Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Il suono della preghiera

Francesca Merloni ha una cifra forte, scrive a voce alta. E nei versi di questa invocazione emerge religiosità archetipica e il fuoco poetico che ha bruciato nei metafisici inglesi del ’600, in Gibran, nei mistici Sufi…

Francesca Merloni vive a Roma. Ha pubblicato poche opere, dalla cifra forte, inconfondibile. Lavora sul verso anche oralmente: scrive poesia-teatro (è anche eccellente voce e interprete), ma, più radicalmente, scrive a voce alta, fa parola del suono e del soffio. In questi versi tratti da una composizione non lunghissima, una sorta di invocazione poetica, emerge la forza che la poesia anche esplicitamente religiosa può avere. Quando, non sempre ma prevalentemente, la religiosità archetipica, il fuoco poetico, bruciano più intensamente in poesie, o poeti, non dichiaratamente religiosi. Per intenderci Leopardi e Foscolo ardono vertiginosamente e ci trascinano con violenza e incanto nel dilemma metafisico, da cui gli Inni di Manzoni, tra apologetica, metrica dozzinale e volontarismo, non sono sfiorati… Nulla di confessionale, nessuna subordinazione della poesia alla preghiera, ma una loro convivenza drammatica, battente, memore, credo, dei metafisici inglesi del Seicento, di Gibran, dei poeti mistici Sufi. Ogni verso è un battito di potente vitalità ispirata, soffiante. Raro che una voce salga a Dio con una potenza così conclusa in ogni sillaba, in ogni fibra sonora, con un tale gaudio drammatico e ascendente.

 

Francesca Merloni

Tu
che come uomo solo piangi sulla terra
che per un solo giusto benedici la terra
fino alla forza dell’uomo nell’Uomo
fino alla resurrezione dell’amore dimenticato
svuota la mia anima
affinché si riempia dell’Eterno

nel mio petto il dolore di Dio
strana forma dell’amore di Dio
unico accesso comprensibile
luce resa sopportabile
all’uomo che distrugge
quello che non arriva a prendere

in fondo al battito tra tempo e tempo
nelle ruote di fuoco del mio corpo
la ferita dei non amati

non per me non per me sola Signore
mio il dolore di chi ha capito e ha sete
mia la fame del Logos dei cuori
mia la promessa dell’Acqua di Vita

in nessun luogo gli altri se non in me
se non sarò Una nello spirito con essi
non potrò cantare la Parola del Padre

nessun eletto nessun eletto Signore
nulla Tu offri solo ad uno di noi
nulla ci predestina se non quel che abbiamo già
compiuto
e quanto accettiamo di compiere oggi
templi del presente e del futuro
come nel passato abbiamo edificato

nessuna verità è data in un istante
la luce penetra l’uomo poco a poco
fosse anche il più puro dei puri

 

Maestro è chi sa amare al di là delle parole
è chi resta discepolo per sempre,
trascende ciò che un tempo ha compiuto

il mio cuore custodisca le Tue parole
come vulcano di fuoco nelle viscere della terra
il cuore profondo non ha struttura
l’anima non si fa cristallo
la volontà dell’Eterno non è di questo mondo
non sarà sfiorata dai venti che spazzano le civiltà
perché solo all’Eterno obbediscono i venti
e alla sua Parola si inchinano i mari

 

il mio spirito esulta in Te
che mi fai Regina ancor prima di combattere
colomba sopra il Tuo respiro la mia immagine
l’immagine di Te
volti dell’Unica essenza
fino all’ultima potente vibrazione
fino al fuoco delle viscere del creato

Luce da Oriente l’Amore di Dio
in me il Sole di Dio
e non distolgo gli occhi dal Tuo sguardo
neppure in brevi intervalli di respiro
mentre l’Amore discende e diventa corrente
fino al mio risalire e toccare la Fonte

come grido dell’anima come preghiera vivente
ascio ora le periferie del cerchio delle apparenze
verso il centro
dove sono custodite le cose

 

Fammi Una, Padre, nell’Eterno

Fammi Rosa del Senza Nome

Fammi Rubino di Luna e Sole

Fammi Amore del Dolore che Trasforma

Fammi Colomba del Tuo Tempio Santo

Fammi Spirito della Grande Opera

Fammi Spirito nello Spirito dell’Eterno

Francesca Merloni
(Da Rosa del Senza Nome, in Bona vox. La poesia torna in scena, a cura di Roberto Mussapi, Jaca Book)

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