Al Marte di Cava de' Tirreni
La danza e l’ombra
Omaggio a Alessio Buccafusca, il grande fotografo di scena che ha immobilizzato l'arte magnifica degli dei della danza, da Rudolf Nureyev a Maurice Bèjart a Carla Fracci
Ce qui la mort me dit, Ballet du XXe siècle, 1980, Teatro San Carlo, Napoli. Corpi intrecciati, una linea curva che disegna un solo corpo nella densa impalpabile materia dello spazio, la luce caravaggesca che esalta il pathos della coreografia di Maurice Bèjart, la sua anima di filosofo, il suo cuore di poeta. Un rapido, fuggevole istante fermato per sempre da Alessio Buccafusca, premio Massine Positano, tra i più autorevoli fotografi di scena del mondo. È con questo scatto “plastico” che si apre la mostra Fotogrammi di Danza, la prima retrospettiva che il Marte dedica, con la curatela di Roberta Bignardi, all’artista napoletano, accompagnando la preziosa esposizione con una serie di appuntamenti – incontri, performance, workshop e laboratori a misura anche di bambino – che si snoderanno ogni weekend fino al 30 novembre.
«Esperienze tutte da vivere – dice Dorotea Morlicchio, presidente dello spazio culturale di Cava de’ Tirreni – In questo momento in cui l’arte coreutica viene cacciata dai teatri, ignorata e relegata all’oblio dalla miopia dei nostri governanti, noi andiamo controcorrente cercando di catturare il pubblico, di avvicinare soprattutto i giovani a questa forma di spettacolo che è falsamente èlitaria». Una vera e propria chiamata a difesa della danza, che vede in prima linea anche il coreografo Luciano Cannito, altro napoletano eccellente che ha conquistato le platee internazionali, e l’ex ètoile del San Carlo, Pina Testa. Con loro anche Stefano Angelini, solista nella Compagnia di Balletto del San Carlo e docente Ials (Istituto Addestramento Lavoratori Spettacolo, Roma). «Gli italiani sono masochisti – lamenta Alessio Buccafusca –. Si fanno del male perché non capiscono che la danza è cultura, che annientare i corpi di ballo nei teatri è un suicidio, che avere una sola Accademia a Roma è follia». E lancia la sfida della creazione del Campania Ballet: «Noi del Sud vogliamo guardare al futuro. Ci negano i palcoscenici? Che importa, abbiamo quelli naturali, anfiteatri greci e romani, chiese, giardini storici, palazzi, scenari incredibili per i quali non c’è bisogno di allestimenti e costumi costosi se ci sono belle idee, coreografi icona come lo è Cannito, ballerini capaci e bravi musicisti».
Una delle firme coinvolte è il genovese Lauro Ferrarini, nel medagliere la scrittura orchestrale di Requiem a Roma, eseguito per la prima volta davanti a Papa Giovanni Paolo II dall’Orchestra di Amburgo, e l’opera per bambini Pinocchio che andrà in scena a dicembre al Regio di Parma, con un nuovo allestimento. Sua è la suite Fotogrammi in musica che fa da sottofondo sonoro alla mostra di Buccafusca al Marte: suoni che si specchiano nelle immagini, le reinterpretano, suggeriscono emozioni, coinvolgono tutti i sensi. E i brividi sulla pelle si susseguono lungo il percorso scandito in un racconto-diario in tre tempi: il corpo, lo spazio-tempo e i personaggi. Sono i capitoli indicati dalla Bignardi che ha selezionato, nel corpus di oltre 150mila diapositive colore, negativi bianco e nero, file digitali, quarantadue immagini, quarantadue sfumature dell’anima di chi la magia della danza la vive dall’interno, «dalla polvere del palcoscenico», di chi è capace di vedere quello che gli altri non vedono. Questione di sensibilità, certo. Ma è un valore aggiunto. «È basilare conoscere la tecnica, la coreografia, assistere alle prove in sala prima di arrivare alla generale del balletto, dove di solito vengono catturati gli scatti più importanti – avverte Alessio che la fotografia l’ha nel sangue e nella testa da quando, a 4 anni, rubò la Contax al padre –. Tutti possono fotografare, specialmente oggi con l’aiuto della tecnologia; non tutti, però, riescono a cogliere quel preciso attimo, il più intenso, il più nitido, il più impeccabile, il migliore. Fotografare la danza è un’eterna responsabilità, devi congelare la bellezza formale del gesto nel momento in cui crea sentimento». Ad aggiungere fascino è la complicità palpabile con i soggetti ritratti, sguardi incrociati, in un cammino condiviso per anni sulle tavole e dietro le quinte, legami indissolubili annodati da stima ed amicizia che restano impressi sulla lastra e si svelano come scritture di luce. «Non è più lo scatto di un tempo fisico – sottolinea la curatrice – ma del tempo della coscienza di chi nel mirino della camera fotografica dà ordine al caos nel quale è immerso per dar vita ad un’immagine che è pensiero: sarà poi la coscienza della memoria di noi spettatori che ci consentirà di incontrare, rivedendolo nella nostra immaginazione, cosa è accaduto prima di quel transito dell’immagine e come sarà o potrebbe essere il suo destino».
Ecco Luciana Savignano sulla spiaggia grande di Positano, sensualissima nel finale del Bolero di Bejart mentre si protende in un abbraccio erotico verso il pubblico. Ecco l’intimità rubata a Luciana Lacarra mentre si trucca nel camerino del San Carlo. Ecco il drammatico volto di Carla-Giselle, gli occhi spalancati sul baratro della follia assassina. Madame Fracci (nella foto), un sodalizio intessuto con Buccafusca fin dagli inizi degli anni Ottanta. «Carla è la danza – commenta Alessio – quella vera, quella di tutti, quella che rompe i confini naturali e va tra la gente. Ha portato la danza fuori dalle scatole dei teatri d’opera e l’ha restituita al popolo». Amarcord davanti alla posa di Nureyev-Apollon, il corpo possente ed armonioso che sembra scolpito nel marmo, «bello, bellissimo, incarna proprio il dio di tutte le arti». C’è rimpianto nella voce del fotografo per l’amico che non c’è più: «Quando i nostri impegni ce lo consentivano, passavamo le vacanze a Phuket in Thailandia, tutta la notte a bere vodka dopo aver trascorso l’intero giorno a nuotare. Rudolf era ribelle, irascibile, scandaloso, aveva un ego smisurato, ma era soprattutto sincero e disinteressato: un uomo speciale».
Le testimonianze di un lungo e condiviso viaggio creativo si susseguono sulle pareti. Ecco lo “zar” Vladimir Vassiliev tutto stile e compostezza, la moglie Ekaterina Maximova, eterea farfalla tra ombre crepuscolari, Svetlana Zakharova e Roberto Bolle in un fermo immagine spettacolare di Bayadère, l’uccello di fuoco Vladimir Derevianko, Anna Razzi, cigno divino, Ambra Vallo romantica Giulietta, Giuseppe Picone, in studio, superba statua di muscoli e nervi. Tra i tanti ritratti ce n’è uno che commuove, non solo perché da quel flash di metà anni Settanta iniziò l’avventura di Buccafusca: è una giovanissima Pina Testa colta nello slancio del volo, dietro l’angolo il destino atroce della brillante carriera stroncata da un brutto incidente; verso il futuro la passione delle punte trasmessa a decine e decine di ragazze, «perché la danza è l’incantesimo della vita».