Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Il canto di Moby Dick

Nelle liriche di Herman Melville appaiono i suoi temi narrativi e si ravviva il ricordo della gioventù. Perché per il grande narratore di storie supreme, l'unica vita è in mare e la lontananza da quell'elemento è soffocante, pura prigionia, perdita dell’immaginazione

Herman Melville, l’autore di Moby Dick, uno dei libri supremi, e di capolavori come Benito Cereno, Billy Budd, dei romanzi esotici nei Mari del Sud Omoo e Typee, scrisse importanti poesie di mare in cui appaiono i suoi temi, e, direttamente come in ogni composizione lirica, arde il ricordo della gioventù in mare. Il più grande narratore americano di sempre, visse gli anni della giovinezza in mare, a bordo di una baleniera, conobbe le tempeste, i naufragi, l’incontro con tribù di antropofagi sulle isole dei Mari del Sud… Rievoca come in sogno quell’età favolosa e reale.
La poesia che ho scelto rappresenta meravigliosamente il senso dell’avventura: l’uomo, ritiratosi a terra, abitando in campagna, tra uomini che non conoscono il mare e mai ne hanno sognato l’odore, vive come reclusione la vita che i poeti idillici, da sempre, sognano e indicano come ideale. Le piante, i campi, i covoni, non sono, per Melville, per John Marr, il felice mondo agreste di Orazio, e di tutta la tradizione letteraria legata alla terra. Sono prigionia, soffocante lontananza dal mare, dall’immaginazione, dall’avventura. Dal sogno, dall’epica, dal senso ulissico del destino… Questo sente John Marr, e tanti con lui, Stevenson, Sinibad il marinaio, i poeti romantici inglesi del mare, del vento e degli uccelli, Baudelaire con il suo albatro e il suo sogno del mare, e tanti altri ancora, compreso chi vi sta scrivendo e ha tradotto questa e altre poesie di Herman Melville.

 

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John Marr

Se come nelle guardie sul ponte mi apparite
perché, amici, siete muti con me,
il vostro compagno di guardia, tanto tempo fa…

Voi che sul mare tenebroso
alzavate così chiare le vostre voci
bastioni sonori quando cantava la tempesta
issando la vela di fortuna risuonava
sul mare il vostro coro partecipe
La vita è tempesta, tempesta sia!
Ogni cosa per voi era frutto del destino,
la guardavate come bambini, voi che
misuravate sulle vostre palme il mare
mai troppo legati alla vita,
voi che le vostre vite tenevate in mano,
esseri dal volo raso, sfioravate gli elementi,
procellarie sui quattro oceani,
a terra, allodole.

Oh la memoria non è stata leggera, non si è
sbarazzata di voi, non vi ha perduti
come motivi inutili dimenticati,
né il cuore insuperbito ha cercato
l’accordo su altre musiche, ma numerosi
qui accanto, senza mai invecchiare
– la vostra innocenza vi mantiene giovani –
come marea che penetra le insenature, o corrente
voi venite, voi mi visitate, e sembrate
affiorare da un mare di volti
stranieri innumerevoli tracciati dalla memoria
per avvilupparmi in un sogno…

Io soffro come voi, ma le zattere
che, troppo tese, si spaccano, potranno
rinserrarsi ancora? Noi, che eravamo
intrecciati nelle fibre, poi fummo strappati
trascinati sempre a nuovi abbracci
mobili alghe del grande oceano!
Se a uno qui è negato il mutare
posato sulla terra dei flutti che si riversano
che cosa sarà? Non meno,
come ora, nel declino della sera
la vostra compagnia d’ombra è qui, mia,
fluttuate intorno a me, forme, lineamenti
tatuaggi, orecchini, ciocche d’amore,
barbari della natura più semplice dell’uomo,
eterei servitori di questo mondo,
sì, tutti presenti, e tutti miei cari
anche se ombre, adesso, o vivi
corridori dei mari di Cina.
Per dove, verso dove voi marinai mercanti,
su quale rotta nell’urlo dei venti?
E voi, cacciatori di balene, ancora
gareggiate sulle lance per essere
i primi sulla scia del Leviatano?
E dove siete, marinai soldati,
se ora nessun tamburo rintrona a quartiere
sui deserti delle acque di mezzanotte
– quando un nemico affiora dalle spume –
con la vostra lanterna lampeggiante
cercherete inutilmente di scrutare in basso
quando, chinati dalla plancia baluginante
un fratello vedrete inabissarsi nel buio?

Ma voi compagni d’ami, squassati
in vele perforate, se nella lunga veglia
nel fondo mai più il grido Tutti alle vele
potrà spezzare l’incanto che ammalia il vostro sonno
e le trombe che adunano alla battaglia suoneranno invano
e invano imploreranno i cannoni tuonanti,
un battito, un battito del cuore vi chiama tutti,
un battito di cuore nel grumo del cuore
batte e chiama. Ma per fermarvi,
aggrapparsi, fissare sempre,
vedervi alla vela di maestra
sentire, ancora una volta, il vostro coro!

Herman Melville
(Traduzione di Roberto Mussapi. In Poesie di guerra e di mare, Oscar Mondadori, e ora in The conversation of voices, Algra editore)

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