“Queste assolate tenebre” di Sandro Lombardi
La lezione di Luzi
Si rifà a un verso del poeta fiorentino il libro autobiografico dell’attore e scrittore, anche lui toscano. E al loro colloquio ininterrotto sull’“essere” e sulle “cose”. E infine, sulla “resurrezione”
La realtà che l’attore e scrittore Sandro Lombardi descrive nel suo pregnante libro autobiografico che prende titolo da un verso di Mario Luzi Queste assolate tenebre (Lindau, 114 pagine, 14 euro), sfugge di continuo, ma nei momenti in cui si lascia cogliere rivela un’amarezza a stento attenuata da una malinconica ironia. «La vita riprende il sopravvento, fino a quando?». Gli scintillanti frammenti di vita sparsi qua e là danno alla scansione del racconto la continuità di una narrazione spietatamente serena, lieve, nella quale la disperazione sembra perdersi nell’eco di una risata senza fine. È un colloquio quello che inizia con il poeta Mario Luzi, fin dagli anni inquieti dell’adolescenza. A Poppi, nel Casentino, teatro di magie e credenze religiose, di leggende mescolate alla realtà storica. Lì, Dante affrontò la sua prima battaglia a Campaldino e il castello che campeggia da secoli affascinante e intatto sembra ricordarlo. Non un oggetto casuale di un altro tempo e di una vita sconosciuta, che non è nostra, ma una costruzione nella quale senza strepito perdura un frammento di eterno.
La prima poesia di Mario Luzi che lo scrittore legge quando frequenta la terza media è ispirata al fiume, per Sandro l’Arno, che taglia come una lama d’argento la vallata: «È più chiara che mai, la sofferenza/ penetra nella sofferenza altrui/ oppure è vana/ – solo vorrei non come fiume freddo, come fuoco che comunica». Per quanto giovanissimo, egli comprende che la poesia può diventare uno strumento potente di decifrazione della realtà circostante, esterna, ma anche sentiero per inoltrarsi nelle assurde contraddizioni del proprio essere. I vincoli e i confini che si incontrano a ogni passo della crescita interiore vanno sciolti. Non è forse vero che la certezza che tutto deve finire fa sprigionare a momenti un’irresistibile gioia di vivere? Esiste dunque una via di salvezza. Dove di preciso non si sa, ma che importa? È certo che ognuno deve trovarla da solo.
Senza essere un vero diario perché troppa è la ritrosia a confessarsi, queste corte memorie di Sandro Lombardi sono un documento avvincente, nel quale memoria ed erudizione, ironia e sentimento si alternano in un gradevole equilibrio. Quello che salta subito agli occhi è il senso della vita, la capacità di penetrarla anche nel suo opposto, la morte spesso citata. Così neppure la solitudine, stimolo essenziale alla stesura di un diario o di un dialogo intimo, si manifesta, prevale invece un’attenzione dolorosa verso le cose dell’esistenza. La figura del poeta è sempre presente anche da anziano: «ti confidai – scrive Sandro Lombardi – di sentirmi più attratto da forme di teatralità sfumate, interiori, meno risolte in strutture canonicamente drammatiche…». «I gondolieri veneziani – risponde con tono leggero Mario Luzi – vagano con un remo solo, ma si può vogare anche con due remi…». Tutto il contrario della senilità, come la capacità di essere dentro le cose, «d’essere le cose. Il poeta aveva intitolato una poesia non “La rondine”, ma “Essere rondine”. Ciò significa entrare dentro ciò che percepiscono le realtà che non sono umane: gli animali, le sostanze vegetali o minerali, gli eventi atmosferici». In una parola. ascoltare il mormorio impercettibile del silenzio. Eppure c’è qualcosa che sfugge a una risposta poetica, che non ha inizio né fine, che resta comunque un interrogativo. Simile a una ragnatela si risolve in una serie di rimandi che investono il rapporto fra le cose e le parole, che sfuggono agli sguardi altrui.
La malattia è un’altra grande protagonista di questa teologia atea, che ridimensiona quel poco di demoniaco che c’è sempre in un mondo abbandonato dal divino. Una volta «uscito dalla cappa nera della depressione, la vita – scrive Sandro Lombardi – mi parve un meraviglioso caleidoscopio di colori cangianti e seduttivi». Un grande poeta come Mario Luzi non poteva che dirgli: “risorgi”, non guarisci, forse perché uscire dalla depressione è come nascere una seconda volta, con sguardo più saggio.