Nicola Bottiglieri
Il dramma e la televisione

Emigrare dalla tv

Ciò che abbiamo sempre ignorato – il radicalismo islamico e il mutamento avvenuto nelle società africane – sta sconvolgendo il nostro mondo, creando nuovi sistemi di potere al di fuori della comunicazione

Tutti dicono che ci troviamo di fronte ad una trasformazione epocale dell’Europa grazie all’afflusso impetuoso dei migranti e/o dei profughi dal sud al nord del mondo. Pochi dicono che il fenomeno ci ha colto impreparati, scavalcando politici, intellettuali, giornalisti. Quasi nessuno riflette sul fatto che questo grande fenomeno noi lo stiamo conoscendo grazie ai media, sopratutto la televisione, che con i suoi servizi, reportage, dibattiti e inchieste ci fa conoscere gli eroismi e le infamie che si consumano sulla terra e sul mare. In verità pochi si erano accorti che prima dell’esplosione c’erano stati terremoti, convulsioni del terreno, avvisaglie, inquietudini, ai quali nessuno aveva dato peso.

Eppure, un fenomeno simile era già avvenuto nel continente americano dove, negli ultimi cinquant’anni, milioni di latinoamericani si sono riversati negli Stati Uniti, nessuno aveva fatto caso che in Europa, all’indomani della caduta del muro di Berlino, dall’Albania erano arrivati in Italia decine di migliaia di albanesi, né che da Polonia, Romania e paesi confinanti si erano mossi verso la vecchia Europa intere popolazioni allo sbando. Il caso della Polonia era stato edificante: l’elezione del papa Giovanni Paolo II al soglio di Pietro nell’ottobre del 1978 aveva aperto la strada della simpatia ai polacchi che incontravamo per strada. Le persone davano mance generose ai lavatori di vetri polacchi, perché la simpatia di quel papa vigoroso faceva da collante fra le nostre monetine e le spazzole dei lavavetri polacchi.

migranti africa3Noi italiani sapevamo che in Francia vi era una emigrazione proveniente dal Senegal, dall’Algeria e dai paesi dove si parla francese, come in Inghilterra vi erano migranti del Commonwealth e dalle aree anglofone, mentre la Spagna con l’Iberia apriva le porte all’America latina e la Germania ai turchi, che non parlano tedesco, ma da sempre affluiscono nel paese locomotiva dell’economia europea.

Le ragioni di questa miope indifferenza italiana sono varie: essendo stati noi emigranti, non sembrava possibile che divenissimo terra di sbarchi, non esistendo nessun paese africano dove si parlasse italiano come prima lingua, ci sembrava impossibile poter attrarre popolazioni dalla Somalia, Eritrea, Etiopia e Libia, anche perché l’esperienza storica del colonialismo da noi è stata presto dimenticata.

Poi, all’improvviso, il vulcano è esploso. La caduta di Gheddafi ha rotto quella diga fatta di campi di concentramento, prigioni, torture e oblio che fermava i profughi dell’Africa sub sahariano sulle coste del Mediterraneo, come l’irruzione dello Stato Islamico ha creato un vero e proprio esodo di massa nel medio oriente.

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E tuttavia ci troviamo ancora impreparati. A cosa? Al fatto di non aver capito ancora che questo mostro ha due teste, proprio come il cane Otro, fratello di Cerbero, che aveva due teste, e accoppiatosi con la madre ebbe due figli uno chiamato Sfinge e l’altra il Leone di Nemea. Questo cane mostruoso improvvisamente ha rotto i guinzagli e si è messo a scorazzare fra Europa, Africa e medio oriente e sembra che non voglia più rintanarsi nella sua spelonca millenaria. Anzi ha cambiato anche colore al pelo, perché ora ha una testa bianca e una nera, ed è divenuto padre e fratello di una Sfinge sempre più enigmatica, e ha cominciato a mordere con ferocia, trasmettendo la sua rabbia a quelli che ferisce. La ferocia di questo mostro si vede non solo quando incute paura a mezza Europa con il suo latrato, ma quando fa dimenticare gli ottocento morti ancora intrappolati in uno scafo al largo della Libia (dei quali solo 60 recuperati) due mesi fa, e le migliaia di cadaveri di africani che giacciono sul fondo del mare e per i quali si mosse subito papa Francesco.

migranti africa5Questa distinzione fra una migrazione di colore bianco proveniente dal medio oriente ed una nera proveniente dall’Africa subsahariana è evidente nel linguaggio televisivo delle nostre reti pubbliche e private. Ora se è vero che la maggior parte di noi sta vedendo questo fenomeno seduto sulla poltrona del salotto, è pur vero che questo racconto spesso procede attraverso uno schema duale. Il quale, da un lato rispecchia la realtà, dall’altro finisce per orientare le simpatie/antipatie di chi guarda la Tv. Da un lato i bianchi dall’altra i neri, il mare contro la terra, i barconi sgangherati contro i treni moderni ed efficienti, i capotreni ed i poliziotti da un lato gli scafisti dall’altro, le mani dei naufraghi aggrappati ai relitti, i bastoni dei marciatori dall’altro, la nudità dei caduti in mare, contro le giacche a vento dei marciatori, le centinaia di bare allineate nei capannoni di Lampedusa, contro le folli festanti che attendono i profughi dalla guerra, ecc. A chi vanno le nostre simpatie?

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Ad assistere a una trasmissione televisiva sul tema dei migranti a volte sembra di essere nel magazzino della follia, dove tutti si scontrano con tutti. Tanta follia dipende dal fatto che il fenomeno è esploso all’improvviso sia per l’intervento americano in Iraq che ha sconvolto gli equilibri del medio oriente, (creando un vuoto che prima Arabia e poi Iran cercano di colmare) sia perché nel continente africano è avvenuta una trasformazione culturale profonda. Oggi gli africani, a differenza di pochi decenni orsono, non sono più disposti a morire di fame nelle loro terre, ma cercano di migliorare la loro vita proprio in quei paesi sedi delle multinazionali che hanno devastata la loro esistenza. Una nemesi della storia maturata nel silenzio e nella desertificazione dei loro territori. Gli africani (come lo avevano già fatto i latinoamericani) si muovono verso nord alla ricerca di una vita migliore, cercando quei paesi da sempre visti come modelli politici e culturali. Oramai, non è solo la lingua comune che attrae un paese del sud verso un paese del nord, ma quella comunanza culturale figlia della globalizzazione, oltre che le catene familiari sviluppatesi nel corso degli anni. E come i nostri contadini emigranti che volevano andare in America, prendevano il primo piroscafo sia che andasse in Argentina o negli Stati Uniti, così essi vanno dove capita, qualunque paese apra loro le braccia. Insomma l’Africa si è messa in viaggio ed essa, come ebbi a scrivere nel mio romanzo Afrore uscito nel 2007, ingoierà l’Europa come il pitone la sua preda.

migranti africa2Eppure il magazzino della follia non si trova solo negli studi televisivi ma è un fenomeno diffuso un po’ dappertutto: lo avverto quando illustri esperti di comunicazione asseriscono che nella nostra società «comunicazione e potere coincidono». E rincarano la dose affermando che «ciò che non è on line praticamente non esiste». Proprio questa esplosione del fenomeno migratorio dice il contrario: quello che noi abbiamo da sempre ignorato – tanto il radicalismo islamico quanto il mutamento avvenuto nelle società africane – sta sconvolgendo il nostro mondo, creando nuovi sistemi di potere al di fuori della comunicazione.

Io comincio a interrogarmi sul micidiale clamore del silenzio, sulla forza dei deboli, su quella umanità che non conosco. E se è vero che la televisione fa conoscere i fenomeni (ed il più delle volte li mette in scena secondo codici stabiliti) essa non riesce a risolverli, perché quando i vulcani scoppiano distruggono anche le stazioni di monitoraggio installate sulla bocca del mostro che dorme.

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