato salvatore dell’umanità alla consapevolezza che quella salvezza porta anche distruzione, va dato merito a Ben Affleck di aver dato vita ad un Batman al crepuscolo, deluso, sporco e cattivo, che fa dei suoi limiti il baluardo contro i falsi dei. Sui due rivali-amici trionfa il guizzo interpretativo della stupenda modella israeliana Gal Gadot, fisico statuario e curve mozzafiato (86-60-86) che incarna Wonder Woman. Per lei un ruolo da protagonista nel film in uscita nel 2017 sulla magnifica amazzone dai superpoteri. E per chi volesse vederla da vicino, l’occasione è a portata di mano: il set, nei prossimi giorni, è in tour tra Matera, Ravello ed il Cilento.