“Bambini di cristallo” di Kristina Ohlsson
Billie e i fantasmi
Un avvincente romanzo dell’autrice svedese, pensato per gli adolescenti ma adatto anche a un pubblico adulto. Una storia da brivido dallo stile rapido e avvolgente
Spiriti e fantasmi in agguato, scricchiolii inspiegabili, passi leggeri sul pavimento, impronta di una mano di un bambino impressa sulla polvere che si è accumulata su un tavolino. Come non spaventarsi? Ma ciò che soprattutto colpisce Billie, la ragazzina dodicenne protagonista dell’avvincente romanzo Bambini di cristallo della svedese Kristina Ohlsson (Salani, trad. Silvia Piraccini, 169 pagine, 13,90 euro), è il lampadario che vede dondolare al gancio del soffitto. Sarà uno spiffero entrato dalla finestra, ma non c’è vento fuori, allora che cosa sta succedendo?
Da sempre fantasmi e spiriti hanno popolato la letteratura, a volte con contorni sinistri, più spesso rassicuranti, quasi a volersi sostituire a divinità benefiche in grado di guidarci nell’arduo cammino della vita. Oggi si è risvegliato un forte interesse per questi temi e al di là della religione e delle credenze queste presenze anziché allarmare, affascinano e suscitano curiosità, quasi simpatia. La parapsicologia è stata considerata in passato con molto sospetto, ma le nuove scoperte scientifiche inducono a considerare il mondo che ci circonda secondo nuovi paradigmi. Come non ricordare la storia dell’Olandese volante, condannato in eterno a vagare ramingo con il suo vascello fantasma nero e spettrale, la cui apparizione era presagio quasi certo di naufragio? Le scienze, un tempo chiamate occulte, godono di maggiore considerazione. Non basta più dire che ciò che non si vede non esiste, anche perché ciò che si vede è un’infinitesima parte dell’universo. Le stelle brillano in cielo, ma cosa c’è dietro di esse? Una cosa è certa: non conosciamo quasi niente. Allora tutto è possibile.
Tornando al romanzo di Kristina Ohlsson, si può considerare una piccola gemma per adolescenti e adulti, un ottimo inizio per entrare nelle storie da brivido per il suo stile rapido e avvolgente, il senso di libertà e il superamento di ogni pregiudizio, per la carica positivamente sovversiva che i ragazzi possiedono. La mamma di Billie non comprende gli interrogativi che si pone la figlia, anzi pensa che le sue siano fantasie malate. I fantasmi non esistono, Billie vuole ritornare nella casa dove abitavano in città, prima della morte del padre, per questo inventa strani eventi. Come al solito gli adulti sottovalutano i figli; sicuri e forti delle loro esperienze pensano che i ragazzi siano facilmente impressionabili. Anzi, peggio bugiardi. Ma non è così, Billie avverte davvero presenze inquietanti: «nella casa dove abito c’è qualcosa di misterioso», confessa all’amico Aladdin. Che cosa può essere? È vero che «certi morti sono arrabbiati perché non possono più vivere»? La paura di Billie si trasforma in collera quando la madre la prende in giro nel momento in cui si azzarda a raccontare ciò che vede e sente, le «cose strane e inquietanti» che stanno accadendo. I “grandi” non hanno rispetto, pensa la ragazzina, si confondono con facilità. E proprio con questa prospettiva che invade il campo della psicologia si chiude questo singolare romanzo in cui tenebre, realtà e sogni offrono la possibilità di discutere.