Every beat of my heart, la poesia
Il non detto di Shakespeare
Davide Rondoni, poeta tra i più significativi della sua generazione, è l’autore del monologo di Ghertruda, la mamma di Amleto, che va in scena lunedì a Brescia, interpretato da Laura Piazza. Un testo fortemente ispirato
Davide Rondoni è uno dei poeti più significativi della sua generazione, intendo i cinquantenni, ma non solo. Legata alle realtà quotidiane non minime ma umili, la sua poesia è in realtà una ricerca continua, spezzata quanto felice della ierofania. Rondoni è un autore non provinciale, cioè non esclusivamente italiano, e inoltre d’animo e cultura comparatista. Fa parte di quel ristretto numero di poeti che, in pieno Novecento, sentono necessario il recupero del teatro, non come aggiunta alla poesia lirica, ma come suo elemento costituente. Come avvenne alle origini, con la tragedia greca, come accadde nell’irripetuto splendore elisabettiano di Shakespeare, Marlowe e amici di taverna e di grazia. Separate dalla storia, lirica, drammatica e epica, possono, e in certi casi devono, ricongiungersi. Derek Walcott a mia precisa domanda rispose che non può esistere differenza tra teatro e poesia, essendo sinonimi. In realtà è uno dei pochi a seguire questa via, con Wole Soyinka, tra i grandi viventi. Via tracciata da Eliot, proseguita da Luzi, intrapresa anche da me, ripresa da Rondoni. Che scrive questo intensissimo monologo di Gertrude, la madre di Amleto, l’adultera regina di Danimarca.
Indubitabilmente adultera, mentre oscuro il suo ruolo nell’assassino del marito, il re legittimo, compiuto dal suo amante e di lui fratello, Claudio. Complice? Difficile evincerlo dal testo shakespeariano. Connivente? Possibile. Sì, possibile una connivenza al limite dell’inconscio. Certo il fantasma del re assassinato, dagli spalti del castello di Elsinore, mentre esorta il figlio a punire l’assassino usurpatore Claudio, chiede pietà per sua moglie Gertrude. Senza aggiungere altro. Amore, puro amore.
Rifacendosi, con un colpo di teatro degno del suo talento, all’etimo danese, un Rondoni in stato di grazia scrive il monologo di lei, Ghertruda, quella per cui Amleto disperatamente compassionevole gridò: «fragilità, il tuo nome è donna».
Adesso torno in scena io.
Sollevandomi
Da quella stupidissima morte.
Dove sono le fenici azzurre
le fiamme dolci e ritorte
la rèsina, le capre folli, magiche,
i cani dal lungo pelo e occhi
di diaspro,
le cavalle
con le gemme scure sulle fronti, le àrtiche
creature
tra il buio e la luce dei ghiacci morti?
Sono l’unico spettro qui?
Ne siete sicuri,
nessun altro è uscito
dai suoi marci e sfondati ripari?
Nessun animale fantastico?…
Me li raffiguravo, ero bambina,
la mia dura madrina li disegnava
nell’aria,
sull’erba.
Coperta di brina.
Più nessun abbraccio forte.
Questo sì mi pesa
della mia condizione di morte.
Il nulla della mia assassina.
Siamo in tanti, ci si rivede…
Ci sfioriamo. Il bicchiere in mano
dietro, là
la grande vetrata.
Lo sapevo che la coppa era avvelenata.
Quando lui l’ha offerta a mio figlio ed è restata
sospesa
io lo potevo immaginare e forse sì,
ma non ricordo bene
l’ho immaginato.
Ma ho bevuto.
Essere pronti è tutto…
E io no, non lo sapevo
e però sì, oscuramente,
lo sapevo.
Davide Rondoni
Lunedì 22 febbraio, alle 20,30, al Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri (in Contrada Santa Chiara 50/a, Brescia), il debutto nazionale di “Ghertruda la mamma di A. – La donna che volle esser regina nella terra di Amleto”. Autore Davide Rondoni, progetto di Davide Rondoni e Laura Piazza, produzione Centro Teatrale Bresciano, regia di Filippo Renda, con Laura Piazza. Info: 030 2928610/629. Mail: info@cbteatrostabile.it