Every beat of my heart, la poesia
La fine del ritorno
Si compie il destino, Itaca è raggiunta. Adesso Ulisse, l’uomo di multiforme ingegno e la sposa fedele possono raccontarsi le sofferenze patite per l’assenza, nella lontananza. La resistenza è stata premiata: non cedere al nulla è l'essenza dell'Odissea
Il ritorno ha fine. Le avventure, le visioni, le sventure, i naufragi e gli incanti. Questo è il segreto ultimo, e il senso primo dell’Odissea: non cedere al nulla, credere al ritorno. Ora Ulisse è ritornato e rievoca alla moglie Penelope i momenti essenziali della sua avventura. È uno dei momenti culminanti del poema, poiché la narrazione coincide con il suo riconoscimento: sono passati anni, tanti anni, ma l’uomo conosce il segreto dell’albero da cui costruì il letto nuziale. Un albero è la prova della sua identità, di cui Penelope doveva diffidare, per fedeltà: troppe le insidie alla sua bellezza e al suo piccolo ma nobile regno. La velocità del racconto è un capolavoro nel capolavoro, se in poche righe l’uomo riassume il libro che ci ha incantati per ore. Prodigio che dovrebbe essere di modello di regia cinematografica: tutto quello che è accaduto nel corso del tempo, i mostri, le sventure, i naufragi, le avventure, le visioni, gli incanti è rivissuto in pochi minuti, accanto al letto nuziale, luogo del ricongiungimento. Questo è l’esito dell’Odissea di Omero, di cui l’Ulisse dantesco è invece, credo, nelle intenzioni del supremo Alighieri, una figura degenerata, incapace di accettare la quiete e il ritorno. Ritorno che è il senso profondo di ogni partenza, di ogni avventura: non perdita, ma trasformazione, non fuga, ma esperienza dell’universo.
Allora si recarono felici sul luogo del letto antico.
E Telemaco e il bovaro Filezio e il porcaro Eumeo
smisero di danzare e dissero alla donna di smettere.
I due si coricarono nella grande stanza ombrosa.
Dopo che ebbero goduto del loro amore
i due sposi si misero a parlare, dolcemente, a lungo.
Lei, divina tra le donne, gli raccontava
le sofferenze nella casa che era invasa
dalla turba odiosa dei Proci, che sgozzavano bestie,
buoi e montoni, e attingevano alle anfore molto vino.
E Odisseo contava le pene che aveva recato ad altri
e quelle che egli aveva sofferto nel suo viaggio.
Narrava ogni cosa, e lei ascoltava con piacere,
e non le cadeva sulle palpebre il sonno mentre lui parlava.
Iniziò raccontando come aveva abbattuto i Ciconi,
e come poi giunse alla terra dei Mangiatori di Loto,
e gli orrori del Ciclope e come fu punito
per lo scempio dei valorosi compagni che aveva divorato.
E come giunse da Eolo e fu accolto e congedato,
anche se il destino non concedeva ancora il ritorno:
di nuovo fu trascinato via dalla tempesta
che lo portava tra le alte grida di lamento sul mare pescoso.
E poi Telepilo, città dei Lestrigoni,
che distrussero le navi e uccisero tutti i compagni.
Solo lui, Odisseo, fuggì con la nave.
E poi le narrò dell’inganno di Circe e della sua astuzia,
e come scese con la nave nel regno muschioso di Ade
per consultare l’anima del tebano Tiresia,
e là vide tutti i compagni di guerra,
e l’ombra della madre che lo aveva allattato da piccolo.
E le raccontò delle voci delle Sirene che aveva udito
e delle rupi di Plancte e la tremenda Cariddi,
e le narrò di Scilla da cui non si fuggiva senza danni.
E come i compagni uccisero i buoi del Sole,
e Zeus piombando dall’alto colpì la nave con la folgore,
e i compagni valorosi morirono.
E solo lui, Odisseo, sfuggì alle cupe dee della morte.
E le narrò dell’isola di Ogigia,
della ninfa Calipso che lo tratteneva in grotte profonde
nutrendolo, volendolo come marito,
e pronta a farlo immortale e immune per sempre da vecchiaia,
e come non riuscì mai a persuaderlo.
E le narrò di come arrivò soffrendo
all’isola dei Feaci che lo adorarono
con tutto il cuore e lo accompagnarono con la nave in patria,
dandogli in abbondanza bronzo, oro e vesti.
Questo fu l’ultimo racconto di quella notte,
quando lo vinse infine il dolce sonno,
il sonno che scioglie le membra e dissolve le pene del cuore.
Omero
(Dall’Odissea, traduzione di Roberto Mussapi, da The conversation of voices, Algra editore)