Candidati democratici, il dibattito di Las Vegas
La differenza è donna
Ha avuto buon gioco ieri Hillary Clinton a puntare sull'aspetto femminile del suo programma politico rispetto ai suoi avversari di partito. Ma anche su questioni più scottanti non ha perso terreno rispetto a Webb, Sanders, O’ Malley e Chafee. Quasi mai...
Alla fine delle due ore e mezzo del dibattito tra i candidati democratici di martedì sera non ci si sente stanchi, né particolarmente confusi. Prima di tutto perché la kermesse condotta su Cnn da un professionista, in quest’occasione particolarmente aggressivo e pungente, come Anderson Cooper è stata varia e non ha annoiato sia per il formato che per come sono stati trattati i temi. Infatti oltre alle domande del giornalista di Cnn ci sono state anche quelle della chief political correspondent del canale, Dana Bash, giornalista capace e particolarmente acuta e quelle del bilingue (inglese e spagnolo) Juan Carlo Lopez riferite soprattutto a problemi di emigrazione che nello Stato del Nevada sono particolarmente pertinenti e molto urgenti. Infine quelle venute da Facebook e Instagram e scelte da un altro pezzo forte di Cnn, Don Lemon, hanno determinato anche la partecipazione diretta di un pubblico giovane aggiungendo un pizzico di vivacità alla discussione.
Il primo dibattito democratico avvenuto a Las Vegas ha visto contrapporsi cinque candidati: Jim Webb ex senatore della Virginia, Bernie Sanders Senatore del Vermont, Hillary Clinton ex senatore dello Stato di New York, ex Segretario di Stato, Martin O’ Malley ex governatore del Maryland e Lincoln Chafee ex governatore di Rhode Island. C’è stato un dibattito molto animato fatto di botte e risposte che soprattutto hanno visto protagonisti Bernie Sanders e Hillary Clinton e da cui l’ex segretario di Stato è uscita vincente. Il senatore del Vermont che si definisce un socialista democratico è appassionato, determinato a combattere “i lupi” di Wall Street, a far pagare le tasse ai ricchi per una più equa redistribuzione della ricchezza e combattere i drammatici cambiamenti climatici. Tuttavia nel duello con Hillary si è dimostrato troppo veemente, a volte ingenuo e altre volte è stato preso in castagna specie quando l’ex Segretario di Stato lo ha messo al muro affermando che Sanders ha votato contro una legislazione più restrittiva per il controllo delle armi. E per lui che si dichiara grande oppositore della Nra (National Rifle Association) è stato un duro colpo, mal giustificato con il fatto che essendo stato votato in un collegio “rurale” è quasi impossibile far passare una legge contro il secondo emendamento della Costituzione, cioè quello che garantisce ai cittadini americani il diritto di possedere armi da fuoco senza restrizioni.
E non basta che il senatore affermi di volere controlli più serrati specie per coloro che soffrono di malattie mentali. Clinton e forse ancora più di lei Martin O’ Malley, il quale ha reso omaggio a Obama nella sua costante lotta di far passare una legge sul controllo delle armi, hanno detto che bisogna continuare una battaglia per definire una legislazione contro la vendita indiscriminata delle armi da fuoco. Clinton ha ricordato in particolare che muoiono 90 persone al giorno negli Stati Uniti a causa dei conflitti a fuoco.
Gli altri due candidati Jim Webb e Lincoln Chafee si sono prodotti in una performance non particolarmente brillante e quest’ultimo è addirittura stato messo in difficoltà da una domanda di Anderson Cooper che gli ha ricordato quando in passato è stato un repubblicano e ha votato leggi in diretto contrasto con certi obiettivi democratici. Alla risposta che ciò fu dovuto alla sua inesperienza, a una dolorosa situazione familiare e che il suo cambiamento di parte è più dovuto al fatto che il partito repubblicano e divenuto qualcosa di diverso da quello che era in passato, il giornalista ha replicato chiedendo quanto fosse sicuro di quello che stava votando con una chiara allusione alla solidità della sua preparazione politica e del suo cambiamento di bandiera. Anche Webb che in passato era un repubblicano si è trovato in difficoltà a motivare le sue ragioni per sostenere il diritto a tenere armi da fuoco.
Clinton si è dimostrata invece all’altezza della situazione. È stata calma padrona di sé e della sua piattaforma politica quando ha spiegato che i perni della sua politica sono rappresentati da una lotta senza quartiere contro il mondo finanziario di Wall Street, contro la lobby delle armi, contro razzismo in favore una più equa redistribuzione della ricchezza. Ma ha inoltre affermato il diritto alla maternità sul posto di lavoro, un innalzamento del salario minimo e una politica delle tasse universitarie più equa in modo da garantire un’istruzione più allargata specie alle minoranze etniche. Solo in un momento Sanders è riuscito a catturare l’attenzione quando in uno scambio con Clinton che parlava di leggi più severe a proposito di Wall Street ha detto che non è il Congresso a determinare quello che si fa a Wall Street, ma proprio il contrario. Al che Clinton ha ribadito che se tuttavia non si stabiliscono leggi più severe al proposito non sia andrà da nessuna parte. Mai.
Come si sa l’altro grosso nodo da sciogliere è quello della politica estera e dei rapporti con la Russia e con il Medioriente che sembrano in questo momento obiettivi prioritari. Così a una risposta di Sanders che si schiera senza restrizioni contro la guerra, Clinton ha articolato una situazione variegata in cui la diplomazia deve sempre avere la precedenza sull’opzione militare che potrebbe sì risolvere obiettivi di corto raggio, ma non renderebbe ragione delle articolazioni complesse e delicate della scacchiera mediorientale. Su un fatto invece i due contendenti principali si sono trovati d’accordo: quando Sanders ha affermato – cosa per la quale la Clinton lo ha successivamente ringraziato – che bisogna smetterla di occuparsi delle mail di Hillary in riferimento alla sicurezza nazionale, perché il paese ha altri problemi di cui occuparsi. Anche O’Malley si è aggiunto alla richiesta del senatore del Vermont.
Sui temi dell’emigrazione le posizioni sono state con differenze di approccio tutte concordi sul fatto che è necessaria una riforma onnicomprensiva che tenga conto anche della situazione degli immigranti illegali sia sotto il profilo dell’assistenza sanitaria che di quello dell’istruzione ai loro figli nati nel paese. Alla domanda poi di quali siano i pericoli più rilevanti per il paese, i contendenti hanno dato risposte diverse, ma significative delle loro piattaforme politiche. Chafee ha risposto il Medioriente, O’ Malley l’Iran, Webb la Cina, Sanders i cambiamenti climatici e Clinton l’espandersi delle armi nucleari. Il che ha portato Cooper anche a chiedere di motivare le differenze tra i candidati e la presidenza Obama. Se Webb ha parlato di differenze nell’uso dell’autorità dell’esecutivo, Chafee ha parlato della fine di tutte le guerre e di un diverso approccio alla situazione mediorientale, O’Malley ha invece evidenziato regolamentazioni più strette contro gli abusi di Wall Street e Clinton ha parlato di una questione di genere: sarebbe la prima presidente donna della storia degli Stati Uniti. E ha anche detto di non volere essere associata al nome del marito in quanto ha un suo pedigree politico autonomo. Ma ha inoltre parlato della sua politica contro le assicurazioni sanitarie e le case farmaceutiche, a favore della diminuzione delle tasse universitarie. Sanders invece ha parlato di rivoluzione a proposito della gente che scende in piazza e chiede al proprio governo di lavorare per loro e non per uno sparuto gruppo di milionari.
Dalla citazione di Franklin Delano Roosevelt «Vi chiedo di giudicarmi dai miei nemici», Cooper ha chiesto di quali nemici i candidati fossero più fieri. Mentre Chafeee ha parlato della lobby del carbone, O’Malley ha risposto la Nra, Clinton ha aggiunto alla lobby delle armi anche le assicurazioni sanitarie, le compagnie farmaceutiche, gli iraniani e, sorridendo, ha detto «probabilmente anche i repubblicani», Sanders ha risposto Wall Street e le compagnie farmaceutiche e Webb un po’ egocentricamente «il soldato che mi ha tirato addosso una granata ferendomi, ma forse non è più vivo per raccontarlo». Interessante rilevare che nell’appello finale alcuni dei candidati non hanno neanche chiesto di votare per loro ma hanno chiesto di scegliere il migliore. E O’Malley e Clinton hanno addirittura sottolineato che a differenza del dibattito repubblicano in questo non ci sono state affermazioni razziste, misogine o contro fedi religiose. Effettivamente il livello è stato decisamente diverso anche da parte dei giornalisti che non hanno cercato la rissa anche se le domande sono state stringenti, provocatorie, ma sempre pertinenti.
Una menzione particolare merita la giornalista Dana Bash che con grande professionalità va sempre al cuore delle situazioni e dei problemi come quando ha chiesto a Clinton se è vero, come dice Carly Fiorina, la candidata repubblicana, che dando maternity leave, il congedo di maternità, si mettono in difficoltà le piccole aziende. Fornendo così all’ex segretario di Stato la possibilità di rispondere a un tema tutto femminile.