Un omaggio a tante voci
Parole per Pasolini
Amici, lettori e seguaci raccontano il loro Pasolini in “Caro Poeta, caro amico“, un progetto di musica, immagini e parole a cura di Andrea Del Monte, Ignazio Gori e Claudio Marrucci
Caro Poeta, caro amico, a Pier Paolo Pasolini, a cura di Andrea Del Monte, Ignazio Gori e Claudio Marrucci, illustrazione di Agostino Raff, grafica di Jacopo Calabattista, è un libro-disco: un progetto musicale e letterario prodotto dall’etichetta tedesca Sound System Records e composto da un album di dodici brani dedicati al grande scrittore, insieme ad un libro allegato di interviste. La prima parte del libro, s’intitola Parole e contiene poesie di: Antonio Veneziani, Claudio Marrucci, Ignazio Gori, Renzo Paris, Giulio Laurenti, Fernando Acitelli, Alberto Toni, Andrea Del Monte, Tiziana Rinaldi Castro, Clea Benedetti, Giovanna Marini, Titti Rigo de Righi, musicate nel CD, con adattamento in canzoni, dal cantautore e compositore Andrea Del Monte (ideatore del progetto). La seconda parte invece, assente nel CD, Pasolini visto da vicino, è composta da una serie di interviste a scrittori, artisti e intellettuali che hanno conosciuto Pasolini o, pur non avendolo conosciuto di persona, sono stati particolarmente influenzati dalla sua poetica.
Walter Siti ha curato il Meridiano dell’opera pasoliniana e resta legato al poeta friulano per «l’ingenuità quasi infantile che ha mantenuto fino alla vecchiaia, il coraggio di buttarsi nella mischia intellettuale senza troppo preoccuparsi delle conseguenze, la convinzione che la vita sia incontenibile dalla letteratura». Enrique Irazoqui, la cui vita fu completamente capovolta in meglio dall’incontro con Pasolini e interpretò il Cristo nel Vangelo Secondo Matteo, lo ricorda così: «Andammo a casa sua, all’Eur, in via Eufrate, e appena aperta la porta Pasolini mi fissò in maniera strana. Poi corse a telefonare a Ninetto Davoli, gridava: “L’ho trovato! L’ho trovato! Ho trovato Gesù! Il mio Gesù!”». Alessandro Golinelli parla soprattutto del regista della Trilogia della vita, dell’anticonformismo del poeta, con la sua visione della sessualità e dell’omosessualità: «L’occhio di PPP non aveva filtri, non si limitava a spiare dal buco della serratura. Se Pasolini inneggiava ai Poliziotti proletari, versus gli studenti borghesi, durante gli scontri a Valle Giulia, era perché preferiva andare a letto con i primi piuttosto che coi secondi e lo faceva capire».
Citto Maselli ricorda il rapporto di amore e odio che ebbe con lui e la contraddittorietà di una personalità sempre in rivolta: «… quando riuscimmo a farlo eleggere presidente dell’Associazione nazionale degli autori cinematografici accadeva che in occasioni pubbliche e incontri politici (su una nuova legge per il cinema per esempio) lui non resisteva all’impulso di distinguersi e così a volte sosteneva tesi diverse da quelle che eravamo riusciti con fatiche inenarrabili a far accettare ad altre organizzazioni di categoria o sindacali». La danzatrice, attrice e coreografa Maria Borgese parla del suo coraggio e dell’ingiusta strumentalizzazione della sua morte. Giuseppe Pollicelli era attratto dalla sua eccezionale poliedricità intellettuale e dalla capacità di eccellere in tutto ciò che ha fatto. Ninetto Davoli, che ha lavorato con lui per più d’un film, venendo dalla strada come quasi tutti gli attori pasoliniani, si dice grato al poeta per avergli permesso di esprimere al meglio la sua personalità e gioia di vivere. Franco Grattarola ha scritto Pasolini, una vita violenta, con cui ha voluto ricostruire il rapporto ostile tra l’intellettuale friulano e larga parte della società civile, religiosa, politica italiana; crede che il feroce omicidio sia maturato in un contesto malavitoso. Renzo Paris ha recentemente scritto il romanzo Pasolini, ragazzo a vita, in cui racconta il suo rapporto con il maestro-poeta, dall’anno in cui lo conobbe, il 1966, a quello della morte, ripercorrendo i luoghi pasoliniani italiani ed esteri. David Grieco dice che Pasolini ha rappresentato per lui una guida etica e ritiene sia stato ucciso «dalla stessa organizzazione che ha messo le bombe, ha fatto le stragi, ha alimentato la strategia della tensione e ha infine rapito e ucciso Aldo Moro».
Franco Bruno ha diretto il film Pasolini. La verità nascosta, con cui analizza «il complotto attuato dai poteri alti con l’escamotage del furto delle bobine di Salò», avanzando quindi l’ipotesi di connivenza tra la mala di allora e certa parte del cinema e della politica italiana. Lucia Visca, giovanissima cronista (aveva 22 anni), in diretta dalla scena del delitto Pasolini, racconta la sensazione di inadeguatezza, rabbia e impotenza di fronte al cadavere del poeta. Fulvio Abbate che ha scritto diversi libri su di lui, tra cui: C’era una volta Pasolini, Pasolini raccontato ai ragazzi, Pasolini raccontato a tutti, lo ricorda soprattutto come poeta, anche nella sua dimensione pedagogica e polemista. Alcide Pierantozzi ne apprezza l’immodestia rispetto alla modestia dei nostri giorni che nasconde la pigrizia di chi non vuole impegnarsi. Igor Patruno ha scritto il romanzo Dove calano le ombre, in cui c’è un personaggio, uno di quei ladri onesti che ha trascorso anche qualche anno in galera, e racconta in modo verosimile la morte di Pasolini, dove non si esime il coinvolgimento di una certa mala romana. Pino Bertelli ricorda che nel 1958 «un poeta incontra un ragazzo di strada, gli dona una macchina fotografica Rolleiflex e quel semplice gesto lo salva dalla galera…», e per lui l’intera opera di Pasolini «è una sorta di pastiche libertario, un rizomario di visioni, emozini, utopie… di vasi comunicanti che esortano a salvarsi dalla volgarità, dalla banalità e dal successo…».
Giovanna Marini lo conobbe nel 1960 a casa di una giornalista di Paese Sera e ricorda di come lui le abbia insegnato ad apprezzare i canti popolari e di quanto ciò abbia influito sul suo lavoro di ricerca sulla canzone popolare. Tullio De Mauro afferma che la Procura abbia subito pressioni per non procedere alle indagini circa il delitto Pasolini perché queste avrebbero potuto portare a identificare esecutori e mandanti. Susanna Schimperna lamenta il fatto che oggi tutti si siano appropriati di lui, che sia diventato un profeta, un vate intoccabile, sottolineando invece quanto fosse amaro il giudizio degli intellettuali suoi coevi; dice inoltre una cosa molto importante circa i costumi dei giorni nostri: «tutto è sesso, guai a non essere dichiarati trasgressivi. Ma è una bufala, tra l’altro molto consumista e molto discriminatoria». Giancarlo De Cataldo ricorda la storia di Tommasino Puzzilli in Una vita violenta: archetipico viaggio dell’eroe sottoproletario. Emanuele Trevi ha sempre amato in Pasolini la capacità di intendere la letteratura «come un processo totale di conoscenza del quale le singole opere sono la testimonianza sempre imperfetta e parziale». Le interviste sono a cura di Antonio Veneziani, Igor Patruno e Claudio Marrucci.
Molto interessante anche scoprire come ciascuno degli intellettuali intervistati si sia fatto un’idea diversa della tragica morte di Pasolini, c’è chi la imputa alle sue relazioni pericolose, chi alla mala, chi alla magistratura, chi all’atteggiamento omertoso degli intellettuali suoi coevi, chi alla politica o all’intrigo di stato, qualcuno ritiene siano stati i ragazzi di vita stessi a tradirlo, altri ancora considerano per buona l’idea che vi sia stato un complotto tra le varie forze in campo, ma dal ’75 a oggi difficile riaprire il caso e giungere a conclusioni che non siano imbastite dall’immaginazione di chi le fornisce. Una cosa è certa, Pasolini, odiato dall’intellighenzia del suo tempo, osannato come vate invece oggi, ha comunque lasciato più d’un grande insegnamento, nell’arte come nella vita, il coraggio della libertà dagli schemi del proprio tempo e l’onestà intellettuale di un artista a tutto tondo e sempre oltre la gabbia delle ideologie.
Per concludere condivido la poesia di Antonio Veneziani che apre la prima parte del libro.
«A Pier Paolo Pasolini»
Tutti i giorni, l’intero giorno,
rimango ad aspettare la distruzione
della città, di questa città,
crepata nei muri e nelle anime,
caro poeta, caro amico,
la città che ha massacrato te e
uccide la poesia, tagliuzzando i sogni.
L’abbiamo amata. Ha illuminato
gli occhi dei ragazzi bruni, ha detto
parole conclusive al cuore in tumulto.
Ci ha coinvolto in amorose remissioni,
caro poeta, caro amico.
Oltre lo specchio, il volto di Alì
è triste, ha lo sguardo di una statua.
Dov’è finita l’atea religiosità? E la lesta mano?
E il pratone? I giovani si struggono, e molti
seminano chiodi. Non l’avevo messo in conto,
questa città non è più casa mia,
caro poeta, caro amico.
Questa mia vita è un lento suicidio, nonostante
le carte buone, non riesco ad evitare il maleficio.