La prima Repubblica in mostra a Montecitorio
Quando in tv c’era Tribuna politica
150 foto dell'Archivio delle Teche Rai esposte a Roma alla Camera dei deputati. Da Mario Scelba a Togliatti, da Moro a Nenni, pubblichiamo la testimonianza di un illustre “addetto ai lavori”
Si è aperta alla Camera dei deputati la mostra fotografica “Cari elettori, care elettrici. Le immagini della prima Repubblica nelle Tribune della Rai. 1960/1994”. 150 scatti, provenienti dall’Archivio delle Teche Rai, a cura di Edoardo Novelli e Stefano Nespolesi. La mostra si chiude l’8 ottobre ed è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18 (Palazzo Montecitorio, ingresso principale). Per l’occasione e per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo la testimonianza di Leone Piccioni (nella foto di apertura con Nenni) che appare nel catalogo della mostra.
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Mi è stato chiesto di scrivere un’introduzione per la mostra fotografica organizzata da Rai Teche e dalla Camera dei Deputati sulle Tribune elettorali e sulle Tribune politiche. E se è stato chiesto a me è stato certamente per la mia esperienza televisiva e per la mia passione politica. Così mi sento di aprire queste righe con dei ricordi personali.
Nel 1960-‘61 era direttore dei Programmi televisivi Sergio Pugliese, uomo di spettacolo, poco interessato alla politica, probabilmente massone. Quando io, che ero praticamente un suo vice, gli annunciai che almeno una prima serata del palinsesto televisivo sarebbe stata occupata da una trasmissione giornalistica e televisiva (Le Tribune) ebbe un gesto di disappunto e disse: «Mi vogliono rovinare i programmi con la politica». La prima conferenza stampa della Tribuna elettorale fu tenuta mercoledì 11 ottobre del ‘60 sul Programma Nazionale. Fu protagonista una persona di grande spessore politico come Mario Scelba che era ministro degli Interni. Ebbene, dopo la trasmissione Pugliese mi cercò al telefono per dirmi il suo entusiasmo perché l’incontro con Scelba gli era parso attraente come un appuntamento di spettacolo.
Per diverso tempo si fece nel mio ufficio di direttore del Telegiornale l’estrazione per decidere chi sarebbe stato di scena nella settimana tra i candidati dei vari partiti. I partiti indicavano i nomi, io li facevo trascrivere in fogliolini di carta che poi si arrotolavano e si mettevano in un sacchetto di stoffa, tipo quello dei numeri del Lotto. In presenza dei giornalisti (molti o pochi, a seconda) io estraevo il fogliettino con il nome e lo rendevo noto subito al direttore generale che era Bernabei. Però in certi casi per amicizia o per rispetto telefonavo direttamente al candidato: per esempio a Moro, a Saragat, a Nenni per i quali avevo anche grande ammirazione. Partecipò alle Tribune anche mio padre che era presidente del Consiglio nazionale della Dc e forse all’epoca ministro nel governo Fanfani.
Togliatti chiese di vedermi per conoscere qualche particolare della trasmissione quando venneil suo turno. Io andai alle Botteghe Oscure ma non prevedevo di avere un colloquio così piacevole come quello che ebbi con il leader del comunismo italiano. Dopo pochi cenni sulle Tribune, Togliatti si mise a parlare di letteratura, un argomento che lo interessava molto anche se condizionato dalle sue scelte marxiste: così si dichiarava un lettore di Sue e di uno sconosciuto scrittore comunista che si era trasferito a Mosca, che si chiamava Germanetto e che, se non sbaglio, faceva il barbiere. Ma Togliatti conosceva anche le cose serie. Mi domandò di De Robertis, che era il mio maestro e dimostrò di aver letto alcuni scritti del critico fiorentino. Era passato il turbine di Vittorini. Quando il nostro incontro finì mi pregò di salutare il mio babbo. (Un episodio che non voglio tenere per me: un giorno nei corridoi della Camera, Amendola incontrò mio padre e gli disse: «Sai che un tuo nipote – Giovanni mio figlio – si è iscritto al Partito Comunista?». E il babbo rispose: «Sì lo so, ma l’altro mio nipote Stefano lavora per la Dc». E aggiunse: «Speriamo che siano loro a fare il compromesso storico»).
Nell’ottobre del ’61 Fanfani decise di informare di questo nuovo spazio televisivo permanente i suoi ministri. E prima di farlo volle incontrare i dirigenti della Rai. Bernabei non venne, del resto vedeva Fanfani tutti i giorni, e andammo il vicedirettore generale della Rai Marcello Bernardi e io in un colloquio molto costruttivo. Dalla Rai provenivano anche i moderatori che sedevano accanto ai protagonisti delle Tribune e in qualche modo potevano regolare gli scambi di battute tra giornalisti e politici. Per la Tribuna elettorale il moderatore fu Gianni Granzotto e in seguito Luciano Gambuzzi, Jader Jacobelli e altri. Per la Tribuna politica si alternavano anche Giorgio Vecchietti e Ugo Zatterin.
Le Tribune ebbero molto successo di pubblico: all’inizio quasi 7 milioni di spettatori che andavano via via crescendo fino ad arrivare a 14 milioni. I primi politici a partecipare al programma furono i segretari di Partito: allora Moro per la Dc, Michelini per il Msi, Covelli per i monarchici, Malagodi per i Liberali, Reale per i Repubblicani, Saragat per i socialdemocratici e Nenni per i socialisti. La Tribuna elettorale ebbe successo tra il ‘60 e il ‘68, poi declinò; la Tribuna politica entrò in crisi nel ‘70 perché la sua formula si avvaleva ormai di un linguaggio un po’ difficile per gli ascoltatori.
Ora forse ricordiamo con qualche nostalgia quelle trasmissioni, essendo tanto mutato il numero dei partiti e le condizioni politiche.