La Domenica: itinerari per un giorno di festa
L’Esquilino risanato
Dopo interventi di riqualificazione e messa in sicurezza, riapre il Parco di Colle Oppio, laddove le Terme di Traiano si sovrappongono alla neroniana Domus Aurea. E anche per la strabiliante residenza dell’imperatore sono in arrivo 13 milioni di euro stanziati dal Mibact…
Sono appena stati riaperti i cancelli di accesso al Parco di Colle Oppio, quegli undici ettari con vista Colosseo che si dividono tra resti archeologici e pini respighiani, tra giardini, muri imperiali e alberi d’alto fusto. I magri fondi per il Giubileo sono stati utilizzati qui – dove le Terme di Traiano si sovrappongono alla neroniana Domus Aurea – per mettere in sicurezza i declivi verso l’anfiteatro Flavio. Da una delle tre gobbe che compongono il colle Esquilino (l’Oppio appunto, mentre le altre sono il Fagutale e il Cispius) la terra franava a valle. Così sono stati realizzati piccoli terrazzamenti sostenuti da barriere di tronchetti in legno. E vi sono state piantate edere e altri rampicanti, le cui radici formeranno una rete contenitiva. Ma sono anche stati ridisegnati alcuni vialetti, e altri ne verranno, secondo un piano più vasto che riguarderà tutto il parco, ideato dopo Roma Capitale ma di fatto realizzato nel periodo fascista.
Allora, facciamo una passeggiata proprio qui, dove è partito l’input di risanare un luogo nobile e degradato. I monumentali resti delle Terme di Traiano, la suggestione delle Sette Sale, dove fu trovata un’iscrizione della Roma repubblicana, l’ingresso monumentale su via delle Terme, le chiese di San Pietro in Vincoli e di San Martino ai Monti convivono con i bivacchi degli immigrati, i loro panni stesi. Li vedi raccogliere rami spezzati per accendere focherelli, li vedi lasciare i resti di cibi, se non peggio. Il progetto di riqualificazione del Parco (condiviso con Cittadinanza Attiva, gli abitanti dei rioni Monti, Esquilino e Celio, altre organizzazioni culturali) prevede di notte la chiusura degli ingressi. Ma è necessario vigilare – ed è compito della prefettura – sul perimetro di cancellate installate dalla Giunta Rutelli e troppo spesso scavalcate in cerca di rifugi, che fino a qualche tempo fa erano stati ricavati anche nelle nicchie termali. Ed è appunto questo uno dei due interrogativi che gravano sullo sforzo di recupero: si riuscirà a contenere l’invasione degli immigrati, già più volte allontanati e invano? E, l’altro dubbio, chi si occuperà della manutenzione del verde, visto che la zona è assurdamente spartita tra due competenze, quella Comunale e quella Statale, sicché Domus Aurea fa capo al Mibact e il Parco di Colle Oppio al Campidoglio?
Ma intanto guardiamo al bicchiere mezzo pieno, che contiene un’altra, grande novità. Per la Domus Aurea sono in arrivo 13 milioni di euro. Li ha stanziati il Mibact al fine di salvare la strabiliante residenza dell’imperatore Nerone, punto fermo non solo dell’antichità, ma della storia dell’arte dal Rinascimento in poi e di quella urbanistica di Roma. Il tesoretto servirà a portare avanti il progetto di risanamento della casa del princeps più controverso dell’Impero, un esteta e politico considerato folle, accusato di aver incendiato Roma nel 64 dopo Cristo, costretto al suicidio quattro anni dopo. E infatti, dopo il clamore seguito all’apertura, nel 1999, della Domus – con gli esclamativi di meraviglia di fronte alla magnificenza, anche ingegneristica, della Sala Ottagona o agli affreschi raffinati del maestro Fabellus – vennero i giorni dello scalpore mediatico per il crollo di alcuni soffitti. Una ferita, col corollario di critiche al sistema Beni Culturali, all’interno di una “cattedrale archeologica” che non ha la stessa risonanza del Colosseo soltanto per il fatto che non è visibile all’esterno.
Il motivo dei cedimenti strutturali era uno soltanto. L’esistenza, sopra le volte della Domus, i suoi criptoportici, le sale, appunto del giardino con alberi di grandi dimensioni, come un pino himalayano che pesa 50 quintali ed è alto diciotto metri ma affonda le sue radici soltanto in tre metri di terra, proprio sopra un raro mosaico che sul soffitto del Ninfeo neroniano raffigura Ulisse e Polifemo. Ne consegue che le stesse s’infilano nelle antiche pietre, perforano le mura imperiali, portano con sé sconquasso e umidità. Altro nefasto effetto è il percolamento di acqua. Insomma, il giardino è una spugna che non trattiene nulla, mentre le alberature – afferma Gabriella Strano, architetto paesaggista della Soprintendenza Archeologica che cura il complesso insieme con il direttore scientifico della Domus Alessandro D’Alessio – «addirittura bevono e mangiano la Domus, tanto i suoi muri sono ricchi di sali e umidità che non trovano più nel sottile strato di terreno». Per questo si sono rivelati finora inutili gli interventi di impermeabilizzazione con l’utilizzo di guaine. E vanificati sono stati i restauri degli affreschi. È evidente in una parete del criptoportico maggiore: in alto le pitture, pulite nel 1999, sono invase di muschi. Ma il “velluto” verde compare anche nelle zone “curate” 15, 10, 5 anni fa. E macchie di muffa che si estendono di mese in mese nella volta della Sala di Achille e Sciro, così detta dall’episodio dell’Iliade (Ulisse reca le armi ad Achille, che d’impeto le afferra, pronto a combattere) che campeggia mirabile nel riquadro centrale.
«In questa situazione procediamo, come negli anni passati, solo al consolidamento delle strutture e le monitoriamo per controllare che restino costanti temperatura e umidità, a garanzia che gli affreschi non si incrinino e si spacchino. Come pure teniamo sotto controllo il livello del pericoloso radom», spiega D’Alessio.
Una visita a Colle Oppio e alla Domus Aurea (quest’ultima aperta il sabato e la domenica, dalle 9 alle 17, ultimo ingresso alle 15,45) è anche una ricognizione del faticoso lavoro operato dai restauratori non solo delle strutture ma del verde pubblico. All’interno la Domus squaderna i suoi ambienti in una selva di impalcature. E nella scenografica Sala Ottagona è esposto un sistema integrato per la ricomposizione del terreno che la sovrasta. Perché solo un progetto radicale può salvare la reggia. Si devono eliminare gli alberi che dalla terrazza sovrastante la stanno strangolando, si deve alleggerire la pesante coltre di terra. Bisognerà abbattere cinquanta presenze arboree, molte prive di rilievo botanico, come gli allori. Non si toccheranno invece le palme, si pavimenteranno i vialetti con ghiaia e terra battuta, si renderanno fruibili al pubblico gli edifici interni, uno adibito a centro anziani, uno al Centro Culturale dell’Ambasciata d’Egitto.
Quanto al giardino, i 13 milioni in tre anni serviranno a far procedere un progetto integrato, elaborato da Gabriella Strano, del quale si è finora realizzato un saggio su 750 metri quadrati, reificando il modello esposto nella Sala Ottagona. È scaturito dall’analisi delle fasi storiche del sito. Dopo la morte di Nerone, Traiano eresse sopra la Domus le sue Terme, creando gallerie di scarico e riempiendo di terra gli ambienti. Che furono riscoperti nel ‘400 dai grandi artisti – Pinturicchio, Giovanni da Udine, Raffaello, Ghirlandaio – che si calarono nella Domus-grotta e copiarono le pitture denominandole “grottesche”. È emozionante individuare la loro mano sui muri imperiali. Nella Sala Gialla è evidente il buco dal quale s’infilavano gli artisti del Rinascimento così come le sanguigne con le quali proseguivano l’affresco imperiale che avevano trovato deteriorato. Si legge la firma del Pinturicchio, accostato al graffito che lo apostrofa come “Pinturicchio sodomita”, a dire di quanti presero l’abitudine a infilarsi nella Domus dalla collina sovrastante.
La terra di scavo dei tanti pertugi fu ammassata sopra la dimora e nel ‘700 la terrazza traianea divenne un grande campo agricolo, dove si coltivava soprattutto la vite. Nel 1936 infine la creazione del parco, abbellito dagli alberi che ora fanno danni. Al loro posto, il giardino – nella zona-pilota già fioriscono i giacinti – segnerà le sale sottostanti con vialetti e riquadri a prato, rose, piante care a Plinio e Colummella – limoni e piccoli cipressi piantati in vaso, mirti, lavanda e rosmarino a fare siepe. Germoglieranno su un terreno multistrato – che assicura drenaggio, coibentazione e monitoraggio e pesa solo 750 chilogrammi a metro quadro contro gli attuali 2500 kg/mq. Per completare il giardino servono complessivamente 31 milioni. «Ora – sorride Strano – lavoriamo con i 13 assegnatici dal ministro Franceschini, poi speriamo in rifinanziamenti derivanti dall’art bonus e, magari, da sponsor».