Elegia per la libreria Fanucci
Le case dei libri
Ha cessato l’attività quella che un tempo - lontano e felice - era l’Antica Libreria di Scienze e Lettere curata da Angelo e Alice Zavattini. Ma per una libreria che chiude a Roma, una milanese viene premiata alla Scuola Librai di Venezia
Pochi giorni fa, la notizia della chiusura della libreria romana Fanucci, in Piazza Madama, di fronte al Senato mi ha costernata. Negli ultimi quattro anni 50 librerie hanno chiuso i battenti a Roma, oltre 100 in dieci anni. Ogni libreria che chiude è un fallimento di portata inimmaginabile: lettori perduti, luoghi di intrattenimento felice che scompaiono, spazi per la cultura e gli editori, per ogni genere di scambio e di incontro tra scrittori e pubblico. In una nazione civile, la cultura dovrebbe essere progetto di primaria importanza, che merita di essere sostenuto da leggi e contributi finanziari, un bene da difendere e coltivare con ogni energia e sensibilità, una immagine da esibire con orgoglio agli occhi del mondo.
La smobilitazione, il triste rito di uno svuotamento definitivo della libreria Fanucci (chi ne prenderà il posto? un negozio di moda? di elettronica? che tristezza) rappresenta per me anche un taglio lacerante di ricordi e di storia familiare. Non tutti forse sanno o ricordano che prima della cessione all’Editore Fanucci, la libreria si chiamava Antica Libreria di Scienze e Lettere, nome che faceva pensare a una lunga tradizione gloriosa, a memorie conservate in una sorta di sacrario dell’intelligenza, delle arti. Ignoro a quale anno risalisse la fondazione, ma conosco bene gli anni (Settanta) in cui fu amorevolmente curata e organizzata dagli Zavattini, Angelo (il fratello di Cesare) e sua moglie Alice, che lì seppero creare un cenacolo sempre animato e allegro (la vita della libreria si estese da metà anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta). Spesso capitavo a Roma, durante gli anni giovanili dopo gli studi, e adoravo trascorrervi intere giornate. Si partiva in macchina da Via Sant’Angela Merici, dove abitavano tutti gli Zavattini, procedendo lentissimamente (Angelo non amava la velocità), il tempo di lunghi conversari, io nel sedile posteriore, e passando per il Muro Torto, si raggiungevano i dintorni di Piazza Navona.
La libreria aveva un ampio vestibolo, con il banco principale, al quale sedeva Alice, a volte, nei momenti morti, sferruzzando; e dietro, stanze si susseguivano come bambole di una matrioska che si sviluppavano l’una dall’altra, sempre più piccine. Nell’ultima, seduta su uno sgabello, quando non ero d’aiuto con i clienti, mi portavo libri da leggere: veniva sera così in fretta, dopo che con la mente avevo viaggiato lontano, lasciando il corpo tra le pile ammassate dei volumi, nuovi e vecchi, libri profumati, libri polverosi. Più spesso ero presente, pronta a scrutare ogni persona che aprisse la porta coi campanellini, per cercare subito di capire quali richieste avremmo fronteggiato, naturalmente sicuri di soddisfare ogni esigenza. La conversazione faceva parte delle abitudini dei due librai, sempre disponibili, capaci di ispirare battute e simpatia in ogni sconosciuto. Più spesso erano i clienti fissi gli usuali frequentatori e capitava che chiedessero consigli, senza idee precise, fidandosi del fiuto dei loro due amici che ormai conoscevano bene i gusti personali di tutti, le preferenze, le idiosincrasie, le abitudini soprattutto. Essendo la libreria situata davanti a un luogo importante e strategicamente prestigioso come il Senato, gli ospiti potevano essere personaggi come Giovanni Spadolini, il senatore Franco Antonicelli (nutrivo per lui un vero culto), Pannella, e poi poeti, scrittori, personaggi della televisione. Mi riempivo gli occhi e le orecchie, non perdendo una virgola di ciò che accadeva in quell’antro delle meraviglie. Nutrivo una ammirazione profonda per i miei zii, di cui mi stupiva la disinvoltura, la capacità ‘morbida’ e serena di socializzare, di coccolare, di incuriosire.
Molti anni prima, zio Angelo, un giorno in cui ero bambina e giocavo ai giardinetti di Piazza Leonardo da Vinci, a Milano, comparve scendendo da un grande camioncino, una specie di roulotte ambulante, colma di libri. L’idea di una libreria ambulante (Bibliobus) era stata dell’Editore Valentino Bompiani, pioniere in molte iniziative. Salii emozionata, come se entrassi in una scatola dalle pareti di carta multicolori. Erano le copertine dei libri: c’era una panchetta dove potersi sedere a dare un’occhiata e magari leggere qualche riga prima di effettuare una scelta tanto cruciale come l’acquisto di un libro, un autentico lasciapassare nei territori della fantasia. A quei tempi probabilmente, mio padre mi stava iniziando alla lettura di Salgari, di Verne, ma io avrei comprato tutto, e mi chiedevo come fosse possibile inventarsi i libri a domicilio: un privilegio che solo un re delle fiabe poteva allora concedersi, pensavo.
Per una libreria storica che chiude a Roma, una libreria di Milano ha di recente ricevuto il prestigioso Premio della Scuola Librai a Venezia, intitolata a Umberto e Elisabetta Mauri: si tratta della Lirus. È il decimo Premio che viene conferito a un libraio, e il primo toccato a un libraio milanese, Claudio Oxoli, e al direttore Salvatore Lombardo. La sede è in Via Vitruvio e a marzo festeggerà i 25 anni di vita. La motivazione è bellissima: «Nata nel 1991, la libreria che premiamo quest’anno svolge da sempre un importante e concreto lavoro di aggregazione all’interno del quartiere, ed è diventata un consueto e abituale luogo di incontro e socializzazione per gli abitanti della zona, oltre che un punto di riferimento per tutti gli amanti del libro e della lettura. La varietà dell’offerta, che spazia dai piccoli e medi editori di qualità ai bestseller e alle pubblicazioni delle grandi case editrici, la preparazione e la competenza, l’attenzione alla qualità la rendono capace di incontrare tanto i gusti del pubblico più ampio, quanto quelli del lettore più esigente. Nel corso della sua attività ormai più che ventennale il nostro premiato è diventato il libraio ideale che tutti noi cerchiamo: un referente con il quale poter discutere di libri e dal quale ottenere validi consigli, e un instancabile organizzatore di eventi, presentazioni e incontri con autori. Ha saputo cogliere le opportunità di sviluppo e di esplorazione del nuovo quando queste si sono presentate; consapevole dell’importanza dell’aggiornamento, per sé e per il personale, è anche un fedele frequentatore dei corsi della Scuola. Il nostro libraio ha dimostrato dunque di saper combinare efficacemente la necessaria concretezza, lo spirito di intraprendenza, l’amore per la lettura e per un mestiere al contempo appassionante e faticoso. Questo gli ha permesso di crescere, resistendo alle difficoltà quotidiane, alla crisi generale e della lettura».
Ecco, ai bambini, ai giovani, quotidianamente insegnanti e genitori dovrebbero ricordare che la lettura rende liberi e che le case dei libri sono le stanze migliori per sognare.