Lidia Lombardi
La Domenica: itinerari per un giorno di festa

Molise solitario

Sepino Altilia e Pietrabbondante, una città romana che può competere con Pompei e un teatro sannita che ha più fascino di quello di Taormina. Due luoghi con un potenziale turistico eccezionale in un angolo d’Italia ancora autentico ma poco considerato

Il nome è volato nel Bel Paese qualche anno fa grazie al vento delle pale eoliche in via di installazione. Molisani in piazza contro il “demonio” che porta energia pulita a basso costo deturpando però, dicono loro, proprio gli sfondi di mirabili monumenti. Ma dopo l’alzata di scudi, la battaglia, i servizi giornalistici, i ricorsi al Consiglio di Stato su quei campi coltivati e sulle pietre antiche che narrano dei fieri Sanniti e dei pragmatici Romani è calato di nuovo il silenzio. Ministro Franceschini, batta un colpo, faccia una capatina laggiù. Perché troppo pochi parlano, fuori dei confini regionali, di Sepino Altilia e di Pietrabbondante.

Ora, sfido i viaggiatori per moda, i conformisti del tour a dire (senza avviare Google) di che cosa ci stiamo occupando. Beh, ci occupiamo di una città romana che può competere con Pompei. E di un teatro sannita che ha più fascino di quello di Taormina. Non esagero. Perché Sepino Altilia e Pietrabbondante – posti nei quali si è esercitata la sapienza di Adriano La Regina, per decenni sovrintendente archeologico a Roma, poi docente di Etruscologia e Antichità Italiche alla Sapienza e accademico dei Lincei – uniscono all’interesse per l’antico la particolarità del paesaggio. Un Molise solitario, silenzioso, campestre, di frontiera. Aspro e tenero insieme, nel colore della terra, verde, bruno, bianco a seconda della stagione. Un Molise rurale e orgoglioso. Al quale forse la modernità – un’organizzazione sociale, viaria, turistica, imprenditoriale dico – potrebbe portare più visitatori. E che invece resta lo splendido angolo di quell’Italia estranea al ciabattare dei turisti con in bocca il panino e sugli occhi il telefonino per scattare foto, attività frenetica che sostituisce la voglia di vedere capendo.

Sepino 1Dunque, Sepino. Se ci andate tra un mese, potrebbe capitarvi di vederla incorniciata dalla mole bianca di neve del Matese. Che non manca comunque d’inverno. Una piccola grande urbs nata nel II secolo avanti Cristo e cresciuta in età imperiale. Si trova proprio all’incrocio delle vie della transumanza (il nome deriva da saepio, recinto) e fu costruita, quando l’insediamento sannitico divenne colonia romana, secondo la classica tecnica degli urbanisti quiriti. Cardo, decumano, basilica, foro, templi, la cinta muraria voluta da Augusto, porte d’accesso serrate tra torrioni, teatro, sistema idraulico. Il marmo bianco, l’eleganza delle colonne si mischiano coi mattoni delle case contadine e con i cespuglietti di erbe aromatiche. E la pianura sembra infinita, perché nessuno ci passa. Anche sulla fettuccia d’asfalto le automobili sembrano centellinate da sapiente regia.

A Pietrabbondante il senso di separatezza è ancora più grande. I resti del tempio e del teatro, del III-II secolo avanti Cristo, fatti di blocchi massicci, spuntano su un’altura di oltre novecento metri che i sanniti avevano terrazzato. Dominano una vallata dove lo sguardo si perde. Immagini, come a Micene, di poter scorgere da lontano l’arrivo di viandanti, di pellegrini. O anche di nemici. M’illumino d’immenso, viene in mente il sospiro di Ungaretti. E uno spaesamento, da sindrome di Stendhal, coglie chi non si aspetta la veduta. Ecco la cavea e il proscenio, che doveva essere simile a quello di Epidauro. Ecco i blocchi del santuario, orientato sul corso del sole, per poterne seguire dal suo fronte la nascita ogni giorno dell’anno.

Teatro MoliseL’acustica di quello che Amedeo Maiuri definì «il più felice connubio tra struttura italica e archeologia greca», è perfetta. Una scena speciale che d’estate ospita una breve stagione teatrale, con i pochi fondi concessi dal Comune e da una coraggiosa Associazione culturale che prende il nome dal teatro sannita e che nella settimana dello scorso Ferragosto ha proposto il Saul di Vittorio Alfieri, le Coefore di Eschilo e Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta. Soltanto sette giorni di rappresentazioni, un’inezia rispetto alle stagioni estive di Taormina, Caracalla, Verona. Un potenziale di attrazione culturale che resta in sonno. Dice Giuseppe Argirò, il regista che nel 2010 portò a Pietrabbondante due spettacoli, Cassandra e il re e Le due sorelle: «Nel teatro sannita lo spazio scenico è così ristretto che a mala pena si riescono a installare pochi riflettori. Così chi recita è senza rete, faccia a faccia con il pubblico. Esperienza totalizzante per la suggestione del posto e perché il teatro si fa senza orpelli, come è nato e come dovrebbe essere». Il Molise anche così è senza sovrastrutture. Autentico.

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