Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Singer e i Maigrettoni

Da un Singer raro alla nuova raccolta di Maigret di Simenon. Passando per la biografia del Re Sole di Louis de Saint-Simon alla Faenza di Gene Gnocchi

L’errore.  Poche pagine, magistrali. Israel Joshua Singer (1893-1944), molto noto per La famiglia Karnowski, ma anche di altri gioielli letterari oltre a articoli giornalistici e racconti, racconta la triste storia di Sender Prager, proprietario di un ristorante alla moda di Varsavia. Convinto assertore del celibato, fonte di svariatissime avventure amorose, viene convinto dal rabbino a prendere moglie. Nel libricino pubblicato dalla Adelphi (Sender Prager, 74 pagine, 8 euro), il florido Sender “assaggia” a una a una tutte le sue collaboratrici. E non solo loro.

sender prager singerNelle cucine e nelle sale, aleggia una forte convinzione: «Morirà scapolo. È furbo, non si lascerà abbindolare». Profezia disattesa: si sposa, anche se al rabbino continua a ripetere che “non ci sono donne oneste”. Risposta del religioso: “Tutte le figlie di Israele sono pure”. E ancora “lo scapolo non avrà nemmeno una lapide, come un cane randagio”. Sender alla fine cede. Sposa Edshe, socialmente e culturalmente superiore a lui. Ma il signor Prager la trascura, la lascia sempre sola a casa. Con lei non condivide nulla.: come non la vedesse. A poco a poco, tra un vizio e un rimpianto, Sender scivola verso la rovina psico-fisica. Alla sua morte, la vedova rinasce prendendo, di prepotenza, il “potere” al ristorante.

Louis de Saint-Simon il re soleIl regno. Trecento anni dalla sua morte (1715). Parliamo di Luigi XIV di Francia, detto il Re Sole. La sua figura riassume alcune peculiarità: dell’assolutismo: sfarzo, senso di onnipotenza, feste, battaglie, cortigianeria (in quella gabbia dorata che fu Versailles). Non era certo un genio. Anzi, Louis de Saint-Simon, autore della sua brillante biografia pubblicata da Castelvecchi (192 pagine, 17,50 euro), tende a porre il luce una certa sua mediocrità. Era stato schiacciato psicologicamente dalla madre e dal dominio incontrastato di uno dei ministri più influenti della storia, il cardinale Mazzarino. Con la morte del quale il sovrano avvertì un senso di liberazione, assieme al rammarico di non essersene sbarazzato prima. Abbandonò Saint-Germain, città nella città favorita, dalla vicinanza con la Senna, per Versailles. Che il re, “tiranneggiando la natura” (molte paludi) trasformò in una costruzione architettonicamente affascinante e immensa. Forte dell’esperienza acquisita a stretto contatto con i vari ministri, volle governare da solo, sia pure con l’astuzia di circondarsi di funzionari valentissimi. Nel privato (si fa per dire) fu uno sciupafemmine. La donna primeggiante fu la marchesa di Montespan, che i re rapì al legittimo marito (finirà in prigione) creando così uno scandalo internazionale. Il Re Sole perse la testa: lei fu la sua Mazzarino femmina, perlomeno sul piano sessuale. Anche se Saint-Simon garbatamente sorvola.

i maigret 10La saga. Raccolta numero 10, a cura dell’Adelphi (793 pagine, 16,90 euro). Ci riferiamo ai romanzi polizieschi di Georges Simenon quelli con il commissario Maigret al centro delle vicende, tutte contrassegnate dalla famosa “atmosphère”.  C’è ancora tempo per l’inevitabile fine (triste per gli appassionati) della collana: i “maigrettoni”, così come li chiamano in casa editrice sono 15.  Nella raccolta di cui stiamo parlando, compaiono: Maigret e il ministro (romanzo che svela, con allusioni, certi intrighi politici); Maigret e il corpo senza testa (un rebus classico e intrigante); La trappola di Maigret (alta dose di rischio, ma alla fine “il capo” la spunta, con una girandola di astuzie ma anche apprensioni); Maigret prende un granchio (si inizia con la presenza nell’ufficio di monsieur le commissaire di una figura un po’ inquietante: «Con la sua corona di capelli bianchi quasi inconsistente sul cranio calvo, lo si sarebbe preso per un fantasma»); Maigret si diverte (allo sbirro più famoso di Parigi è sempre piaciuto stare alla finestra, a curiosare. Un giorno lo fa dall’appartamento di boulevard Richard-Lenoir, eppure non è domenica. Davanti a lui un via vai di camion dinanzi a un ampio locale. Maigret ha la vecchia abitudine di «scoprire che cosa succedeva quando lui non c’era»).

gene gnocchi Cosa fare a Faenza quando sei mortoStralunato. Gene Gnocchi è un comico che si muove tra il grottesco e l’irreale. Arguto, colto, informatissimo, ricorda per certi versi Ermanno Cavazzoni, autore de Il poema dei lunatici. Non a caso sono entrambi emiliani. Gnocchi (1955) è convinto che Faenza, sua città natale, sia il “buen retiro” per chi si vuol tener lontano dalle orge mediatiche e chiassose, dai discorsi idioti, dal cicaleccio degli opinionisti. In Cosa fare a Faenza quando sei morto (Bompiani, 174 pag., 14 euro) sciorina pagine che sono un intreccio funambolico di ilarità, mai intimamente condivisa ovviamente,  di cupezza e di resoconti surreali sul mondo luccicante e scemo dei media e dei politici. Vuole farla finita. Buttandosi da un decimo piano? No, ha il mente l’acquedotto di Cervia. L’acqua gli fa meno paura. Un capoverso riassume bene quel che sta dietro il gesto definitivo: «Ero un deficiente. Come se dal mondo potesse venire un senso che fosse altro dal transitare e dall’andarsene senza traccia. Non c’era verso, era tutto uno stare e andare, la mossa del cavallo in perpetuo, tornare indietro, di lato, un po’ avanti».

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